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II Conferenza su TDT: oltre la Legge Gasparri, si riparte da Napoli. Rai leader di questo nuovo percorso digitale?

Italia


Tv digitale terrestre, tempi, modalità, piano di Governo, ruolo dei diversi player, e soprattutto della Tv pubblica. Questi gli argomenti focali della II Conferenza nazionale sulla TDT, La televisione di tutti“, promossa da DGTVi, l’associazione che riunisce gli operatori interessati allo sviluppo del digitale terrestre.

La due giorni di Napoli è stata la prima occasione ufficiale, da quando il nuovo Governo si è insediato, di confronto tra istituzioni e operatori. Grande attesa soprattutto per l’intervento del Ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni, che ha chiuso i lavori, per conoscere le direttive e il piano di fattibilità per il passaggio alla nuova tecnologia di trasmissione radioTv.

Rinviata la scadenza prevista nella riforma del settore radiotelevisivo varata dal centrodestra, per lo switch-off ora si guarda alla finestra europea del 2010-2012 come data di arrivo, ma la questione aperta resta la strategia da adottare per consentire la trasformazione in vista della nuova scadenza.

Il Ministro per le Comunicazioni, Paolo Gentiloni, lo ha detto chiaro fin dal suo insediamento: bisogna ripensare a una nuova politica considerato che le misure finora adottate non sono risultate efficaci.

E Gentiloni punta a una nuova soluzione: puntare sull’offerta di nuovi contenuti. Ma anche risolvere, nel frattempo, ‘l’anomalia italiana’ duopolista per liberalizzare il mercato dal momento che l’evoluzione tecnologica, da sola, per Gentiloni, non può garantire il raggiungimento di questo obiettivo.

I lavori di Castel dell’Ovo sono stati aperti da Piero De Chiara, presidente di DGTVi.

Il punto sulla situazione del digitale terrestre in Italia e in Europa è stato al centro della prima giornata di dibattito, alla quale hanno preso parte, tra gli altri, Roberto Viola Segretario generale dell’Agcom e Antonio Pilati, Commissario dell’Antitrust.

Presentata anche la Ricerca “L’Europa verso il digitale terrestre. Per un nuovo servizio televisivo universale: scelte industriali e politiche pubbliche a confronto“, a cura di Booz-Allen-Hamilton, e-Media Institute , IT Media e Fondazione Rosselli.

Nella seconda giornata, invece, si sono confrontati tra gli altri, Claudio Cappon, direttore generale della Rai; Fedele Confalonieri, presidente di Mediaset, Riccardo Perissich per Telecom Italia Media. Presente anche Antonio Campo Dall’Orto (Tl-Media), Federico Di Chio (Mediaset), Roberto Sergio (Rai), Tarack Ben Ammar (D-Free), Mario Frullone (Fondazione Ugo Bordoni), Filippo Rebecchini (Frt), Marco Rossignoli (Aeranti-Corallo).

Hanno partecipato inoltre, alla sessione “Verso la Freeview italiana” conclusa dal Ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni, Maurizio Gasparri (An), padre della legge di riforma nel sistema radiotelevisivo, e Michele Meta (Ds), presidente della Commissione trasporti della Camera.

“Due grandi proposte per il futuro della televisione digitale terrestre: un ruolo trainante per il servizio pubblico e il lancio di un pacchetto di nuovi canali gratuiti di buon ascolto”. Così il presidente DGTVi, Piero De Chiara, ha aperto i lavori della seconda conferenza nazionale sulla TDT.

“Le due proposte sono condivise da tutti gli operatori del settore e sono strettamente collegate – ha spiegato -. In tutti i Paesi europei il servizio pubblico è il motore del lancio dei nuovi canali in chiaro e raggiunge in questo modo tre obiettivi: svolge la sua missione fondamentale, che è quella di rispondere alla domanda dei telespettatori di avere una offerta televisiva più ricca e più varia; eleva la qualità di tutto il sistema; e offrendo nuovi canali attrattivi, traina la diffusione dei decoder e avvicina lo switch-off. Sono tre obiettivi della Rai, ma sono anche tre obiettivi del Paese”.

“Il digitale terrestre sta vivendo una fase straordinaria di transizione che deve essere guidata dal settore pubblico“. E’ il monito e l’auspicio di De Chiara che ha sottolineato l’importanza e l’attenzione che dovrà ricadere in questa fase sulle emittenti locali, “quelle che rischiano di più e che hanno chiesto che il sistema terrestre garantisca a tutti condizioni di accesso e non diventi una piattaforma governata da uno o due operatori“.

