Italia
La digitalizzazione dei mezzi
Salvo rare eccezioni, come ad esempio negli Stati Uniti e nel Regno Unito, la radio è l’unico mezzo fruibile quasi esclusivamente in modo analogico. Oggi quasi il 100% dell’audience si realizza via delle strutture di diffusione analogiche (l’audience della radio via internet resta confidenziale).
Si tratta di un’eccezione perché a partire dalla seconda metà degli anni ’90, praticamente tutti i mezzi di comunicazione hanno iniziato la diffusione dei loro contenuti in modo digitale. La musica, la televisione a partire dal 1996 in Europa, e anche la stampa sono oramai disponibili via reti digitali.
La digitalizzazione ha facilitato l’accesso a contenuti più ricchi e sofisticati. Ha anche favorito l’interattività e agevolato l’accesso in ogni momento della giornata e in ogni luogo e ha conquistato consumatori che solitamente non fruivano questi mezzi.
Infine la digitalizzazione di questi mezzi ha permesso l’emergenza di nuovi modelli economici, più consoni ai messaggi distribuiti (pagamento al consumo o forfetario, pubblicità interattiva ecc.).
La digitalizzazione della radio
Se la radio non digitalizza nei prossimi anni la sua rete di diffusione rischia a medio termine una progressiva marginalizzazione.
Se i broadcaster non prendono loro stessi in mano questa evoluzione altri operatori lo faranno. Gli operatori di telecomunicazione stanno già muovendo i primi passi in questa direzione (vedi gli esempi di Vodafone e Orange).
La radio, che oggi si ascolta via un terminale chiaramente identificato (il ricevitore radio) rischia di diventare, a medio termine, una semplice funzione banalizzata fra altre in un ricevitore multi funzione.
L’esperienza inglese e americana dimostrano che uno dei requisiti indispensabili per la riuscita del digitale è la diffusione di un’offerta originale e abbondante e originale:
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nel Regno Unito il DAB è stato lanciato nel 1994. Fino a quando gli operatori (BBC e privati) si sono limitati a diffondere in digitale i soli programmi analogici, il numero di ricevitori venduti è rimasto confidenziale. A partire dal 2002 sono stati lanciati un numero importante di programmi accessibili solo in tecnologia digitale. A partire da quel momento il numero di ricevitori è notevolmente aumentato. Oggi, 12 anni dopo il lancio della digitalizzazione, più di 2 milioni di ricevitori DAB sono stati venduti. Si tratta comunque di un risultato abbastanza modesto: i limi e i costi eccessivi di questo standard, omologato 15 anni fa, penalizzano il processo in corso.
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Negli Stati Uniti XM Radio diffonde 180 programmi originali e Sirius 130. I due bouquet contano rispettivamente 6 e 3 milioni di abbonati (13 dollari al mese). Oggi il numero complessivo degli abbonati ai due bouquet rappresentano il 4% dell’audience totale della radio negli Stati Uniti e alla fine del 2006, con 15 milioni di abbonati, la penetrazione delle due offerte rappresenterà il 6,5% dell’audience totale a anni dalla creazione.
Quale soluzione per l’Italia e l’Europa?
Nuove tecnologie, capaci di diffondere una gran numero di radio utilizzando poca risorsa radioelettrica e immediatamente utilizzabili grazie alla loro conformità alla pianificazione delle bande di frequenze riservare alla radio (banda III e banda L) sono disponibili. Oltre al DMB altre norme più competitive come l’E-SDR detta anche DVB-H+, sono in fase di omologazione presso le istanze europee competenti (ETSI e DVB-Forum).
Queste tecnologie permettono la diffusione di un numero importante di radio, i programmi saranno arricchiti da una componente grafica e anche con immagini, la ricezione del segnale di grande qualità e privo di interferenze, sarà possibile in qualsiasi luogo. Da 4 anni gli americano hanno dimostrato che queste tecnologie permettono di realizzare la radio digitale del futuro.
Quando l’Italia, con i principali Paesi europei, si incamminerà in questa direzione?
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