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Si torna a parlare di Rai, digitale terrestre e privatizzazione nel corso del Prix Italia di Venezia. Il Ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni, ha subito posto l’accento sull’importanza di continuare la via che porterà allo switch-off del segnale analogico nella trasmissione radioTv del servizio pubblico.
“Del canone Rai si discuterà a tempo dovuto – ha sottolineato – mentre è diversa la necessità che lo Stato investa per la transizione al digitale che è uno dei suoi obiettivi. Si pone il problema di investire risorse nell’ambito di questo progetto che è un progetto non solo per la Rai ma per il Paese. Non facilitando l’acquisto del decoder, come è stato fatto dal precedente governo, anche perché è un binario morto per una decisione contraria della Ue. Ma non va escluso l’impegno dello Stato in questa direzione nei prossimi anni“.
Per il Ministro delle Comunicazioni, infatti, a prescindere dalla Rai “il passaggio al digitale rappresenta un obiettivo per il Paese nei prossimi 5-6 anni“. Ma non ha specificato le modalità di intervento finanziario.
Gentiloni si sofferma anche sulla necessità che si reperiscano le risorse necessarie, precisando che “…per fare la qualità ci vogliono le risorse e senza dubbio la Rai ha davanti il compito non ordinario degli obblighi del servizio pubblico nella transazione al digitale (…) Questo compito straordinario vuole risorse straordinarie”.
“La qualità, infatti, quella di tutti i giorni, costa ma è un compito ordinario per la Tv pubblica – ha aggiunto – mentre per i compiti straordinari la Rai farebbe un errore a sottrarsi. Così lo Stato a sua volta non deve e non può sottrarsi a questi compiti”.
Nell’occasione il Ministro conferma la modifica dei calcoli sulle soglie antitrust e sulle risorse economiche, “palesemente inapplicabili” stando alla Legge Gasparri sul sistema televisivo.
“Non vogliamo distruggere la Legge – ha precisato – ad esempio le norme sulla protezione dei minori vanno bene anche se devono essere monitorate”.
Nel suo intervento, il direttore generale della Rai, Claudio Cappon, ha parlato del futuro della Rai, la necessità del rinnovamento delle risorse, gli investimenti, l’aumento del canone, la raccolta pubblicitaria, il digitale terrestre, la crisi degli ascolti, le polemiche del giorno.
Sempre più deciso a portare il servizio pubblico verso un’Innovazione che si vedrà nel lungo termine, Cappon parte dal significato del Premio internazionale di Tv, radio e web.
E aggiunge: “C’è una rigidità di palinsesti, una difficoltà a tenere nelle strutture televisive competenze e talenti, una frammentazione del pubblico. Abbiamo grande necessità di investire per innovarci. Dobbiamo innovare l’apparato tecnologico, investire in talenti e competenze per aprirci all’offerta della Tv generalista. Anche il digitale terrestre è un’occasione di rilancio e noi siamo pronti a fare la nostra parte”.
Sul problema delle risorse, Cappon precisa che la Rai ha fatto richiesta di aumentare il canone: “Il canone fermo per il 2005 e 2006 determina una carenza annua di 70 milioni di euro, pari al budget di Raidue, abbiamo la necessità che venga aumentato“.
Mentre il discorso del riassetto della Rai, a partire dalla privatizzazione, resta, secondo il dirigente, più che altro politico. E chiarisce: “Coopereremo se ci saranno dibattiti su questo tema, però l’ipotesi di riassetto è un dibattito della politica”.
Carlo Rognoni, consigliere d’amministrazione Rai, avanza l’idea di un operatore trasmissivo unico, “…in cui tutte le risorse frequenziali Rai, Mediaset, La7, sono concentrate in un’azienda unica e solo così è realistico pensare allo switch-off verso il digitale terrestre”.