Sulla Rai, il presidente di DGTVi ha dichiarato: “Non si pensi che la Rai possa trainare un progetto di questa portata con le risorse attuali. Siamo in una fase straordinaria in cui abbiamo bisogno del nostro amato-odiato servizio pubblico”.

Per stare dunque al passo con gli europei, secondo De Chiara c’è bisogno di un’offerta aggiuntiva: un pacchetto di nuovi canali attraenti lanciati simultaneamente; la presenza di editori diversi anche con nuovi canali; una copertura omogenea; una comunicazione coordinata e un marchio unificante.

Una Freeview italiana è il progetto a cui stanno lavorando le Imprese televisive e che servirà a superare lo stallo che vive la pay-per-view. Un progetto per il quale la Rai deve fare da traino, ruolo però “impossibile con le risorse attuali”, che vanno dunque aumentate, obiettivo con cui concordano anche le Tv private.

Il modello “paghi ciò che vedi” è stato un successo, ha sottolineato De Chiara che ha tuttavia aggiunto che “questi successi non sono sufficienti“.

Problema essenziale resta però reperire le risorse: “Siamo consapevoli dei vincoli – ha spiegato – le condizioni della finanza pubblica, la polemica sui livelli fiscali, la considerazione che nella Rai c’è un po’ di margine per spostare risorse da impieghi tradizionali verso questo progetto. Tutto vero, ma non si pensi che la Rai possa trainare un progetto di questa portata con le risorse attuali. Non si dica che il dovere di investire in servizi innovativi è già nella Convenzione e nel contratto di servizio; quella è la missione per le fasi ordinarie; il fatto è che siamo in una fase straordinaria, dalla quale il nostro Paese uscirà più ricco o più povero, e per vincere la partita abbiamo bisogno del nostro amato-odiato servizio pubblico. Tutte le Imprese televisive private, nazionali e locali, chiedono che le risorse fiscali della Rai siano aumentate, con un lieve incremento del canone o in altro modo. È un inedito dato politico del quale ci auguriamo che il nostro governo vorrà tener conto”.

“Nessuno immagina le risorse della BBC – ha sottolineato – ma fare buoni canali costa, alcune decine di milioni aggiuntivi e non sostitutivi, se non si vuole abbassare il livello di competitività complessiva della Rai. Il servizio pubblico è un motore di sistema, insostituibile in questo passaggio di fase”.

La Rai resta il motore insostituibile del sistema nella fase di transizione dall’analogico al digitale terrestre. L’azienda pubblica, dunque, viene indicata, nella prima giornata della II Conferenza nazionale sul digitale terrestre, come volano per il passaggio alla nuova tecnologia. Ma serve ‘neutralità’ rispetto alla competizione tra Imprese e anche tra piattaforme e una strategia politica che dia “affidabilità agli investitori”.

“Tutte le Imprese televisive private, nazionali e locali, chiedono che le risorse fiscali della Rai siano aumentate, con un lieve incremento del canone o in altro modo. E’ un inedito dato politico del quale ci auguriamo il nostro Governo vorrà tener conto“, ha caldeggiato De Chiara, affermando che il servizio pubblico deve presentare “un’offerta televisiva più ricca e più varia, elevare la qualità di tutto il sistema e, offrendo nuovi canali attrattivi, trainare, a beneficio di tutti, la diffusione dei decoder e avvicinare lo switch-off”.

Necessario, inoltre, un maggiore impulso alla vendita di decoder: “Da noi è troppo lenta, 100 mila la mese: meno rispetto a Paesi come la Francia partiti dopo di noi”.

La vendita del decoder è, infatti, troppo dipendente dalla stagionalità delle offerte pay.

“La media senza contributi è 100 mila decoder al mese. Nei mesi più fiacchi si vendono solo 50 mila decoder, un numero che non ci consente né di raggiungere gli obbiettivi fissati dalle leggi nazionali, né quelli contenuti nelle raccomandazioni comunitarie. Occorre un deciso cambio di passo“.

Il futuro del decoder si giocherà con alcune mosse precise. “Potremo affrontare la questione con successo, se nelle prossime settimane saranno costituiti organi di governo della transizione, che coinvolgono il Governo, l’Autorità Tlc, i consumatori e le Imprese: se entro settembre ci doteremo di un sistema di monitoraggio della diffusione dei decoder che produca numeri considerati attendibili da tutti; se si saranno trovate le risorse necessarie e si fisserà la data finale del passaggio al digitale; se il 30 novembre verrà ratificato il passaggio al digitale di tre grandi reti analogiche in Sardegna e se, soprattutto, entro l’anno sarà nata la Freeview italiana”.

