Stati Uniti
La carta stampata si piega alla popolarità dei blog con un accordo che sfuma ulteriormente i confini tra i cosiddetti ‘diari’ online e i mezzi di informazione tradizionali: negli Usa, infatti, è partito un nuovo servizio di collaborazione grazie al quale i maggiori quotidiani – dal Washington Post al San Francisco Chronicle – potranno utilizzare i commenti di 600 blogger.
BlogBurst – così si chiama il servizio di Pluck Corp. – include titoli e articoli a uso e consumo dei quotidiani, che potranno usarli sia nelle loro edizioni cartacee che online.
La blogosfera ha dunque finalmente vinto lo scetticismo dei giornalisti professionisti, che li hanno fin qui considerati semplicemente un capriccio di chi il giornalista avrebbe voluto farlo ma non ne aveva la stoffa.
Il cambio di fronte, comunque, arriva anche di fronte a dati che non possono lasciare dubbi e che dimostrano come siano cambiati non solo i modelli di fruizione dell’informazione ma anche i profili professionali del giornalismo: secondo Technorati vengono creati circa 70 mila blog al giorno (con 700 mila post quotidiani, pari a 29 mila aggiornamenti all’ora), mentre gli studi di Pew Internet indicano che circa l’11% degli Internauti (circa 50 milioni di persone) legge regolarmente i blog e che entro il 2010 tale cifra sarà raddoppiata.
I blog distribuiti da BlogBurst spaziano dalla tecnologia (Micro Persuasion) alle riflessioni familiari (Finslippy), fino all’universo dei teenager (Fashionista) e i quotidiani Usa li useranno per fornire ai lettori approfondimenti e commenti su argomenti comunque ‘leggeri’: dai viaggi al cibo, dalla tecnologia alle questioni femminili. Tutte aree, insomma, non sempre coperte da uno staff specializzato.
In cambio, un selezionato gruppo di blogger potrà godere di un’ampia distribuzione dei propri scritti, nonché della crescita delle entrate pubblicitarie che sicuramente raddoppieranno nel momento in cui i quotidiani inseriranno i link ai blog in questione nelle loro pagine.
Il Ceo del gruppo, Dave Panos, si dice convinto che da qui alla fine dell’anno saranno centinaia i quotidiani che accederanno a questi contenuti, la cui affidabilità e qualità è garantita da un apposito staff, per sciogliere ulteriormente la diffidenza dei giornalisti ‘puri’ che hanno spesso additato i blog come poco attendibili.
Come dire: meglio stringere un accordo col nemico, piuttosto che soccombere sotto la sua crescente popolarità.
Il primo a sancire la potenza del blog è stato Bill Gates, che lo ha definito il più rivoluzionario strumento di comunicazione degli ultimi anni, a cui fa seguito l’ingresso del termine, nel 2005, nel dizionario Merriam-Webster, secondo cui “blog” è stata una delle parole di cui si è chiesta più spesso la definizione.
Contrazione dei termini inglesi web e log, il blog fa la sua prima apparizione in Rete verso la metà degli anni ’90 e, col passare del tempo si trasforma da “sfizio” per ragazzini in nuovo, privilegiato canale di comunicazione per giornalisti, addetti ai lavori e uomini politici.
Il Merriam-Webster definisce i blog come siti Internet che ‘contegono una serie di opinioni personali, commenti e altri hyperlink di vario genere’.
Che si tratti di guerra, di elezioni, di ricette culinarie o di sport, i blog sono di fatto diventati sinonimo di informazione indipendente, lontana dagli schemi e dalle costrizioni dei media tradizionali, con i loro curatori spesso molto più attenti ai fatti dei giornalisti “tradizionali”.
Per citare qualche esempio, il direttore dell’informazione della CNN, Eason Jordan fu costretto a dare le dimissioni dopo che alcune sue dichiarazioni sulla morte di alcuni giornalisti in Iraq, che lasciavano intendere un coinvolgimento diretto delle truppe americane (e che erano state completamente ignorate dai giornalisti) sono state oggetto di attacchi e critiche martellanti su diversi blog (captainsquartersblog, easongate e nationalreviewonline).
Le dimissioni di Jordan arrivano dopo quelle di un veterano dei media americani, Dan Rather. Il giornalista della CBS è stato accusato da alcuni bloggers d’essersi servito di documenti falsi per rendere più credibile il suo reportage sui servizi militari di George W. Bush.
“Il confine tra i media tradizionali e il resto del mondo comincerà a dissolversi, ma non per l’ingresso dei blogger in questo mondo, bensì per l’esatto contrario: sono i media tradizionali a ricongiungersi con la gente”, ha dichiarato a Reuters Jeff Jarvis, ex critico media e ora autore di un blog.