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Tiscali chiude Juke Box: ‘L’atteggiamento conservativo dell’industria rende difficile qualsiasi collaborazione’

Italia


Riceviamo e pubblichiamo la lettera aperta di Tiscali all’industria discografica europea

 

Gentili Signori,

è con estremo rammarico che oggi ci troviamo costretti a “spegnere” il nostro servizio Tiscali Juke Box, lanciato lo scorso 26 aprile in Italia e Regno Unito, con il preciso obiettivo di fornire agli utenti la possibilità di ascoltare in p2p streaming milioni di pezzi legalmente, selezionandoli per autore, genere, o semplicemente scegliendo playlist già definite e messe a disposizione da altri utenti.

Il servizio, sviluppato sulla piattaforma di Mercora, che da oltre un anno sta offrendo peraltro con grande successo la stessa possibilità di ascolto legale negli Stati Uniti, è stato giudicato dalle major discografiche “troppo interattivo” per il solo fatto che permette agli utenti di Internet (mezzo interattivo per antonomasia) di effettuare ricerche per “autore”, oltre che per genere.

 

Va spiegato ai lettori, che i diritti musicali online si differenziano in due macro categorie: “diritti non interattivi“, che possono essere negoziati con le collecting society, e “diritti interattivi” che devono invece essere negoziati con le singole case di produzione.

 

Oggi, dopo aver siglato un accordo sperimentale della durata di un anno basato su una gestione di diritti non interattivi, Tiscali riceve la richiesta da parte delle case discografiche di modificare il servizio togliendo la modalità di ricerca per artista o, alternativamente, di negoziare con le singole case i diritti ritenuti interattivi.

 

Tutto questo va evidentemente contro lo spirito dell’iniziativa che per Tiscali, da sempre in prima linea nella promozione della distribuzione e vendita di musica legale online, rappresentava un ulteriore importante passo nella propria politica di incentivazione all’acquisto legale di musica via Internet. Un passo peraltro dimostratosi nella pratica estremamente efficace per la promozione musicale dal momento che dalla messa online del servizio le vendite legali di brani sul Tiscali Music Club (collegato al servizio di streaming Tiscali Juke Box) hanno registrato una crescita fino al 30%.

 

Stupisce che, ad un solo mese dal lancio del servizio, nonostante il lavoro congiunto effettuato durante la fase di test e messa a punto, l’industria discografica decida di avanzare inaspettate richieste di modifica. Ancor più stupisce la miopia con la quale agiscono le major, non facendo alcuno sforzo per comprendere le basilari necessità di chi fruisce di musica tramite Internet. Infatti l’utente difficilmente potrebbe rinunciare ad uno strumento di ricerca che gli permetta di identificare i brani quanto meno per “genere” e “artista” se non per singolo titolo.

Nemmeno la discografia coglie, è evidente,il potenziale di business che risiede dietro a un servizio come Tiscali Juke Box che, prevedendo il riconoscimento e il pagamento dei diritti per ogni canzone ascoltata in streaming, consente di tutelare gli interessi dell’industria e degli artisti.

 

Un fatto ancor più grave se si considera che lo stesso servizio, ancora più completo e con tutte le funzioni oggi qui contestate, viene offerto da Mercora negli Stati Uniti ed in Canada dove è ritenuto perfettamente legale. Non possiamo non considerare che le obiezioni avanzate a Tiscali in questa occasione rappresentano da parte dell’industria discografica la delineazione di un netto confine discriminante tra gli utenti Internet americani e quelli europei.

 

E’ di fronte a questa totale mancanza di lungimiranza che Tiscali, pur avendo lavorato al meglio nella messa a punto del servizio, e in totale trasparenza e collaborazione con l’industria discografica, si vede oggi costretta a interromperlo.

 

E’ importante sottolineare che tutta la vicenda non impatta solo sul Tiscali Juke Box ma sull’intero mercato della distribuzione di musica legale online perché l’atteggiamento conservativo assunto dall’industria rende difficile qualsiasi collaborazione volta a commercializzare efficacemente qualsiasi servizio legale innovativo.

 

E’ purtroppo l’ennesima dimostrazione della completa chiusura ad ogni ipotesi di utilizzo legale della musica in rete su sistemi aperti, a tutto vantaggio del proliferare dei servizi di pirateria musicale.

Ne prendiamo atto, rammaricandocene nuovamente, e non resta che augurarci che questo episodio possa divenire spunto di ulteriori riflessioni.

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