Radio e Televisione: lo stato dell’arte. Presente e futuro al Convegno AICT

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Per analizzare lo stato attuale del progresso e dell’innovazione a livello mondiale dei sistemi di trasmissione radiotelevisivi, si è svolta ieri a Roma la giornata di studio “Radio e Televisione: lo stato dell’arte“, organizzata dall’Associazione AICT (Associazione per la tecnologia dell’informazione e delle comunicazioni) .

Sebbene in molti Paesi, tra i quali l’Italia, si parli di digitalizzazione dei sistemi di trasmissione audiovisivi già da molti anni, ad oggi l’industria radiotelevisiva è ancora prevalentemente analogica.  

Nel 2003, con l’inizio delle trasmissioni in digitale terrestre (DVB-T), si è avuto nel nostro Paese un processo di accelerazione della digitalizzazione che rischia, tuttavia, di essere nuovamente frenato a causa della situazione confusa in materia di frequenze, che impedisce di realizzare e offrire un servizio universale che consenta lo switchoff analogico.

Le due sessioni di interventi, sui temi “Il digitale alle porte” e “Il digitale domani“, e le due tavole rotonde, dal titolo “Esperienze a confronto” e “Nuovi standard e nuove frontiere: esperienze e idee di regolamentazione“, sono state introdotte da una serie di interrogativi aperti e di riflessioni attuali del presidente dell’AICT Guido Vannucchi, che ha dato lo spunto per la successiva analisi delle infrastrutture e dei servizi, delle future possibilità in campo satellitare e degli apparati audiovisivi previsti nelle case degli utenti.

 

Il Chairman Mario Frullone, direttore ricerche per la Fondazione Ugo Bordoni, ha moderato gli interventi della prima sessione con una serie di riflessioni attuali e domande sul DVB-T e il futuro uso delle frequenze analogiche in Italia, sul DVB-H (Digital Video Broadcasting-Handheld) come standard legato all’eventuale successo della Mobile TV e la necessità di gap filler, sull’IPTV (Internet Protocol Television) e l’eventuale necessità di modificare l’interfaccia di accesso ai contenuti di ricerca, il trend pubblicitario e i costi in relazione al libero accesso dell’utente, nonché sulla Televisione ad Alta Definizione e l’attuale situazione di decoder e standard di compressione, nonché sull’eterno dibattito in corso sulla scelta tra schermo piatto e Home Theater.

 

Il primo ad intervenire è stato Stefano Ciccotti, amministratore delegato Rai Way, che alla luce della propria esperienza ha fatto un quadro attento e preciso dei servizi offerti e delle prospettive della Radiofonia digitale in Italia. “La situazione del nostro Paese è peculiare, in quanto si presenta come la nazione con l’etere più affollato con 1.700 emittenti attive contro le 1.200 della Francia, le 350 della Spagna e le 282 della Germania. Oltre le 3 emittenti pubbliche e le 15 commerciali più note, in alcune regioni esistono addirittura 50 emittenti per provincia e sulle 1700 totali solo 303 sono iscritte ad Audiradio”.

I circa 35 milioni di ascoltatori che hanno caratterizzato gli anni tra il 1997 ed il 2004, nel 2005 sono aumentati fino a raggiungere i 37 milioni per una media d’ascolto di 3 ore giornaliere prevalentemente in auto e fuori casa, con una crescita notevole del mercato pubblicitario che ha fatturato solo lo scorso anno ben 520 milioni di euro, pari al 6% del mercato totale dei media.

 

A caratterizzare il mercato è la presenza del DAB, che sconta tuttavia l’assenza di un’offerta radiofonica alternativa al simulcast in FM. Il consorzio Eurodab copre il 65% del territorio nazionale con 23 impianti, ma il mercato non decolla perché gli utenti non acquistano i ricevitori DAB e i distributori scelgono di non vendere prodotti che nono sono in linea con la loro politica di vendita.

In caso di convergenza tra Radio e Tv, la radio sarebbe penalizzata e rischierebbe di scomparire, come dimostra il fatto che i canali televisivi musicali sono molto più ascoltati e visti dei canali esclusivamente musicali: “Perché ascoltare RTL quando posso vederla?”, ha fatto notare Ciccotti.

 

Le barriere allo sviluppo sono le stesse incontrate dalla televisione digitale e possono essere affrontate sovvenzionando i decoder, nello specifico il decoder digitale terrestre che è l’unico aperto, e con obblighi di legge che guidino lo sviluppo lento e disomogeneo delle reti. La digitalizzazione, dunque, sembra essere l’unica chiave per entrare nel mondo televisivo, attraverso il monopolio di un operatore unico che riproponga la radio come tecnologia.

