Hi-tech: l’artificio tecnologico della Cina

di Raffaella Natale |

Cina


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La Cina continua a mantenere il primato sul mercato hi-tech, forte soprattutto nell’esportazioni all’estero, come evidenziano i numeri: un aumento del 26% solo tra gennaio e maggio. Si tratta soprattutto di macchine e prodotti elettronici (57,42%) e di d’alta tecnologia (30%), che arrivano in almeno 500.000 aziende straniere che hanno fatto del gigante dell’Asia il loro punto di riferimento e determinato il passaggio dell’export dal 2% nel 1985 a più del 7% nel 2005.

 

Accanto a nomi come Haier, Huawei, ZTE o Lenovo (americana al 30% dopo l’acquisto di IBM), ci sono anche le grandi straniere, Alcatel Samsung, Nokia… La Cina, ufficialmente terzo esportatore mondiale e anche primo nell’informatica, tlc, è ormai la base manifatturiera per tutte le grosse società del settore.

Al punto che un recente Rapporto Ixis CIB definisce “artefatta” la sua competitività. Secondo la Banca francese d’investimento, il 61% delle esportazioni cinesi vengono fuori da industrie a capitale straniero.

Questa stima rafforza gli ultimi dati del Ministero cinese del Commercio: nel 2004, le esportazioni di circa 509.000 aziende cinesi a capitale straniero rappresentavano il totale delle esportazioni e il 60% delle importazioni erano ugualmente su questa linea.

 

Secondo le stime occidentali, il fenomeno è ancora più forte nell’hi-tech, visto che gli stranieri occupano l’80-90% del mercato. Nei prodotti elettronici, sono responsabili dell’86,9% delle esportazioni, stando alle cifre del Ministero dell’Industria e dell’Informazione.

Aprendosi al mondo dopo 20 anni, la Cina ha saputo attirare questi investitori.

Stephen Green, economista di Standard Chartered, ha sottolineato: “Questo Paese è forte nella manifattura: buone infrastrutture, amministratori locali contenti di attirare gli investimenti stranieri, bassi costi anche per gli immobili, e vantaggiosi regimi fiscali”.

A questo aggiungiamo la detassazione su alcuni tipi di beni, come intermediari, una mano d’opera abbondante e a basso prezzo…

“Un piccolo numero di società fanno molto rumore per la perdita di lavoro in Europa e Stati Uniti, ma tante altre approfittano della Cina”, ha detto ancora Stephen Green.

 

In questo Paese non ci si è avvantaggiati dell’esperienza tecnologica come dovuto. Accusando sempre un certo ritardo in questo campo, la Cina assembla, con un piccolo valore aggiunto, componenti importate, riesportate con l’etichetta “Made in China”. Questo processing trade rappresenta più della metà delle esportazioni. Solo un terzo del valore aggiunto sarebbe cinese.

La Cina tratta, trasforma semiconduttori, valvole, transistor venuti da Taiwan, Corea del Sud, e dal Giappone.

“Per divenire il terzo esportatore mondiale, è dovuta anche diventare il terzo importatore e uno dei primi beneficiari degli investimenti diretti all’estero“, come rileva la Missione economica francese di Pechino.

“La Cina importa enormi quantità di prodotti hi-tech, tra cui la maggior parte di questi non punta a soddisfare la domanda di prodottiti di alta tecnologia per l’esportazione“, come indicava recentemente il ricercatore Guo Yanying in una rivista dell’Accademia delle scienze sociali.

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