Dalla prima giornata dei lavori emerge la richiesta per una politica che contenga indicazioni precise per invogliare gli investitori e sostenere coloro che hanno già impegnato risorse consistenti nel settore. E a proposito di accesso al mercato, De Chiara dice: “Non ci sembra necessario e forse neanche auspicabile che siano i poteri pubblici a decidere quali nuovi editori debbano entrare e quali no. E’ tuttavia auspicabile che chi davvero vuole investire possa contare sulla forza delle Autorità nel garantire l’assoluta non discriminazione nell’accesso ai fattori di produzione, a partire ovviamente dalle frequenze, anche a quelle legittimamente gestiti dagli incumbent”.

La nuova fase di sviluppo del digitale, secondo De Chiara, dovrà nel contempo tutelare lo spazio per new entrant: “all’estero – ha ricordato – il fattore scatenante è stata l’affidabilità della pubblica amministrazione. Anche in Italia deve crearsi un’analoga fiducia nella stabilità della politica industriale e nella neutralità della PA rispetto al mercato. Neutralità nella competizione tra Imprese, ma anche tra piattaforme”.

Un’opinione condivisa da Roberto Viola, Commissario dell’Autorità per le Garanzie nella Comunicazione, che, a cinque giorni dalla presentazione del rapporto annuale dell’Agcom, sottolinea come “l’Autorità vuole spingere per la massima concorrenza“, e sposa la tesi a favore della “centralità del servizio pubblico e della necessità di nuovi programmi” e auspica “la partnership tra pubblico e privato”.

L’Autorità Garante per la Concorrenza, rappresentata al convegno dal Commissario Antonio Pilati, infine, è “strutturalmente favorevole all’Innovazione tecnologica e a nuovi operatori che rompono assetti acquisiti. Quanto più rapido sarà il passaggio a sistemi di trasmissione digitali, tanto più forti saranno le ricadute allargate ad altri settori, tra cui i contenuti, la domanda di prodotti ricezione e nuovi servizi legati alle Tlc e alla Tv”.

E proprio per ribadire la centralità dei contenuti, su cui tutti gli intervenuti si sono soffermati più volte, nell’ambito della conferenza è stato lanciato il progetto “Tivù“: Rai, Mediaset, Telecom Italia Media e le Tv locali, insieme per realizzare una piattaforma comune del digitale terrestre aperta a tutti gli operatori, basata su un’offerta gratuita, con più intrattenimento, più informazione, più sport, funzioni interattive e una serie di nuovi canali.

Con il responsabile TDT, Federico Di Chio, Mediaset annuncia subito la nascita di due nuovi canali, che saranno una parte dell’offerta di “Tivù”, uno dedicato alla fiction e l’altro all news, sul modello anglosassone, ma chiede anche “scelte politiche forti e un progetto organico” per il digitale terrestre.

La piattaforma “Tivù”, definita “forte e strategica” da Di Chio rappresenta, per il responsabile Mediaset “un segnale di forte rilancio“. Ma a fronte di questa iniziativa “servono – ha detto – scelte strategiche importanti e soprattutto scelte politiche che diano garanzie agli investitori”. Di Chio ha fatto notare che negli ultimi tempi generi come cinema, bambini e sport “stanno scappando dalla Tv generalista: l’anno prossimo Canale 5 per la prima volta non avrà in palinsesto una serata dedicata ai grandi film, perché non se lo può più permettere”.

Secondo Di Chio, dunque, “solo la Tv digitale potrà essere una terra di mezzo, ma per questa servono scelte politiche forti e un progetto organico”.

Roberto Sergio, Direttore Nuovi Media Rai, ha dichiarato: “Siamo convinti che il servizio pubblico debba essere leader di questo nuovo percorso digitale. La Rai vuole essere in prima fila, e c’è stata fin qui con un investimento di oltre 200 milioni di euro in due anni. Certamente dobbiamo e possiamo fare di più – ha proseguito Sergio – lo si deve fare però in un quadro e con un metodo di lavoro comune e certo per tutti. E soprattutto di concerto con il ministero delle Comunicazioni con il quale abbiamo cominciato a parlare“. Il modello da seguire, naturalmente, anche per Sergio è quello della Freeview inglese: un pacchetto di canali gratuiti e di qualità che facciano da traino allo spostamento degli italiani dall’analogico al digitale terrestre.

“Dobbiamo organizzare tutti insieme un’offerta attrattiva – ha continuato – uscendo dal perimetro della sola pay-per-view. Inoltre è importante una copertura organica del territorio con il segnale, che oggi è a macchia di leopardo nelle varie città“.

