Europa
L’incredibile successo globale riscosso dall’iPod e dal negozio di musica virtuale iTunes comincia a impensierire le Autorità di regolazione e le associazioni dei consumatori di diversi Paesi europei che contestano l’incompatibilità del lettore con gli altri player MP3.
In Norvegia, ad esempio, il difensore civico Bjørn Erik Thon ha presentato un esposto sostenendo che i termini di vendita dell’iTunes Music Store – secondo cui i brani scaricati sono compatibili soltanto con l’iPod – violano le leggi nazionali. A supportare le sue tesi anche il Market Council e il Consumer Council, così come i suoi ‘colleghi’ svedesi e danesi.
Secondo l’Ombudsman norvegese, inoltre, alcune clausole del contratto di licenza con l’utente finale violerebbero chiaramente le leggi nazionali.
Tra queste, quella che permette ad Apple di cambiare i termini di vendita dopo il completamento dell’acquisto e quella in base alla quale la società declina ogni responsabilità per gli eventuali danni provocati al computer dal software iTunes.
La Apple ha ora tempo fino al 21 giugno per apportare i necessari cambiamenti al contratto di licenza o potrebbe essere multata.
Simili azioni stanno per essere intraprese anche dai regolatori svedesi e danesi.
Sul celebre lettore iPod attualmente possono essere riprodotti solo i file MP3 non protetti – come quelli copiati da un Cd – o i brani scaricati dal Music Store iTunes.
La Apple, infatti, applica ai brani venduti attraverso iTunes un sistema DRM che rende molto difficile – anche se non proprio impossibile – riprodurli con un lettore che non sia l’iPod. Il DRM impedisce inoltre di riprodurre sull’iPod qualsiasi brano acquistato da servizi di download legale come Napster o HMV Digital.
Certo, le limitazioni possono essere aggirate copiando le canzoni scaricate da iTunes su un Cd, da cui possono essere re-importate sul Pc e poi trasferite su qualsiasi altro lettore, ma questa è un’altra cosa.
“I consumatori dovrebbero essere liberi di trasferire la musica che hanno acquistato legalmente su qualsiasi dispositivo”, ha spiegato Thon, sottolineando come egli stesso sia un utente di iTunes Music Store e trovi irritante non poter trasferire sul suo telefonino – che ha una capacità di 600 brani – le canzoni acquistate al costo di 1 euro ciascuna.
“Ho pagato i brani – ha spiegato Thon – ma Apple mi proibisce di metterli sul mio telefonino e non riesco a immaginare una giustificazione valida per un simile atteggiamento”.
Una delle motivazioni utilizzate da Apple – cioè che questo tipo di blocco tecnico limita la pirateria – “è assolutamente falsa”, ha aggiunto Thon, sottolineando anzi che col suo atteggiamento Apple “non scoraggia affatto la pirateria, al contrario la alimenta” perché “se un utente non può copiare una canzone che ha pagato su un altro dispositivo di sua proprietà per uso personale, è quasi spinto a rivolgersi a un altro servizio di download”, magari illegale.
Se Apple, dunque, non correggerà queste assurde disposizioni potrebbe incorrere in una salata multa, come quella da 62.500 euro che l’Ombudsman norvegese ha comminato alla compagnia aerea Ryanair per aver imposto condizioni restrittive sui biglietti.
La Consumer Agency svedese ha appoggiato pienamente le tesi della controparte norvegese e la stessa cosa farà probabilmente quella danese.
“La nostra posizione è in linea con quella norvegese e abbiamo inoltrato a iTunes le stesse richieste” – ha spiegato Marianne Abyhammar, deputy consumer ombudsman dell’agenzia svedese – dichiarandosi in attesa “di una risposta di Apple”.
Alcuni giorni fa, anche il presidente della British Phonographic Industry (BPI) Peter Jamieson, ha apertamente criticato il modello di business adottato dalla casa di Cupertino, definendo incomprensibile l’incompatibilità dei sistemi DRM della Apple con quelli degli altri lettori digitali.