“Se ognuno degli operatori si muove con le sue forze – ha aggiunto Rognoni – non arriveremo a nulla. Anche l’ipotesi dello spegnimento dell’analogico nel 2012 diventa irrealistica. L’unica strada concreta è che tutti i broadcaster che hanno le frequenze le mettano in una società unica. Non è solo il mio sogno ma l’unica cosa che si può fare”.
Un ruolo preminente verso questo futuro deve averlo il Governo: “Questo deve fare il Governo – dice ancora il consigliere – non ha senso alcuno invece pensare a togliere una rete alla Rai o a Mediaset. Spero che su questo ci sia il confronto e che i broadcaster ragionino in questa prospettiva“.
Sottolinea Rognoni che “le singole emittenti poi non perdono valore perché le frequenze si trasformano in azioni di questa società che può essere anche quotata in Borsa. E avrà anche capacità trasmissiva da vendere e questo apre il mercato ad altri operatori, che invece adesso non hanno la possibilità di entrare perché la situazione è bloccata“.
Intanto dalla Commissione di Vigilanza Rai, il presidente Mario Landolfi, fa sapere che Gentiloni sarà convocato per illustrare le linee dell’annunciata riforma della Legge Gasparri.
“Il riassetto del sistema Tv – ha detto il presidente – è un tema che non ci vede protagonisti nel merito, ma rispetto al quale ritengo necessaria un’informativa dettagliata alla Commissione”.
Tra gli impegni della Vigilanza ci sarà anche la revisione dell’atto di indirizzo sul pluralismo varato nel 2003 e ulteriormente precisato nel corso della scorsa legislatura.
“Il concetto di pluralismo – ha detto Landolfi – va aggiornato, in base al cambiamento del contesto politico e sociale. Resto convinto, ovviamente, del fatto che chiunque debba trovare rappresentanza nel servizio pubblico, ma il servizio pubblico non può diventare la Tv dei segmenti minoritari della società né una somma delle minoranze”.
Compito di rilievo, per la Commissione, è anche la formulazione del parere sul nuovo contratto di servizio fra la Rai e il Ministero delle Comunicazioni: “E’ importante – ha sottolineato Landolfi – che il parere preveda espressamente formule per la verifica dell’attuazione del contratto stesso, delle quali la commissione potrà avvalersi per monitorare la qualità della programmazione televisiva”.
L’istruttoria del contratto di servizio, secondo Landolfi, potrebbe “rappresentare un’occasione per condurre, anche sotto forma di un’indagine conoscitiva, una riflessione e una ricognizione dello stato dell’arte e dei vari metodi per fare televisione“, magari anche attraverso audizioni relative alle Tv pubbliche degli altri Paesi europei. Il presidente ha rilanciato l’ipotesi che nel contratto di servizio venga inserito un ‘bollino’, “un indice di qualità che contrassegni i prodotti finanziati con il canone da quelli pagati con la pubblicità. Questo aiuterebbe i cittadini e renderebbe più trasparenti i conti dell’azienda“.
Landolfi è entrato anche nel merito della privatizzazione Rai, asserendo che per stare sul mercato, in particolare in termini di infrastrutture, rete e produzione, alla Rai “occorrono partner industriali che apportino asset e mezzi, senza cadere nella tentazione di cedere pezzi di azienda in cambio di soldi. Vendere per fare cassa non serve, anzi è dannoso“.
Landolfi, che ha citato esplicitamente l’esempio della mancata cessione di Rai Way alla Crown Castle: “Non vorrei che si tornasse a parlare della vendita di Rai Way, perché si possono trovare soluzioni diverse – ha sottolineato – senza vendere né svendere parti qualificanti del patrimonio del servizio pubblico”.
“Privatizzare la Rai – ha ribadito – è un ossimoro. L’obiettivo non è quello di cedere quote, ancorché minoritarie, del capitale dell’azienda, come preludio al suo smantellamento. Bisogna invece lavorare per portare nuova linfa vitale, cercando soci d’opera, piuttosto che soci finanziari. Tutto questo si può fare a legislazione invariata”. Tra i possibili partner Landolfi ha citato istituzioni culturali, fondazioni, università.