“Tutti insieme dovremo fare uno sforzo per far sì che quello che andremo a realizzare, che comprende le reti analogiche attuali, più tutta la nuova offerta, sia visibile a tutti, altrimenti non avremo fatto un buon servizio né per il sistema né per chi acquista decoder“.

Però, ha sottolineato Roberto Sergio, “tutto questo andrà fatto di concerto con il ministero stabilendo date credibili”.

Per far decollare il digitale Rai, però, serve “un contributo mirato del Governo“. Passando infine alla possibilità che anche la Rai organizzi un’offerta a pagamento sui propri multiplex, Sergio ha ribadito che “la pay-per-view non è una nostra priorità e tra l’altro al momento non avremmo neanche la banda per sostenerla. Non ci precludiamo nulla, ma gli obiettivi primari sono altri come l’interattività: una grande valore aggiunto per gli utenti – ha concluso Sergio – ancora inesplorato“.

In sintesi, per Roberto Sergio, “ci devono essere innanzitutto una piattaforma gratuita e la copertura omogenea del segnale. Se tutto questo sarà raggiunto, di concerto con il Ministero e stabilendo date credibili e certe, allora la Rai ragionerà sull’offerta di canali attrattivi, oltre a quelli esistenti“.

Sergio ha anche sottolineato quanto la Rai stia lavorando “per offrire canali attrattivi che si aggiungono a Rai1, Rai2 e Rai3“, ma quanto questo progetto sia ambizioso anche in termini economici. La spesa si aggirerebbe intorno ai 30-40 milioni di euro per ognuno all’anno ed è per questo che, spiega il direttore Nuovi Media Rai: “La Tv pubblica cercherà risorse sul mercato, ma si aspetta dal Governo anche un adeguamento del canone mirato allo sforzo“.

Il Direttore crede nella capacità di partner privati di partecipare alla sfida tecnologica che dovrebbe andare anche nella direzione dell’interattività, aspetto molto importante del digitale terrestre finora rimasto inesplorato, “ora irrealizzabile con l’attuale tecnologia, con gli attuali decoder, ma che è un asse più importante del digitale terrestre“.

Sulla stessa linea di Roberto Sergio anche il nuovo Direttore generale Rai, Claudio Cappon, che sottolinea: “La Rai non può da sola surrogare la politica industriale del Paese”.

La Tv pubblica è poi pronta a giocare un ruolo da protagonista nel digitale terrestre a condizione però, sottolinea Cappon, che l’addio al sistema analogico rappresenti un progetto Paese. La Rai, ha evidenziato, “svolge il ruolo che ha sempre avuto, quello di realizzare una televisione generalista e gratuita per tutti. Ciò a prescindere dalle piattaforme. In questo quadro, se il digitale terrestre rappresenta un progetto Paese questo per l’azienda pubblica può diventare una opportunità strategica per la rivalorizzazione del servizio pubblico”.

“La Rai – prosegue Cappon – farà la sua parte” ma, il suo impegno sarà al centro nella fase della contrattazione, quella del Contratto di servizio per esempio, precisa il direttore generale.

Cappon torna anche ribadire che a fronte di investimenti c’è la necessità per il sistema politico di rendersi affidabile nelle scelte.

Il Direttore generale mette in guardia circa la necessità di riflettere su come si debba realizzare questo processo, perchè “non può essere il frutto di una iniziativa volontaristica”.

Per Cappon serve ora “un sano dirigismo che consenta la transizione in maniera ordinata”. A riguardo, Gentiloni ha ribattuto, forse “il dirigismo è un po’ troppo“. Ma il ruolo fondamentale del Governo può essere, per Gentiloni, soprattutto quello, “in questa fase di transizione” di fungere da “coordinamento della cabina di regia con consumatori ed editori oltre i soci già presenti“.

Circa la data dello switch-off, il Direttore generale spiega come sia utile al di là dell’approdo definitivo al digitale terrestre fissare degli step intermedi. Se per realizzare i contenuti, fondamentali per il passaggio al digitale terrestre, sono indispensabili risorse, il Direttore generale ritiene che esse possano essere reperite attraverso una riqualificazione e rivalorizzazione degli asset aziendali, con uno sguardo al prossimo rinnovo del contratto di servizio.

Per la Rai, “il digitale terrestre è un’opportunità strategica per rivitalizzare il servizio pubblico e ridargli un senso nuovo”.

Il problema naturalmente sono le risorse finanziarie e per il Dg di viale Mazzini sono tre i campi da cui possono venire: “Per prima da un progetto di ‘fitness’ dell’azienda che deve mettersi in forma e riqualificare la sua attività. La seconda strada è quella della valorizzazione degli asset. Infine il capitolo delle risorse pubbliche. Qui stiamo discutendo con il ministero delle Comunicazioni il contratto di Servizio e questo potrebbe essere lo strumento per definire i nostri compiti nella Tv digitale”.