Jamieson, che ha riconosciuto il contributo della società di Steve Jobs al business del download digitale e dei relativi sistemi hardware e software, ha sottolineato però come non sia per niente “sano per una qualsiasi compagnia avere una posizione così palesemente dominante”.
Il presidente della BPI ha quindi lanciato un appello a Apple perché ‘apra’ il suo software e lo renda compatibile con gli altri lettori.
“Sosteniamo che Apple debba scegliere l’interoperabilità”, ha dichiarato Jamieson.
Lo scorso anno, inoltre, le autorità antitrust britanniche avevano aperto un’indagine sul costo dei brani scaricati da iTunes dal momento che un utente britannico li paga 99 pence (1,45 euro), mentre gli altri europei li pagano 99 centesimi.
All’inizio di quest’anno, poi, è stata la volta della Francia, dove l’Assemblea nazionale ha approvato una proposta di legge che obbliga Apple e agli altri operatori di musica online ad “aprire” i rispettivi sistemi rendendoli compatibili con le altre piattaforme. Pena, l’uscita dal mercato francese.
Il progetto di legge, infatti, proibisce a chi vende musica online di farlo con uno standard “chiuso”, e impone che programmi come iTunes rendano disponibili i codici per la conversione dal proprio formato musicale a quello degli altri produttori.
Apple, bollata la proposta come “pirateria sponsorizzata dallo Stato” ha minacciato di abbandonare il mercato francese, il terzo in Europa per valore, se la legge venisse approvata dal Senato e diventasse effettiva.
Diversamente da quanto avvenuto in Francia, Apple ha reagito molto più pacatamente con i regolatori nordeuropei, dichiarando in una nota di “voler risolvere la questione senza chiudere le operazioni scandinave”.
“I regolatori europei sostengono che i consumatori debbano avere contratti equi quando acquistano musica online”, ha spiegato l’avvocato inglese Struan Robertson. “Dal momento che i Paesi europei dispongono di regole sulla concorrenza molto simili ci si può aspettare un effetto domino che porterà cambiamenti in tutto il continente”.
Nell’ultimo trimestre, Apple ha registrato in Europa vendite per 966 milioni di dollari, pari al 22% dei 4,4 miliardi di profitti totali del gruppo. Ciò fa del Vecchio Continente la seconda regione geografica per importanza dopo gli Stati Uniti, senza contare che su base annua le vendite della società sono cresciute del 37%.
Per non rinunciare a questa manna, secondo molti analisti, Apple sarebbe sul punto di fare qualche aggiustamento al suo modello di business: “la Norvegia non è certo il maggiore mercato per Apple in termini di vendita, ma se l’ondata di esposti si estenderà ad altri Paesi come la Gran Bretagna , allora il problema sarà davvero serio”, ha spiegato Paul Jackson di Forrester Research, sottolineando come la scelta di Apple non sia molto ‘smart’.
Ma, si chiedono altri osservatori, se si crea un precedente in questo senso fino a che punto si dovrà poi intervenire per regolare la compatibilità? Pensiamo ad esempio al settore dei videogames: “se compro un gioco per l’xbox, dovrebbe esserci una legge che dice che il gioco deve funzionare anche sulla Playstation? O se compro un software compatibile con Windows, dovrà andare bene anche sul Mac?” si chiede Michael Gartenberg di Jupiter Research.
La linea di demarcazione, a questo punto, diventa davvero molto vaga ma, per Mike McGuire di Gartner l’intera faccenda non è che un fronte nella vasta e complessa guerra del DRM: “non riguarda solo Apple, ma chiunque venda DRM e la sola ragione per cui il DRM è su questi dispositivi e per i detentori del copyright. L’unico motivo per cui in questo momento Apple è il bersaglio è perché è leader nel settore”.