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Riflettori puntati su Rai e conflitto di interessi. Sono questi al momento gli argomenti che occupano i pensieri del Ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni, specie dopo le polemiche degli ultimi giorni che hanno visto inasprirsi i rapporti tra Governo e opposizione. In un intervista rilasciata a Radio 24, l’esponente della Margherita è entrato nel merito della discussione, ricordando che il conflitto di interessi “nasce storicamente quando il proprietario delle televisioni commerciali, nel ’94, decise anche di diventare leader di un partito politico. Nacque allora e lo stesso Berlusconi nei primi anni dopo la sua discesa in politica lo riconobbe. Tuttavia – ribadisce – la questione non riguarda una persona, anzi la proposta di legge non riguarda affatto quella persona”.
Il Ministro spiega allora che introdurre il criterio di ‘ineleggibilità’ per regolare il conflitto di interessi “è politicamente inopportuna e impraticabile“, premettendo che “sul piano tecnico la ineleggibilità forse è più chiara e trasparente rispetto al blind trust o altre soluzioni”. Ma “mi sembrerebbe incomprensibile che oggi Silvio Berlusconi non possa essere eletto dopo che è entrato in politica 15 anni fa”.
Gentiloni rassicura, quindi, il centrodestra che temeva la possibilità che nella nuova legge venisse inserita l’ineleggibilità in sostituzione dell’incompatibilità di alcuni soggetti che operano nel campo delle telecomunicazioni a cariche governative.
Le nuove disposizioni sul conflitto di interessi devono inoltre essere separate rigidamente rispetto alla riforma del sistema Tv. Secondo Gentiloni è, infatti, fondamentale “separare rigidamente il conflitto di interessi e la riforma del sistema radioTv (…) Le due cose devono essere ben distinte”.
In ogni caso, riterrebbe sconsigliabile un ddl del Governo: “Credo che sia corretto che la soluzione della questione parta da un’iniziativa parlamentare. E’ giusto così, perché la delicatezza dell’argomento necessita una trattazione ampia da parte delle due Camere piuttosto che del Governo, che potrebbe poi contribuire con suggerimenti ed emendamenti”.
Gentiloni sottolinea che “la legge riguarda, nella configurazione delle incompatibilità serie, i membri del Governo. Non credo quindi che nei prossimi anni possa coinvolgere Silvio Berlusconi”.
Il Ministro entra anche nel merito della futura organizzazione aziendale della Tv pubblica, condividendo con il Ministro degli Esteri Massimo D’Alema l’idea di privatizzare almeno una parte della Rai.
“Ma il programma dell’Unione – spiega – ha trovato un’intesa su una strada diversa, che prevede la separazione societaria tra ciò che è finanziato da canone e da pubblicità, e penso che sia dovere di un Ministro attenersi al programma”.
La prima sfida, quindi, è “iniziare con una separazione vera, anche societaria, tra ciò che è finanziato dal canone e ciò che è finanziato dalla pubblicità”.
Secondo l’esponente della Margherita, è necessario “cambiare questa assoluta anomalia. Noi siamo l’unico Paese occidentale in cui la televisione pubblica è finanziata quasi per metà dalla pubblicità”.
Insomma, “il servizio pubblico deve concentrarsi, gradualmente, nella società Rai finanziata dal canone”. Ma per il pluralismo dell’informazione bisogna anche abbattere le barriere di ingresso al sistema televisivo: “La nostra televisione è a numero chiuso, ha barriere all’ingresso insormontabili, e il numero chiuso nella televisione di oggi rischia di riproporre lo stesso regime duopolistico anche nella televisione futura”.
Gentiloni è poi entrato anche nel merito dei rapporti tra Rai e Governo: “E’ necessario non tagliare questo cordone ombelicale, cosa impossibile, ma almeno mettere le distanze. Bisogna creare una realtà che renda la Rai più autonoma dal Governo e dal Ministero del Tesoro, si parla anche di una fondazione”.
Cambiare anche i criteri di nomina dei vertici: il Parlamento “difficilmente può esserne escluso, ma non deve neanche essere lasciato libero di agire come previsto dalla Gasparri. Senza contare che il criterio della maggioranza dei due terzi è attuato solo per l’elezione del presidente e questo non basta. Penso che il Governo – ha spiegato – debba proporre nei prossimi mesi una riforma generale della Rai”.
Riguardo poi alla recente polemica sul ‘foglietto’ contenente dei ‘suggerimenti’ per alcune importanti nomine Rai, ritrovato dal radicale Daniele Capezzone, Gentiloni commenta: “Non ho la più pallida idea dell’origine o della provenienza di quel foglietto, ma stupirsi della lottizzazione della Rai in Italia è come stupirsi dei temporali estivi“.
“La lottizzazione in Rai dura immancabilmente da quando esiste la Tv pubblica – ha replicato Gentiloni – sarebbe bello non rassegnarvisi e credo che questo possa avvenire solo attraverso due strade: la prima è un difficile cambiamento delle regole, la seconda lasciare nel presente la più ampia autonomia possibile al Cda della Rai, che tra l’altro è già molto politicizzato in sé stesso”.
Tuttavia Gentiloni ritiene che l’esecutivo dovrebbe rimanere fuori dal toto-nomine: “Il Governo deve occuparsi del futuro della Rai. Del presente e delle nomine meno si occupa e meglio è”.
Intanto dalla sua, Capezzone incalza e chiede la ‘seconda parte’ del ‘foglietto’. Il radicale si pone anche tre domande: “Prima: perchè, con 2.500 giornalisti Rai, si ritiene di puntare su un esterno? Quale il criterio di questa scelta? Seconda: continua a esserci buio completo sulla scelta vera, chi saranno i condirettori, i vicari, i capiredattori-interni, cioè i nuovi ‘padroni’ dell’ammiraglia-Rai? Terza: è vero che il metodo sarà ‘uno ai Ds-uno alla Margherita’? Obiettivo, il ‘commissariamento’ di fatto del neodirettore?”.
“Resta da capire, intanto, perché, dinanzi a tutto questo, non si costituisca la Commissione di Vigilanza, dopo quattro mesi di legislatura. O forse – conclude Capezzone – lo si capisce benissimo”.