Un aumento del canone Rai, destinato al passaggio al digitale terrestre, sembra scontato dal momento che esso è fermo da due anni, Cappon stima un impiego di risorse di decine di milioni di euro. Per il Dg, il digitale terrestre rappresenta nel 2000 quello che ha rappresentato per l’azienda pubblica la televisione degli anni ’50. “Questa è la strada – ha aggiunto – ma le cose si fanno bene se sono chiare“.

Il prossimo appuntamento è il rinnovo del contratto di servizio, sede cui rimanda la questione.

Anche da Riccardo Perissich, presidente di Telecom Italia Media, viene ribadita la richiesta di un “percorso credibile”, soprattutto se “si vogliono attirare capitali stranieri”.

“So bene – ha detto – che le strategie sul digitale terrestre sono legate al riassetto generale del sistema televisivo: del resto, non abbiamo mai guardato con particolare entusiasmo alla legge Gasparri e al Sic, in particolare alla norma asimmetrica che abbassa dal 20 al 10% il limite anticoncentrazione per il nostro gruppo. Quello che ci interessa di più nella riforma del sistema Tv è la rapidità dei tempi e la larghezza del consenso: nulla sarebbe peggio di un’altra legislatura spesa in una guerra delle televisioni. Altrimenti gli investimenti non arriveranno e il sistema resterà ingessato”.

A margine del Convegno, Mario Frullone, Direttore Ricerche Fub e presidente Consorzio Elettra 2000, si è soffermato con Key4biz sulla questione delle frequenze e sul passaggio alla TDT, sottolineando che, sebbene la situazione risulti molto complessa, c’è la possibilità
di gestire in modo estremamente efficiente il passaggio alla televisione digitale.
“Il passaggio al digitale – ha detto Frullone – richiede certamente che si capovolga il rapporto tra l’offerta di canali analogici e quella dei canali digitali; rapporto, oggi, a tutto vantaggio dei primi. E ciò si può fare, evidentemente, o riducendo l’offerta analogica o aumentando l’offerta digitale. Il lancio di ‘Tivù’ va in questo senso. Al contempo, è necessario un cammino chiaro nella gestione delle risorse”.

“In Italia, infatti, c’è un problema di congestione dello spettro radioelettrico – ha spiegato Frullone a Key4biz – che non facilita il simulcast, la trasmissione contemporanea degli stessi contenuti sia in analogico che in digitale, come invece si fa in altri paesi. Le tecniche digitali consentono però di superare questo problema, intraprendendo un cammino di maggior efficienza nell’uso delle frequenze”.
“Questo cammino si può individuare esaminando gli esiti della Conferenza di Ginevra – ha concluso Frullone – al fine di ripristinare un patrimonio di canali da cui ripartire: non sarà possibile assumere le ipotesi alla base del piano varato nel 2003 che prescindevano da vincoli internazionali, ma sarà ugualmente possibile definire una situazione a cui tendere, che consenta di conseguire il duplice vantaggio di efficienza del digitale. Per favorire il passaggio a tale nuova situazione potrebbe essere utile incoraggiare il cambio e lo scambio delle frequenze tra operatori”.

Che gli investitori abbiano bisogno di certezze è stato ribadito anche dal finanziere franco-tunisino Tarak Ben Ammar: “Ci vuole serietà, è necessario un percorso certo, altrimenti non è possibile disegnare business plan e realizzare nuove reti e contenuti”. E ancora, “L’Italia – ha detto Ben Ammar, rivolgendosi in particolare al ministro Gentiloni – è un Paese aperto, liberale, pluralista. Non fate marcia indietro. I governi devono aiutare a costruire il digitale terrestre gratis”.

Tullio Camiglieri, responsabile comunicazione di Sky Italia, ha lanciato la proposta di “costringere i costruttori a inserire nei nuovi apparecchi Tv il sintonizzatore del digitale terrestre, come sta già accadendo negli Stati Uniti“. Altra proposta di Camiglieri, “trasformare DGTVi in Italia digitale, un’associazione aperta a tutti gli operatori, insieme al Ministero, affinché tutte le piattaforme collaborino per lo sviluppo del digitale nel nostro Paese, così come è successo in Inghilterra dove è nata UK Digital”.

Per uscire dal loro ruolo di cenerentola, le Tv locali chiedono interventi di riequilibrio del mercato analogico, favorendo gli investimenti pubblicitari anche sulle piccole emittenti, in questo modo potranno essere individuate soluzioni che consentano alle Tv locali di continuare a operare e svolgere non solo un ruolo da fornitore di contenuti, ma anche da operatore di rete.

