Italia
In particolare, la Commissione, circa il divieto per Telecom Italia di fissare tariffe più elevate per la propria clientela in caso di chiamate destinate a clienti di un altro operatore, ha sottolineato che, pur non avendo “obiezioni di principio sulla differenziazione dei prezzi a livello retail“, ritiene condivisibile “l’analisi dell’Autorità italiana sul fatto che sia giustificato porre il divieto, in capo agli operatori con quote di mercato molto elevate in confronto a quelle dei propri concorrenti, di differenziare i prezzi tra chiamate on-net e off-net” dal momento che “il 95% di tutto il traffico italiano è terminato sulla rete di TI“.
Circa la possibilità di eliminare il predetto divieto, la Commissione ha infatti concordato con l’Autorità sul fatto che “la posizione dominante di TI nei mercati rilevanti possa indurre la stessa ad adottare strategie di prezzo discriminatorie a vantaggio esclusivo dei propri utenti, con il duplice effetto di innalzare le barriere all’ingresso del mercato, così da rendere l’ingresso per i nuovi entranti non profittevole, e di recuperare quote di mercato a danno dei concorrenti già presenti sul mercato.”
La questione si era posta in ragione del fatto che, parallelamente, l’AGCOM aveva approvato livelli di terminazione sulla rete degli operatori nuovi entranti più elevati rispetto a quelli riconosciuti a Telecom Italia. Del resto la fissazione di tariffe diverse per la terminazione sulle reti degli operatori alternativi all’incumbent è prassi comune in Europa ed è giustificata, come misura asimmetrica pro-competitiva, dal momento che i new entrant non godono delle stesse economie di scala dell’operatore storico.
D’altro canto, l’AGCOM proprio per rendere sostenibile questa situazione, aveva già definito, nell’ambito della stessa decisione, la possibilità per Telecom Italia di aumentare i propri prezzi al pubblico in misura pari all’inflazione al “raggiungimento degli obbiettivi di qualità dei servizi di telefonia vocale fissa e del servizio universale“.