Unione Europea
Nessun Istituto Europeo di Tecnologia? Ieri i leader dei Paesi membri della Ue hanno scartato la possibilità di istituire un Massachusetts Institute of Technology (MIT) tutto europeo, preferendo soluzioni alternative per competere al meglio sul piano tecnologico.
Tutti d’accordo con l’idea di investire maggiormente sulle istituzioni esistenti per ridurre il divario digitale tra l’Unione europea e gli Stati Uniti, ma preferendo valutare altre vie.
Secondo quanto riportato da un portavoce dell’Austria, che in questo semestre presiede la Ue, si sarebbe trovato l’accordo sulla possibilità di stabilire una rete tra Paesi, volta a promuovere l’innovazione tecnologica, e non di un luogo fisico.
L’Europa non avrà, quindi, il proprio “Institute of Technology“, che doveva nascere con l’obiettivo di combattere la concorrenza degli Stati Uniti, Giappone e delle economie emergenti nella ricerca e innovazione, ma una rete di rapporti tra Stati che promuoveranno rapporti tesi a migliorare la concorrenza.
Nessuna gara, quindi, tra i Paesi europei per ospitare quell’Istituto che, secondo le speranze maturate in Europa, doveva diventare un rivale del Massachusetts Institute of Technology (MIT), università di fama mondiale degli Stati Uniti.
La spesa per la ricerca e lo sviluppo (R&S) della Ue ammontava nel 2004 all’1,9% del PIL complessivo di tutti i Paesi membri, mentre quella degli Stati Uniti era del 2,6% e quella del Giappone del 3,2 nel 2003.
Le economie emergenti, come la Cina e l’India, ricevono la maggior parte degli investimenti esteri in R&S degli Usa.
Naturalmente la decisione di rinunciare al progetto non ha trovato l’accordo di tutti. “In verità non crediamo all’idea di un college virtuale, preferiamo il progetto del campus“, ha detto, nel corso del Summit della Ue, Brian Cowen, Ministro delle Finanze irlandese.
“Riteniamo che gli altri Stati membri possano prendere esempio dall’approccio strategico dell’Irlanda in questo ambito. Vogliamo assistere prima a una riforma del sistema universitario europeo“, ha aggiunto Cowen.
Il progetto dell’Istituto tecnologico europeo è stato fortemente caldeggiato dal presidente della Commissione Ue, Jose Manuel Barroso, che sottolinea la necessità di risolvere un problema davvero urgente per il nostro deficit, soprattutto nei confronti degli Usa, nella scienza, nella ricerca e nell’innovazione. Altrimenti, la Ue rischia il sorpasso anche da parte di India e Cina
“Penso a un grande progetto per sviluppare l’ammiraglia europea della ricerca e della tecnologia“, ha spiegato Barroso in occasione della conferenza stampa di presentazione con il Commissario alla Formazione e la Cultura Jan Figel.
Ma si è preferito procedere diversamente. Nessun campus, nessun EIT (European Institute of Technology), ma una rete tra Stati membri volta a sostenere la ricerca, con un Consiglio direttivo coadiuvato nelle proprie funzioni da uno staff, che farà riferimento a centri di ricerca dislocati in tutti in Paesi membri.
I fondi arriverebbero dalla Ue, dai diversi Stati dell’Unione, e dalla comunità finanziaria. Per il Commissario Jan Figel proprio quest’ultimo elemento è cruciale, per via della debolezza europea, non essendoci grande coinvolgimento da parte della aziende. L’Europa non riesce a trasformare i risultati di R&S in opportunità commerciali, innovazione e lavoro.
In questo senso, sostiene Figel, l’EIT sosterebbe nuove opportunità per la “commercializzazione” della ricerca.
Ma i leader europei non hanno voluto cogliere le grosse possibilità che avrebbe offerto un simile Istituto, preferendo la via della prudenza, forse per evitare i contrasti che già si erano profilati tra i diversi Stati membri su dove sarebbe stata fissata la sede.
Secondo alcune indiscrezioni Austria, Francia e Polonia si erano già candidate per ospitare l’EIT e si temeva la diatriba tra gli Stati membri come ogni volta accade quando bisogna decidere dove costruire una nuova struttura Ue.
Non a caso allora Barroso aveva commentato: “Se iniziamo a discutere su dove collocare l’EIT, non ne avremo mai uno!”.