L’intervento di Alberto Sigismondi, Direttore coordinamento contenuti ricerca e sviluppo digitale terrestre Mediaset, è stato invece centrato sul tema della competizione tra servizi Free-To-Air, Pay e Pay-Per-View, in particolare sulle esperienze e i servizi pay del DVB-T e sull’ingresso della tecnologia DVB-H.

 “La pay TV ha dimostrato grossi limiti – ha detto Sigismondi – come ha dimostrato il successo del rilancio del digitale terrestre in modalità free avvenuto nel 2002- 2003 in Gran Bretagna e la maggiore disponibilità in Europa di canali digitali terrestri rispetto ai canali Free-To-Air (112 contro 43)“.

Oggi la TDT è gratuita, i decoder hanno prezzi accessibili che variano tra i 50 ed i 100 euro, i contenuti a pagamento sono venduti a prezzi ridotti e la ricezione e sempre migliore. In questo contesto il digitale terrestre si sta muovendo verso la televisione mobile, che in Italia vede un approccio aperto a tutti gli operatori interessati con una divisione dei compiti che vede la cura dei contenuti e della trasmissione a opera delle emittenti televisive e del packaging e dell’accesso ad opera degli operatori di telefonia mobile.

 

In questo contesto, tuttavia, poiché la vista è forse quello dei cinque sensi maggiormente utilizzato nella vita quotidiana, uno spazio per i contenuti esclusivamente radiofonici dovrebbe comunque rimanere e poter essere sfruttato.

In merito al DVB-H, inoltre, Stefano Galli, di Vodafone Italia, ha dichiarato che “Vodafone difende il diritto dei gestori mobili a vedersi assegnare proprie frequenze. Già da anni, infatti, l’azienda insieme alla Rai e ad altri fornitori sta sperimentando il DVB-H, contribuendo a rafforzare l’immagine dell’Italia come pilota agli occhi dell’Europa“.

Poiché è venuto meno un percorso di regolamentazione autonomo per l’assegnazione delle reti e delle frequenze con trasparenza e senza discriminazioni, Vodafone è costretta oggi a ricorrere a misure compensative che comporteranno peraltro un aumento dei costi di supporto tecnico e gestione del cliente, servizi che da sempre costituiscono il vanto di Vodafone.

 

Francesco Masetti, Direttore Marketing, Strategie e Tecnologie Alcatel Italia, ha presentato invece i rapidi sviluppi tecnici e le aspettative per i servizi e le applicazioni innovative dell’IPTV. “Il maggiore potenziale di crescita ARPU per i provider di servizi di telecomunicazioni è costituito dai servizi video come l’Integrated Messaging, che consente di inviare un messaggio da un apparecchio mobile al televisore da qualunque parte del mondo grazie alla connessione wireless, al Video on Demand, che permette di portare con sé i contenuti prescelti e al PVR Recording, per registrare e non perdere alcun programma”.

Il futuro delle trasmissioni consiste nell’esperienza televisiva individuale, che è data dall’insieme di contenuti personali, comunicazione e comunità correlati alle telecomunicazioni in banda larga.

 

Per quanto riguarda lo stato di sviluppo e il futuro dell’Alta Definizione, Marcello Berengo Gardin, Corporate Communication Manager Sky Italia, ha dichiarato che “Se all’inizio l’Alta Definizione ha riscontrato problemi legati alla grandezza e ai costi folli dei display dei televisori e alla larghezza di banda, oggi ci sono possibilità concrete di portare questa tecnologia nelle case degli utenti, come dimostrano BSkyB in Gran Bretagna, CanalPlus in Francia e Premiere in Germania”. 

 

I vantaggi per il consumatore finale della fruizione dell’Alta Definizione saranno display con dimensioni superiori (dai 32” ai 60” ed oltre) ma meno ingombranti (con uno spessore di soli 10-15 cm), una maggiore profondità di campo e un maggiore livello di dettaglio, una fedeltà cromatica superiore, un audio multicanale e una migliore qualità finale del prodotto televisivo, intesa soprattutto come migliore qualità dei contenuti per i quali varrà la pena di adottare l’alta definizione. I vantaggi per i Broadcaster, invece, saranno la fidelizzazione dell’abbonato, l’incremento dell’ARPU ed una maggiore penetrazione sui target più elevati.

 

Poiché non si può sacrificare un multiplex per la trasmissione di soli due canali in Alta Definizione, sono ancora allo studio e in fase evolutiva i sistemi di compressione finali: i momenti forti di sviluppo dell’Alta Definizione si avranno, tuttavia, già nel corso del 2006, grazie ai mondiali di calcio di giugno ed alla Champions League di settembre.

