ICT: l’Italia riguadagna posizioni nella classifica del WEF, ma sono ancora molti i punti deboli

di Alessandra Talarico |

Mondo


Global Information Technology Report

Non è certo un recupero da primato, ma è già qualcosa. L’Italia è infatti risalita di tre posizioni, dal 45° al 42° posto, nella graduatoria mondiale sulla penetrazione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, stilata come ogni anno dal World Economic Forum.

Il ‘Global Information Technology Report 2005-2006‘ del Wef, quest’anno ha preso in considerazione 115 economie a livello mondiale, valutandone il comportamento in tre macroaree: il contesto ICT macroeconomico, regolatorio e strutturale; il grado di prontezza degli individui, delle aziende e dei governi nel cogliere e sfruttare i vantaggi dell’Ict; l’utilizzo effettivo delle tecnologie.

 

Dopo lo scivolone che lo scorso anno l’aveva portata al 45° posto dal 28° del 2004, l‘Italia ha dunque invertito la tendenza negativa, ma resta comunque ancora distante da Paesi quali il Regno Unito (10), la Germania (17), la Francia (22) o la Spagna (31) e dietro a Paesi quali l’Estonia (23), il Cile (29), la Slovenia (35), la Tunisia (36), il Sudafrica (37) o l’India (40).

 

Il Bel Paese riesce a conquistare una posizione di primo piano nella solo su poche voci, a cominciare dalla telefonia cellulare su cui ci attestiamo al quarto posto a livello globale.

Bene anche il numero di linee telefoniche fisse, la percentuale di famiglie che dispongono di un computer collegato a internet e il numero di abbonati alla banda larga.

 

Secondo il Networked Readiness Index, l’Italia è inoltre migliorata nel segmento della ‘preparazione’, passando dal 53° al 38° posto con il miglioramento della pubblica amministrazione da 74 a 48 grazie all’accresciuta importanza dell’Ict nell’agenda politica nazionale, a fronte di una più contenuta discesa nella componente individui (da 17 a 24) e di un lieve miglioramento (da 48 a 46) da parte delle imprese.

Migliora anche lo scenario regolamentare, che passa da 61 a 46.

Un quadro in chiaro scuro invece per quanto riguarda la componente ‘contesto’, dove il punteggio dell’Italia è di 111 per il peso dei regolamenti e di 107 alla voce ‘tasse’. Il nostro Paese non eccelle per livello di collaborazione università-Imprese (66° posto) e per le spese delle Imprese in Ricerca e Sviluppo (70°), né per la qualità del sistema di educazione in generale (68°) e per la qualità della formazione per matematica e scienze (68°).

In discesa sono anche la qualità e la disponibilità delle infrastrutture (da 30 a 35).

 

Per quanto riguarda in generale il Rapporto, gli Stati Uniti si confermano al primo posto per la terza volta in cinque anni, mantenendo la leadership nell’area dell’innovazione e confermando la propria posizione di predominanza nell’ICT, grazie alla disponibilità delle infrastrutture, a un contesto ampiamente incoraggiante e agli alti livelli di utilizzo delle tecnologie da parte del governo e delle imprese.

Da sottolineare, negli Usa, l’importante ruolo assunto dal settore privato nel campo della ricerca e sviluppo e nella cooperazione col settore pubblico nell’innovazione e nel favorire la penetrazione dell’ICT. Non per niente, 17 dei 36 pionieri del World Economic Forum Technology Pioneers 2006 provengono dagli Stati Uniti.

 

Al secondo posto si piazza Singapore, favorita da un eccellente contesto regolatorio, altissimi livelli di preparazione e di utilizzo sia da parte del governo che delle imprese e un contesto macroeconomico caratterizzato da persistenti sforzi per il miglioramento dell’ambiente istituzionale.

 

I Paesi del nord Europa mantengono la loro posizione in vetta alla classifica, con Danimarca, Islanda, Finlandia e Svezia in terza, quarta, quinta e ottava posizione. I Paesi nordici – che si distinguono per la buona qualità dei sistemi di istruzione e per la trasparenza del contesto normativo – hanno registrato un consistente livello di penetrazione e non si sono mossi dai primi 10 posti della classifica negli ultimi 5 anni, grazie anche alla forte predisposizione ad adottare le ultime tecnologie da parte di governo, aziende e cittadini.

 

Anche la regione Asia Pacifico ha registrato ottimi piazzamenti, con Taiwan, Hong Kong, Corea, Australia e Giappone a occupare rispettivamente la settima, undicesima, quattordicesima, quindicesima e sedicesima rispettivamente.

L’India ha mantenuto sostanzialmente la stessa posizione dello scorso anno (al 40° posto), mentre la Cina è scivolata di 9 posizioni al 50°, con un conseguente ampliamento del divario di performance che la separa dall’India.

Nell’America latina le posizioni più elevate sono per Cile (29), Brasile (52) e Messico (55).

 

Tra i Paesi dell’est Europa, in testa troviamo l’Estonia, che si piazza al 23° posto, grazie all’eccellente framework regolatorio.

 

In Medio Oriente, Israele resta leader e si piazza al 19° posto globale, grazie alla qualità delle istituzioni di ricerca scientifica e la disponibilità di venture capital.

 

“Le tecnologie ICT rappresentano attualmente uno dei più importanti fattori trainanti dell’efficienza e della produttività nell’odierna economia globale in rapida evoluzione”, ha dichiarato Augusto Lopez-Claros, Direttore del Global Competitiveness Network presso il WEF e coredattore del Rapporto.

“Gli Stati Uniti sono stati per molti anni il centro nevralgico dell’ICT, riuscendo a sfruttare le tecnologie avanzate per migliorare l’efficienza dell’economia e accrescere gli standard di vita“, il tutto grazie alla buona gestione delle finanze pubbliche che consente ai governi di investire in istruzione e ICT, a quadri normativi favorevoli all’attività del settore privato, nonché agli elevati livelli di trasparenza e apertura all’interno delle amministrazioni pubbliche, che alimentano la fiducia degli investitori stranieri.

Un esempio, insomma, che l’Italia farebbe bene a seguire.

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