Italia
Una notizia preoccupante per il futuro della Tv digitale terrestre (TDT) arriva da Claudio Petruccioli, presidente Rai, che ieri ha votato con il Cda una delibera per affrontare il tema della conferenza di Ginevra dell’ITU (International Telecommunication Union – ONU), in cui dal 14 maggio al 16 giugno si discuterà della revisione del Piano di Stoccolma del 1961 sulle frequenze in vista del passaggio al digitale.
“L’Italia potrebbe subire un forte ridimensionamento del proprio patrimonio di frequenze. Una prospettiva che di fatto impedirebbe il passaggio al digitale”. E’ quanto dichiarato da Claudio Petruccioli, intervenendo subito dopo il Cda alla presentazione del libro di Enrico Manca Frammenti di uno specchio. I media e le politiche della postmodernità.
Nel suo intervento il presidente ha spiegato come in vista del negoziato internazionale, l’Italia si trovi ad affrontare un grosso problema ereditato dal passato. E ha anche precisato come della questione sia stato investito il Segretario generale del Ministero delle Comunicazioni, che è l’organismo competente per il negoziato.
“Spero – ha detto il presidente della Rai – che il nuovo ministro possa superare queste difficoltà. Ma sarà difficile”.
Petruccioli ha quindi precisato che “dal 1961, anno in cui in sede internazionale si è cominciato ad assegnare pacchetti di frequenze protette a ciascun Paese, i governi italiani non hanno mai scritto” all’ITU, competente per la distribuzione delle frequenze in modo che ciascun Paese possa disporne di un determinato pacchetto al riparo di interferenze, “…per segnalare le variazioni che ci sono state in Italia”.
Quanto ai rischi sul passaggio al digitale terrestre, Petruccioli ha spiegato che “un patrimonio tecnico dimezzato non ci consentirebbe l’universalità del servizio che per noi è una condizione indispensabile”. Il presidente della Rai ha segnalato che per la Rai non è solo un problema di numero delle frequenze ma anche del tipo di frequenze. “Il problema più serio che abbiamo – ha spiegato – è quello che riguarda la ridefinizione dei canali in banda 3 (VHF), che se viene attuata, tanto per intendersi, ci crea problemi nella banda dove trasmette Rai1. Non è una questione solo di numeri, perché anche se le frequenze ci fossero ridate in altre collocazioni comunque questo sconvolgerebbe il nostro lavoro”.
Questo significa che “potrebbe capitare – ha aggiunto il presidente della Rai – che non solo l’Italia come Paese verrebbe ad avere un patrimonio meno consistente di frequenze, ma anche che la Rai potrebbe avere dimezzata la propria capacità. Il che impedirebbe di fatto il così detto switch-off dall’analogico al digitale perché il patrimonio di frequenze in nostro possesso non ci consentirebbe quell’universalità del servizio che per noi è condizione indispensabile”.
In conclusione Petruccioli ha detto di sperare che la nuova Autorità politica comprenda che deve giocare le proprie carte in modo deciso. L’allarme ha l’obiettivo di far capire “che i più convinti progetti sul digitale possono naufragare o diventare sogni per anni. Spero – ha detto ancora – che con l’impegno del nuovo ministro potremo superare queste difficoltà, ma non sarà facile”.
Ieri il Cda Rai ha adottato una delibera sulla base della relazione presentata dal consigliere Carlo Rognoni, che evidenzia questo importante aspetto della questione: in mancanza di un forte intervento da parte del Ministero delle Comunicazioni la Rai rischia di ritrovarsi in seria difficoltà nel passaggio al digitale terrestre.
In questa delibera, il Consiglio Rai sottolinea la necessità di una “pressante azione informativa sul Ministero delle Comunicazioni, affinché lo stesso si faccia promotore e sponsor della posizione Rai nell’ambito della conferenza, in un’ottica di ferma salvaguardia delle risorse Rai in quanto bene pubblico di tutto il Paese”.
In tale quadro, più in particolare, si richiede al ministero stesso di non avallare atti finali che comportino il depauperamento della risorsa-frequenza del servizio pubblico nazionale.
Inoltre il Consiglio Rai alla propria delegazione tecnica che sarà inviata a Ginevra, “ampio mandato e discrezionalità, nell’ambito degli obiettivi delineati dal consiglio. Qualora emergano criticità nel conseguimento degli obiettivi aziendali, deve comunque essere chiaramente rimarcata la posizione Rai in ogni forma e modalità praticabile (documenti, atti conclusivi, verbali delle commissioni…)”.
Il Cda chiede “l’applicazione di regole certe”. In primo luogo, pertanto, richiesta di convertire in digitale oltre a tutte le frequenze iscritte nel Registro Internazionale di Ginevra anche quelle notificate all’estero in base all’accordo di Stoccolma del 1961 (si tratta in totale di circa 7.800 frequenze/impianti di cui circa 5.700 della Rai).
Nell’ambito delle risorse frequenziali di cui sopra, rientrano i 1.100 impianti analogici più importanti (quelli che assicurano la ricezione dei tre principali canali Rai e al 90-95% della popolazione).
Quarto e fondamentale punto per il Cda “l’utilizzazione del contesto della conferenza per l’inizio di trattative bi-tralaterali con i Paesi confinanti al fine di limitare l’eventuale contenzioso successivo alla definitiva assegnazione delle frequenze”.