Sky è comunque già pronta ad offrire ai propri utenti l’Alta Definizione – ha concluso Gardin – sono già in corso le consegne dei decoder in comodato d’uso gratuito con il pagamento della sola quota di attivazione e del fee mensile di accesso ai servizi“.

 

Sempre in tema di Alta Definizione, Daniele Bianchini Responsabile Fastweb Labs, ha illustrato le strategie dell’azienda nella distribuzione dell’HDTV, che dopo l’attuale fase di sperimentazione verrà lanciata tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno.

 

La sessione pomeridiana, sul tema “Il digitale domani“, ha visto tra gli altri l’intervento di Giacomo Mazzone, direttore Audit strategico EBU (European Broadcasting Union), che ha esordito dichiarando che “la ricezione terrestre è in declino: attualmente in Europa solo il 38% delle famiglie riceve la Tv in analogica e l’Italia è il Paese più analogico con il primato del 90%. A giugno del 2005 la penetrazione del digitale in Italia era pari al 26,9% con 0 abbonati al cavo, 3318 al satellite, 2500 al terrestre e solo 221 all’IPTV”.

Da un Rapporto del Parlamento Europeo del 21 marzo 2006 è emerso che per superare il digital divide è necessario riformare le norme sul copyright, liberare le frequenze dando priorità all’HDTV, alla TV Mobile e alla banda larga, e soprattutto dare il via a una formazione sulla cultura digitale attraverso i media elettronici di servizio pubblico ed una grande attenzione al cittadino.

“Attualmente sono 5 i tipi di operatore che stanno sviluppando il servizio di HDTV in Europa: gli operatori di Pay Tv satellitare (Sky, CanalPlus e Premiere), gli operatori di Pay Tv via cavo, le televisioni commerciali (TF1 e Prosiebensat1), gli operatori extraeuropei (Dicovery, VOOM e MTV) e le emittenti di servizio pubblico (BBC). Per il 2006 sono stati annunciati o sono addirittura già in onda oltre 20 canali“.

 

A seguire è intervenuto Secondo Montrucchio, Responsabile Tv digitale Philips, che ha fatto un’analisi accurata del mercato domestico dei televisori e dei set-top-box come mercato orizzontale aperto. “Mentre nel mercato verticale esiste la possibilità di agire direttamente sulla sorgente, broadcaster e operatori, per creare un mercato sicuro dove il modello di business non può essere craccato e la major, quindi, si fida di esso e lavora sull’utente attraverso il set-top-box, il mercato orizzontale pay aperto riscontra grandi problemi a causa della mancanza di disponibilità delle major nel mettere a disposizione i contenuti“.

Per lo sviluppo di un mercato orizzontale aperto, dunque, è necessaria la presenza di standard aperti e di una common interface per il passaggio di tutte le applicazioni (non solo dei contenuti, dunque, ma anche dei servizi associati). Se la common interface è stata vista come aperta fino alla Direttiva del 1995, nel 2002 è stata invece data importanza ad altri aspetti di servizio che complementano l’audio-video, l’interoperabilità e l’interattività, rendendo così necessario un lavoro di fondo sui Set Top Box, bene durevole per circa due anni, o sui televisori integrati, bene durevole per almeno cinque anni.

Ci sono, quindi, degli impedimenti tecnologici di principio all’inserimento del pay in un mercato orizzontale aperto, ma anche delle grosse opportunità che possono essere sviluppate attraverso una comparazione col mercato dei set-top-box e con la transizione verso la televisione digitale integrata.

Vittoria Mignone di Rai CRIT (Centro Ricerca e Innovazione Tecnologica) a cui il moderatore Augusto Preta, di ITMedia Consulting, ha parlato degli sviluppi nel campo dei nuovi standard Radio e TV sia per la diffusione via satellite e la possibile integrazione dell’offerta radio con quella video sia nell’evoluzione del DVB-T (il cosiddetto DVB-T2 orientato all’HDTV, alla mobilità ecc. ) ha sottolineato l’impegno della Rai all’interno del consorzio DVB, consorzio che ha sviluppato tutti gli standard per la diffusione dei segnali radio e tv. Ha presentato gli aspetti su cui il consorzio DVB sta lavorando e tra questi la mobilità: si stanno compiendo infatti degli studi sulla diffusione ibrida satellite terrestre verso terminali mobili, si sta lavorando anche sullo standard di seconda generazione per il digitale terrestre 

 