Di aumento del canone torna a parlare Fedele Confalonieri, presidente Mediaset, che si è detto d’accordo con quanto espresso in precedenza da Piero De Chiara e cioè che tutte le Imprese televisive private, nazionali e locali, chiedono che le risorse fiscali della Rai siano aumentate, anche con un lieve incremento del canone.

“Mi sembra giusto, ragionevole – ha detto il presidente di Mediaset – se sono risorse destinate agli investimenti“, aggiungendo che “infatti se non ci sono nuove risorse, se si negano altre risorse, è evidente che ciò costituisce un ulteriore segnale dell’esistenza di un progetto che mira in realtà a frenare il digitale terrestre”.

“Non dare alla Rai risorse per finanziare nuovi investimenti – ha detto Confalonieri – significa mettere in imbarazzo il sistema“.

“Noi ci crediamo – ha assicurato – perché abbiamo messo 1,6 miliardi in tecnologia, hardware e l’acquisto di diritti e così via, sulla base di una legge, questo perché c’era una previsione da parte dello Stato che risaliva a un governo di centrosinistra. Ora se tutto viene diluito e se il pretesto non è tecnico ma quello di rimettere indietro le lancette dell’orologio e di restare nell’analogico perché in tal modo si può favorire qualche nuovo entrante”.

sottolinea il presidente di Mediaset, aggiungendo che è necessario trovare “una data ragionevole perché tutti abbiano il digitale, ma ci deve credere davvero chi governa e chi ha le redini del sistema televisivo”.

Vedo – ha aggiunto – che altri editori hanno voglia di entrare. Se guardiamo come siamo trattati come gruppo, allora si vede che si cerca di darci un colpo in testa“. Confalonieri ha sottolineato il garbo del ministro delle Comunicazioni Gentiloni, che ha giudicato persona “squisita e competente“, non mancando di lanciare stoccate ai “professoroni” che cominciano con la ‘S ‘ e ha stigmatizzato l’aspetto ideologico e strumentale rispetto al tema del digitale terrestre.

Il presidente Mediaset fa poi riferimento a un’azione latente contro Mediaset e fa l’elenco per grandi temi di questo “attacco”, e cita appunto lo sviluppo dell’inchiesta sullo scandalo del calcio, con quel che ne consegue per Mediaset, Milan e Berlusconi; la questione delle frequenze, “che non restituiremo perché le abbiamo pagate e quello che avremmo dovuto ridare lo abbiamo già ridato e rientra nella quota del 40% prevista dalla legge”; e poi ci mette dentro anche l’inchiesta su Telecom Italia, partendo dalla vicenda delle intercettazioni telefoniche.

“Dico che c’è tutto un lavoro in atto, è come farci arrivare a piazzale Loreto a rate passando per corso Buenos Aires, e i milanesi sanno che da lì si arriva sempre verso piazzale Loreto. Questo ci stanno facendo”, dice, accostando in maniera sicuramente forte le sorti di Mediaset a quello che ci ha consegnato la storia italiana recente.

“Il tutto secondo uno schema che forse ha la sua genesi in una decina e più di anni fa, che rimanda a quel famoso avviso di garanzia della Procura di Milano per il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi mentre si trovava a Napoli per presiedere un vertice mondiale, “inchiesta che poi è finita come tutti sappiamo”.

Grande attesa per l’intervento dell’ex Ministro delle Comunicazioni, Maurizio Gasparri, artefice della controversa legge 112 di riforma del sistema radioTv, che resta a oggi convinto dell’importanza del digitale.

“E’ una legge che guarda più avanti, seppur con fatica perché bisogna far coincidere controllo frequenze con le regole“. Per allargare il mercato è essenziale “investire” e non si può farlo se non facendo sì che “nuovi soggetti si ritaglino, anche con fatica, spazi in un contesto dove ce ne sono altri che hanno già investito. Pensare di azzerare tutto e ripartire da zero corrisponde ad una visione paleosovietica”.

L’auspicio dell’ex Ministro è che non si cada nell’errore di “perseguire obiettivi di carattere ideologico, finendo con il creare danni” ma si vada avanti “sulla base di certezze e tempi chiari“, perché “non si può pensare che questa cosa si faccia da sola. Il Digitale terrestre non è una, ma l’alternativa all’analogico. Bisogna andare avanti senza ipocrisia facendo gli interessi dell’Italia”.

E a proposito del rischio di un duopolio, portato all’evidenza anche dalle Authority, Gasparri ha detto: “chi ci sta da prima ha un vantaggio, è difficile concepire un mercato in cui si azzerano posizioni. Piuttosto dicano come andare avanti e a spese di chi. Le Imprese private per investire hanno bisogno di sicurezza”.

