Golden share, la Corte di Giustizia Ue contro l’Olanda. Illegali i poteri speciali in KPN e TNT

di Alessandra Talarico |

Unione Europea


Charlie McCreevy

La Corte di Giustizia Ue ha giudicato illegale la golden share detenuta dal governo olandese nell’operatore telefonico KPN e in TNT Post Group (TPG), accogliendo le argomentazioni della Commissione che aveva denunciato la violazione, da parte dell’Olanda, dell’articolo 56 del Trattato Ue sulla libera circolazione del capitale all’interno dell’Ue e dell’articolo 43 sulla libertà di stabilimento.

 

Conferendo un controllo sulla politica gestionale delle due società, sostiene la Corte Ue, i poteri speciali detenuti dal governo, pur non essendo esplicitamente discriminatori, scoraggiano gli investitori di altri Stati membri ad investire nelle due società.

La golden share rende quindi illusorio il libero movimento di capitali e costituisce pertanto anche una violazione dell’articolo 43 del Trattato europeo sulla libertà di stabilimento.

 

Soddisfazione per la sentenza è stata espressa dall’esecutivo europeo che ha commentato favorevolmente la decisione di sanzionare una pratica “che non ha posto nel mercato interno”, come ha dichiarato il portavoce del commissario Ue al mercato Interno Charlie McCreevy.

 

“La sentenza della Corte – ha aggiunto – costituisce un importante precedente applicabile a tutti gli Stati membri che hanno casi analoghi ancora aperti”.

Questi ultimi, ha concluso, non dovrebbero sprecare il loro tempo “a difendere l’indifendibile”, ma attenersi alle regole comunitarie.

 

Koninklijke KPN N.V. (KPN) e TNT Post Groep N.V. (TPG) sono il frutto della privatizzazione, nel 1998, della Koninklijke PTT Nederland N.V., società responsabile per la posta, i telegrafi e la telefonia. Nel 1994, nella prima fase di privatizzazione parziale, lo Stato olandese decise mantenere poteri speciali per salvaguardare in particolare la fornitura del servizio universale minimo nel settore delle tlc e della distribuzione e logistica.

La decisione è stata contestata dalla Commissione che nel 2004 ha portato il caso davanti alla Corte di giustizia.

 

Il governo olandese ha infine deciso, lo scorso anno, di rinunciare ai poteri speciali su KPN e pochi giorni fa ha annunciato la cessione della quota residua dell’8% detenuta all’operatore per circa 1,7 miliardi di euro, che andranno a ridurre il debito pubblico.

 

Ricordiamo che a giugno anche l’Italia è stata deferita alla Corte di giustizia per la violazione degli articoli 56 e 43 del Trattato CE.

 

La decisione della Commissione riguarda la legge sulla privatizzazione 30 luglio 1994, n. 474, modificata dalla legge 24 dicembre 2003, n. 350, che sostituisce il regime di previa autorizzazione con il diritto di opposizione, meno restrittivo ma giudicato dalla Corte in violazione delle norme comunitarie.

 

La legge, in sostanza, limita l’uso dei poteri speciali ai casi in cui sarebbero minacciati gli interessi vitali dello Stato. I poteri speciali in questione sono già stati introdotti nelle società privatizzate, come Telecom Italia, ENI ed ENEL.

 

Il trattato consente eccezioni per ragioni di ordine pubblico, sicurezza pubblica, salute pubblica e difesa; pertanto l’obiettivo di proteggere alcune attività economiche può essere accettabile in casi specifici.

 

La Commissione giudica però “eccessivo l’uso dei poteri speciali previsti dalla normativa italiana per raggiungere tali obiettivi” e ritiene altresì che i criteri per l’esercizio di questi poteri sono “vaghi e di portata indeterminata e pertanto danno alle autorità ampi poteri discrezionali nel giudicare i rischi per gli interessi vitali dello Stato”.

 

A dicembre 2005, l’Italia aveva inviato a Bruxelles una risposta al parere motivato, ma le argomentazioni a difesa della legge sono state giudicate dalla Commissione “insoddisfacenti alla luce della pertinente giurisprudenza della Corte di giustizia”.

I poteri speciali previsti dalla legge italiana, secondo la Commissione, limitano indebitamente le libertà di circolazione dei capitali e di stabilimento garantite rispettivamente dagli articoli 56 e 43 del trattato. Da qui la decisione di deferire il caso alla Corte di giustizia.

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