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Proprietà intellettuale nell’era digitale: a ottobre Conferenza internazionale a Shanghai

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I media giocano un importante ruolo per l’industria e  la società. Se da un lato produrre, gestire, distribuire e consumare contenuti determina l’esistenza di un consistente numero di industrie: broadcasting, la produzione di dispositivi per gli utenti finali, tecnologia dell’informazione e delle telecomunicazioni, giusto per citarne alcuni. Per un altro verso, la molteplicità delle fonti, canali di distribuzione e dispositivi di consumo, ha un profondo impatto sul modo di lavorare, divertirsi e comunicare.

 

La “Conferenza Europa-Cina sulla Proprietà Intellettuale per i Media Digitali” (Shanghai, 18-20 ottobre 2006) sarà un appuntamento internazionale di grande rilievo che consentirà di aprire un ampio dibattito sulla tutela della Proprietà Intellettuale (Intellectual Property – IP) nei tempi odierni, nell’era della convergenza.

L’incontro sarà occasione per scandagliare la materia da diversi punti di vista, analizzando anche altre sfaccettature, dalla cultura alla sociologia, agli aspetti normativi, economici e tecnologici. Con lo sguardo a due importanti player: l’Europa, un’avanzata realtà economica, e la Cina, Paese che si sta confrontando adesso con i diritti di proprietà intellettuale per i media digitali.

 

Leonardo Chiariglione, strategist di Digital Media Project, ha sottolineato a Key4biz l’importanza di questo appuntamento internazionale.

“I media digitali  – ha dichiarato Chiariglione – sono destinati a giocare un ruolo fondamentale nella società dell’informazione, forse ancor più importante di quello giocato dalla proprietà fisica nel mondo reale“.

 

Chiariglione ha ricordato che “il concetto di proprietà intellettuale dei contenuti c’è sempre stata, basti pensare a Marziale che si lamentava del plagiario che spacciava per sue le opere del poeta o a Torquato Tasso che propone al duca di Ferrara di multare chi copiava le sue opere e di spartirsi i proventi”.

Secondo lo Strategist di DMP, “il concetto di proprietà intellettuale data dall’Italia rinascimentale si è applicata a tutte le tecnologie che hanno permesso di creare, distribuire e consumare contenuti”.

 

“Con il digitale – ha sottolineato – le due forme di proprietà intellettuale tendono sempre di più a confluire ma le loro origini sono diverse. In particolare in Europa (e nel resto del mondo sviluppato) la proprietà intellettuale ha un significato, mentre in Cina rappresentante del mondo in via di sviluppo – la proprietà intellettuale è vissuta in modo molto diverso con oggettivi risvolti economici”.

 

La Cina sta investendo moltissimo nella creazione di proprietà intellettuale (brevetti) e anche nella creazione di standard alternativi a MPEG creando così la premesse per un domani più bilanciato – o forse sbilanciato in favore della Cina – per quel che riguarda i rispettivi pool di proprietà intellettuale.

Oggi  – ha sostenuto Chiariglione  – la gestione della proprietà intellettuale ‘numerica’ è diretta discendenza della gestione della proprietà ‘analogica’, portando a varie forme di distorsione o di mancato utilizzo dello sfruttamento dei beni intellettuali”. Da qui la necessità di nuove forme di tutela e garanzia.

 

La Proprietà Intellettuale riguarda tutti i diversi aspetti dei media: i contenuti di tutta la catena di valore, dalla creazione alla produzione, alla fornitura di servizi e anche al consumo. Stessa cosa per i dispositivi, quindi la ricerca, lo sviluppo tecnologico, la standardizzazione, la progettazione e produzione.

Da qui l’importanza di saper gestire correttamente i diritti di proprietà intellettuale.

 

Tuttavia, nell’età analogica il ruolo dell’IP sui contenuti media è stato modellato sulle tecnologie esistenti e sui modelli dei Paesi economicamente avanzati.

Per quanto riguarda i diversi dispositivi e i servizi, la gestione dei diritti di proprietà intellettuale ha coinvolto un numero relativamente piccolo di industrie con una lunga tradizione di innovazione, ma non ha riguardato tutti i possibili aspetti.

Molti tra gli aventi diritto considerano l’IP come un’entrata extra, rispetto a quelle legate alla produzione e ai servizi, anche perché l’incidenza dell’IP sul valore del prodotto o del servizio è piuttosto ridotta.

 

Oggi, che viviamo l’era digitale, possiamo sicuramente dire che il ruolo della proprietà intellettuale è profondamente mutato.

Le tecnologie digitali aumentano l’uso di contenuti media, ma al contempo rendono meno effettivi i mezzi tradizionali di protezione dei diritti di proprietà intellettuale.

 

Gli sforzi dell’industria devono mirare a risolvere la contraddizione generata dalle più recenti tecnologie media digitali che hanno sicuramente arricchito la tanto corteggiata user-experience – fornendo audio e video di alta qualità e trasferibili su supporti difficilmente deperibili e sviluppato in modo significativo il potenziale di distribuzione dei contenuti media sui network digitali.

Ma d’altro canto bisogna evidenziare che gli strumenti tradizionali per la gestione della catena di valore hanno perso il loro significato tradizionale e questo stato di cose ha creato diverse difficoltà ed è la causa principale dello scarso profitto di questo enorme potenziale.

 

Attualmente, sul fronte dei servizi e dei dispositivi, un ampio numero di industrie chiede l’applicazione dei diritti di proprietà intellettuale per le diverse tecnologie digitali, determinando un incremento dell’incidenza dell’IP sul valore totale dei servizi e dei dispositivi, mentre produttori e fornitori di contenuti e servizi, nonché miliardi di consumatori delle società economicamente meno avanzate si augurano di poter condividere i benefici dei media digitali. Diventa quindi sempre più ampia l’importanza che le industrie stanno dedicando alla proprietà intellettuale.

 

In un contesto in cui l’evoluzione dei media digitali richiede una maggiore attenzione per l’IP, è incredibile dover vedere ancora che la gestione di questi diritti e la loro tutela avviene ancora con mezzi e modi ormai superati e non conformi all’evoluzione dei tempi.

C’è spazio quindi per un dibattito aperto su come i diritti di proprietà intellettuale vengono applicati oggi nell’era digitale e sugli ormai oltrepassati modelli vigenti.

 

Il Convegno di Shanghai sarà occasione per analizzare questi diversi aspetti, ma per soffermarsi anche sulle nuove forme di distribuzione dei contenuti, sui software open source, creative commons, nuove tecnologie.

Grande spazio occuperà l’approfondimento delle tematiche che riguardano le piattaforme Digital Rights Management (DRM).

Un sistema DRM può essere descritto come un sistema di comunicazione “controllata” tra due o più entità. Data la particolarità della forma di comunicazione, però, l’implementazione di un sistema DRM può richiedere una vasta gamma di tecnologie e, se queste non possono “comunicare” tra loro, il sistema diventa allora un ostacolo per gli attori coinvolti nella catena di valore, in particolare per gli utenti finali.

 

Le tecnologie DRM sono state indicate da più parti come la migliore via d’uscita da questa impasse, per la loro capacità di combinare i vantaggi delle tecnologie digitali con la necessità di un “circolo virtuoso” che spinga i creatori di contenuti a continuare a lavorare, stimolati dai profitti generati, appunto, dai sistemi di gestione dei diritti digitali.

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