Per quanto riguarda poi le azioni messe in atto negli anni scorsi per avviare il digitale terrestre, Gasparri ricorda: “In Italia sono stati fatti acquisti delle frequenze in base alla legge 66 del 2001 che ha consentito il trading, la legge Gasparri ha solo proseguito l’orientamento della legge del centrosinistra”.

L’esponente di An ha ricordato che l’orientamento dell’Europa è quello di perseguire la strada del digitale: “Più l’Europa si allarga più i tempi diventano incerti, si rallenta. Ma indietro non si torna”.

Riguardo agli incentivi per i decoder, Gasparri ha commentato: “Si può discuterne. Come si può discutere del valore o meno degli Incentivi“, ma è certo che se si pensa di completare il passaggio al digitale “a spese del mercato, ci si metterà un po’ di più“. Ci vuole, dunque, “il coraggio di definire le modalità per agevolare il cambiamento”.

L’ex Ministro fa poi presente che la procedura di infrazione dell’Ue, secondo la quale il digitale favorisce Rai e Mediaset “è venuta fuori con il cambiamento del quadro politico”.

“Il ricorso di Altroconsumo – ha detto Gasparri – non so a quanto tempo fa risalga ma la procedura è venuta fuori solo quando è cambiato il quadro politico”.

Torna a parlare di Tv pubblica Mario Landolfi (An), predecessore di Gentiloni al ministero delle Comunicazioni, che sostiene: “Il canone Rai deve essere correlato al contratto di servizio, alle prestazioni ed agli obblighi della Rai. Parlare di sganciarlo da questo sarebbe mero assistenzialismo“.

“Il servizio pubblico va spronato a una progressiva Innovazione tecnologica – insiste Landolfi – ma resta necessaria una assunzione di responsabilità di nuovi obblighi nel contratto di servizio”.

A concludere la II Conferenza sulla TDT, l’intervento del Ministro delle Comunicazioni, Paolo Gentiloni, che ha tirato le somme della discussione, anticipando le guidelines che il Governo seguirà proprio in merito al passaggio alla nuova tecnologia di radiodiffusione.

“Nessuna vendetta, né a rate né in contanti, ma solo attenzione a migliorare il sistema televisivo italiano“, ha subito chiarito Gentiloni, rispondendo indirettamente al presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri.

La riforma del sistema, dice Gentiloni “non sarà ispirata da spirito polemico” e aggiunge anche che le nuove proposte del Governo “verranno incontro alle indicazioni che sembrano emergere dalla procedura di infrazione che la Ue si prepara ad aprire”.

“Dobbiamo creare le condizioni – ha ribadito Gentiloni – per una Tv interamente digitale nel 2012: è l’obiettivo che si pone il Governo e su cui intende fare sistema. Non sono le calende greche, ma una data realistica, un traguardo al quale dobbiamo lavorare insieme, sapendo che dobbiamo voltare pagina rispetto all’indicazione di termini irrealistici con successivi rinvii che anche nei cittadini creano confusione“.

Aggiungendo: “Se dalla Ue arriverà l’apertura della procedura di infrazione contro l’Italia per la legge Gasparri , risponderemo che il Governo sta preprando delle modifiche di questa normativa che vanno esattamente nella stessa direzione. Quindi siamo tranquilli”.

“La nostra – ha proseguito – sarà una risposta sollecita. Abbiamo sempre avuto intenzione di modificare la 112, adesso dobbiamo farlo”.

In merito agli Incentivi pubblici per il digitale terrestre, il Ministro Gentiloni ha aggiunto: “Non esistono rivoluzioni tecnologiche finanziate dai Governi“.

Intanto per le prossime settimane Gentiloni annuncia la creazione di un organismo pubblico che funga da cabina di regia” con porte aperte non solo ai soci della DGTVi, a cui sarà assicurata una posizione fondamentale come a tutti i soci dei club, ma anche auspicabilmente ad altri editori e ai consumatori. In questo modo il Governo esplicherà quella “funzione di coordinamento del sistema che gli compete“, ha sottolineato il Ministro.

