Germania
Canone e nuovi mezzi di comunicazione, un dibattito che si sta allargando a macchia d’olio e che sta coinvolgendo un numero sempre maggiore di Paesi europei.
Ultima arrivata la Germania che, costatando che la radio si può ascoltare anche online, ha deciso di introdurre, a partire dal prossimo gennaio, il pagamento del canone anche per le aziende connesse al web, un progetto che già promette un acceso dibattito negli ambienti economici.
Nel corso delle ultime settimane l’argomento è stata oggetto di un aspro confronto in Francia, anche se alla fine il Primo Ministro Dominique de Villepin sembra essersi convinto a escludere questa possibilità.
In Germania è dal 1999 che si parla di una simile riforma, ma la decisione è stata sempre rinviata.
Adesso l’ultima parola spetta ai Ministri-Presidenti dei Länder, competenti in materia, che il prossimo mese di ottobre dovranno decidere se mettere fine a questa moratoria a partire dal 1° gennaio 2007.
Il ‘canone internet’ non è cumulativo e non riguarderà gli utenti che navigano da casa, visto che la maggior parte possiede già un televisore e paga 17,03 euro al mese.
Le principali vittime di questa riforma saranno le aziende, in tutti i casi quelle che, possiedono radio e televisione, e non hanno pagato fino a oggi il canone.
A prescindere se si usa o meno internet per ascoltare la radio, ogni azienda connessa la web – o che possiede telefoni cellulari o dispositivi che possono captare il segnale radio – dovrà versare 5,52 euro al mese.
La somma corrisponde alla parte del canone che riguarda i servizi radio, visto che al momento non è ancora possibile guardare i canali della Tv pubblica su internet.
Per la Federazione delle camere di commercio e industria tedesche (DIHK), si tratta di una somma modesta, ma la riforma arriva in un momento particolare. Le imprese sono infatti sottoposte a nuovi carichi fiscali, al 1° gennaio è fissato anche l’aumento di 3 punti dell’IVA.
Negli ambienti economici, si mette avanti soprattutto la questione di principio e si denuncia una riforma reputata ingiusta.
Katja Sobania, esperta ICT per DIHK, si chiede se “…le grosse aziende, dotate di centinaia, a volte migliaia, di pc, dovranno pagare la stessa tassa delle PMI o dei liberi professionisti, che alcune volte non ne hanno che uno“.
“Ciò che troviamo inaccettabile – ha aggiunto – è che si tassino gli strumenti di lavoro della aziende, che per il 95% dei casi non usano mai internet per ascoltare la radio”.
“In più non possono rinunciare a questo strumento di lavoro, se non altro perché i poteri pubblici li obbligano a dichiarare le loro entrate e i loro oneri sociali per via telematica!”.
Stranamente, resta in dubbio la reale somma che si ricaverebbe da questa estensione del canone.
La DIHK, stimando in 2,5 milioni il numero delle aziende o siti coinvolti, avanza la cifra di 165 milioni di euro l’anno. I canali pubblici televisivi parlano di 2-3 milioni l’anno, in tutti i casi solo per i primi anni.
Dalla radioTv pubblica, ARD, fanno sapere che “non è possibile rinviare all’infinito questa riforma”.
“Il mondo dei media si evolve a grande velocità. E’ logico che il canone si applichi a tutti i dispositivi in grado di ricevere i nostri programmi“.