Simone Cremonini, coordinatore progetto digitale terrestre Telecom Italia Media ha sottolineato come Telecom sia presente in tutte le piattaforme televisive digitali (DVBT, DVBS, DVBH, IPTV), “…abbiamo investito sia come produttore e distributore di contenuti. Ma dal nostro punto di vista la sfida è quella di cambiare mentalità: la macchina televisiva in Italia funziona come una catena di montaggio si va dal palinsesto all’inizio del programma poi la fine e i dati auditel. Le piattaforme su cui abbiamo investito comportano un cambio di mentalità perchè la nostra sfida con l’aumentare delle piattaforme è di continuare a offrire contenuti di qualità ai nostri clienti soddisfacendo i loro bisogni anche in contesti non lineari, ad esempio seguire una partita di calcio in un qualsiasi momento della giornata. Stiamo facendo grossi investimenti per cercare di portare attraverso queste piattaforma i contenuti ad un pubblico che non è più un pubblico di telespettatori ma di utenti“.

 

Fabrizio Meli, Direttore editoriale Tiscali Italia ha parlato delle strategie future della società nel campo della distribuzione TV sottolineando che attualmente Tiscali sta lavorando per capire quali contenuti offrire perché gli utenti italiani sono molto esigenti e con quali modalità perché gli standard a disposizione non garantiscono qualità elevate.

Il lavori della giornata sono stati chiusi da Piero De Chiara, presidente DGTV,: “Tra i convegni sulla televisione e ce ne sono tanti, questo riveste un carattere particolare perché riguarda gli aspetti tecnici, industriali dell’innovazione ed è questo un gruppo di persone che fa parte di una comunità importante soprattutto in un periodo come questo in cui il tema dell’innovazione è centrale“.

De Chiara, inoltre, ha nuovamente posto l’accento sulla necessità di una forte azione da parte delle Istituzioni italiane per arrivare allo switchoff a livello nazionale. Il governo italiano, inoltre, dovrà agire con la stessa uniformità di idee e di regola di condotta anche in occasione della prossima conferenza sulle radiofrequenze che si sta aprendo a Ginevra, dove per la prima volta il nostro Paese sarà chiamato a dichiarare il numero delle frequenze radiofoniche. “Il mio augurio – ha detto De Chiara – è che la delegazione italiana a Ginevra si presenti come un gruppo compatto che ha a cuore l’interesse nazionale”.

 

A conclusione della Giornata, Guido Vannucchi, presidente dell’AICT, ha sottolineato a Key4biz l’importanza di una giornata che “…fornisse un contributo tecnico, illustrando le problematiche che riguardano lo sviluppo della Tv e della radio, ma anche la possibilità di guardare a un futuro più lontano”.

“Questo spiega  – ha precisato Vannucchi – la divisone della giornata in due parti per approfondire la radiofonia digitale in Italia, servizi offerti e prospettive, la situazione attuale del DVB-T con un riferimento al DVB-H e la politica di distribuzione di HD (Alta Definizione) attraverso l’operatore che la comincerà per primo in Italia che è Sky. Senza dimenticare l’IPT che comincia a dare, a chi ci lavora, più soddisfazione del previsto perché sta procedendo a una velocità notevole”.

Nella seconda parte della giornata si è invece parlato di nuovi standard europei e internazionali per la trasmissione radioTv via satellite.

Grazie a Philips, ha aggiunto Vannucchi “…sono state illustrate le problematiche dei ricevitori domestici e infine offerta una visione più avveniristica, parlando dell’Alta definizione, e cercando di fornire risposte per quanto possibile dettagliate e precise agli interrogativi posti”.

Vannucchi è poi entrato nel merito di alcuni aspetti tecnici, evidenziando a Key4biz che “…c’è una reale preoccupazione relativa alla capacità dell’Italia di poter effettuare lo switchoff nel 2012 con il resto dell’Europa. Altro problema riguarda la gestione e l’assegnazione delle frequenze analogiche liberate”.

Il presidente di AICT ha poi fatto riferimento alla conferenza di Ginevra dell’ITU (International Telecommunication Union – ONU), in cui dal 14 maggio al 16 giugno si discuterà della revisione del Piano di Stoccolma del 1961 sulle frequenze in vista del passaggio al digitale.

Dal 1961, anno in cui in sede internazionale si è cominciato ad assegnare pacchetti di frequenze protette a ciascun Paese, i governi italiani non hanno mai comunicato all’ITU, competente per la distribuzione delle frequenze in modo che ciascun Paese possa disporne di un determinato pacchetto al riparo di interferenze, le variazioni che ci sono state in Italia.

Questo implica, ci ha detto Vannucchi concludendo, che in questo momento “all’estero e in particolare nella Conferenza regionale siano un po’ preoccupati di tutte le frequenze che l’Italia mette sul tavolo”.

 

Teresa Di Maio

Stefania Pagliara

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