Il Ministro delle Comunicazioni ha sottolineato che proprio questo incontro di Napoli deve rappresentare la svolta, tenendo a mente due obiettivi. Il primo è dato dall’esigenza di dare “grande priorità ai programmi e ai contenuti, che costituiranno un’offerta attraente, un’offerta di televisione capace di attrarre pubblico e pubblicità, senza i quali è molto difficile immaginare una penetrazione di questa televisione”. Il secondo obiettivo rimanda a quello che gli operatori del settore con voce unanime, quasi un coro, hanno definito ‘Progetto Paese’, parlando del digitale terrestre. Gentiloni ha rilevato che parlare di questo progetto significa parlare di “una traversata che tutti dobbiamo sapere che sarà più lunga di quanto era stato promesso e sapendo però al tempo stesso che ci sono tutte le condizioni per arrivare in porto. Ma tutti devono remare e nessuno deve essere lasciato indietro”. E restando alla metafora del mare, il ministro ha aggiunto “occorre aprire il più possibile le porte di questa nave”.

Pur rilevando che ad oggi “si sa poco del peso che il digitale terrestre avrà nella televisione del futuro“, Gentiloni ha comunque insistito sul fatto che per il settore si debba procedere a una svolta, così da poter realizzare qualcosa di determinato. E ha parlato anche di impegno collettivo, senza trascurare l’apporto che può venire dall’emittenza locale, “sapendo che uno degli effetti negativi che ci sono stati in questi anni nelle indicazioni dei tempi irrealistici dello spegnimento dell’analogico è che queste emittenti non hanno le frequenze per il passaggio al digitale e sono dunque in maggiore difficoltà nella fase di transizione, evitando di lasciarle a mollo”.

Il Ministro ha, quindi, ribadito l’impegno per un riordino delle frequenze, “senza dirigismi, e inoltre po’ di confusione in meno gioverebbe al mercato, creando un database che sia davvero attendibile”.

Avendo l’obiettivo di “aprire nuovi spazi per la televisione del futuro“. Ma con davanti un obiettivo ancora più grande, costituito appunto dalla scadenza del 2012, “una data che non è tanto lontana e che dunque non deve indurre a ulteriori tentennamenti e indecisioni verso questo nuovo scenario“.

Discorso a parte per quanto riguarda la Rai. All’interno degli stessi operatori attivi sul digitale, Mediaset, Telecom Italia e le emittenti private, è stato chiesto alla Tv di Stato di assumere “un ruolo trainante” dello sviluppo del digitale nel nostro Paese. Da qui la richiesta al Governo, da parte degli stessi concorrenti della Rai, di un intervento dello Stato in favore di viale Mazzini tramite finanziamenti e un aumento del canone.

Da parte di tutti gli operatori è venuta una richiesta di tempi rapidi per la definizione di nuove norme per il settore televisivo in modo da dare chiarezza al comparto. Sia Mediaset che Telecom Italia hanno ricordato i forti investimenti effettuati sul digitale terreste in questi anni che hanno dato finora risultati apprezzabili.

“La Rai è perfettamente in grado, con le proprie forze, di contribuire al rilancio del digitale terrestre attraverso una nuova offerta di programmi e contenuti“. Questo il parere del Ministro sulla annosa questione delle risorse finanziarie necessarie alla Tv di Stato per entrare a pieno titolo nella sfida del digitale.

Ma certamente il servizio universale, che le compete, è un obbligo che richiede investimenti maggiori e contributi maggiori da parte dello Stato, che farà la sua parte con il contratto di servizio. Ma questo non significa aspettare i contributi dello Stato per partire”.

“Il Governo deve fare una parte fondamentale in primo luogo – ha spiegato il Ministro – attraverso il contratto di servizio con la Rai e attraverso il canone e dando indirizzi al servizio pubblico e alle aziende coinvolte sia dal punto di vista editoriale che industriale. La Rai ha un obbligo di copertura del segnale, che deve essere garantito all’intera popolazione – ha ricordato Gentiloni – e c’è anche l’aspetto della pianificazione del progetto industriale della Rai che sarà ovviamente oggetto di discussione con il Governo”.

Ci sarà l’aumento del canone Rai per finanziare il passaggio dal sistema analogico al digitale terrestre: “La Rai sarà protagonista di questa fase di transizione come gli altri broadcast privati. Ovviamente la Rai ha un obbligo e un compito in più quello del servizio universale. Questo comporta degli investimenti particolari, ai quali bisognerà porre rimedio”.

“C’è un periodo piuttosto lungo da qui alla data della finestra europea del 2010-2012 per lo switch-off – prosegue Gentiloni – e la Rai dovrà affrontare questi investimenti. Ne parleremo in autunno quando affronteremo il rinnovo del contratto di servizio”.

Ma avverte il Ministro, “l’eventuale impegno deve essere distribuito negli anni e compatibile con lo stato delle finanze del Paese“. Certo, conclude, la Rai, come servizio pubblico, ha l’obbligo della universalità dell’offerta, pertanto “la pianificazione farà parte della progetto industriale della Rai e di una discussione da parte del Governo”.

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