Finlandia
Il rapidissimo sviluppo della telefonia mobile ha comportato, tra le molte altre conseguenze di carattere sociale, un notevole impulso agli studi sugli effetti biologici dei campi elettromagnetici e sui loro possibili rischi per la salute.
A ciò ha contribuito anche una certa pressione dell’opinione pubblica, in qualche modo preoccupata dagli eventuali rischi derivanti dall’esposizione alle radiazioni emesse sia dai telefoni mobili, sia dalle antenne fisse per il servizio (le cosiddette stazioni radio base).
Nessuno degli studi condotti finora, ha però fornito risposte chiare, esaurienti ed univoche riguardo i legami causa-effetto tra una prolungata esposizione ai raggi elettromagnetici del telefonino e l’insorgenza di determinate patologie.
Per tentare di fare maggiore chiarezza sull’argomento, la Radiation and Nuclear Safety Authority finlandese (STUK) ha avviato uno studio sugli effetti delle radiazioni sulle proteine umane con test diretti sulla pelle di 10 volontarie.
Lo studio si baserà sull’esposizione di un piccolo lembo di pelle alle radiazioni emesse nel corso di una telefonata di circa un’ora. Comparando il risultato ottenuto con un pezzetto di pelle prelevato prima dell’esposizione, il team di ricercatori spera di chiarire una volte per tutte il mistero.
“Gli effetti sulla salute dell’uso dei telefonini sono stati studiati in diverse parti del mondo, ma i risultati sono piuttosto contraddittori”, ha spiegato il professor Dariusz Leszczynski dello STUK.
“Non ci sono conferme sugli effetti a lungo termine dell’esposizione alle onde elettromagnetiche e non conosciamo neanche con esattezza i loro effetti sui bambini”, ha aggiunto Leszczynski.
Il punto, ha spiegato Leszczynski, sta nella differenza tra le cellule nel corpo umano e quelle usate nei laboratori.
“Vogliamo stabilire – ha concluso il ricercatore – se le radiazioni provocano mutamenti nelle cellule umane ma non in ambienti di laboratorio, per stabilire se l’esposizione può essere collegata a patologie quali il cancro al cervello “.
Un precedente studio condotto sempre dall’Autorità finlandese avrebbe provato che l’esposizione alle radiazioni del telefonino può provocare effetti temporanei sul corpo umano quali surriscaldamento e contrazione dei tessuti, mal di testa e nausea, ma nessuna prova è stata fornita circa effetti dannosi permanenti.
La ricerca – che ha analizzato il livello di radiazioni di 12 modelli dei più importanti produttori mondiali da Nokia a Motorola e Samsung ha dimostrato che il livello di radiazioni emesso (o tasso di assorbimento specifico – SAR) di tutti i telefonini presi in esame è al di sotto dei limiti fissati dall’Unione europea di 2 watts al chilogrammo.
E’ bene chiarire, infatti, che l’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici emessi dai terminali mobili è disciplinata da precise norme di riferimento a livello nazionale e internazionale.
“L’aspetto più incoraggiante è che il nostro studio e quelli condotti da altri soggetti sono tutti giunti alle stesse conclusioni – ha dichiarato Kari Jokela dello STUK – I livelli di radiazione degli apparecchi sono tutti al di sotto dei 2 watts per chilogrammo, è questo è molto importante”.
Per quanto riguarda i sistemi di radiocomunicazione, i livelli di massimo assorbimento di energia stabiliti dalle normative vigenti vengono espressi attraverso
Il valore è stabilito in funzione del fatto che la deposizione di energia nel tessuto non deve, in nessun caso, indurre un riscaldamento maggiore di
Finora, comunque, si è detto tutto e il contrario di tutto: di ricerche per definire la questione ne sono state fatte a bizzeffe ma finora è mancata la possibilità di riprodurre i risultati e far emergere un rapporto di causa-effetto preciso tra l’esposizione a campi elettromagnetici e l’insorgenza di patologie particolari.
Il punto è che non esiste una prova provata della pericolosità dei campi elettromagnetici a bassa frequenza, ma non esiste neppure una prova certa della loro innocuità.
Come dire, c’è il dubbio ma mancano le conferme.
Secondo i risultati di uno studio finanziato dall’unione europea, ad esempio, i campi elettromagnetici – come quelli di cellulari e linee elettriche ad alta tensione – hanno effetti tossici sotto il profilo genetico per le cellule umane in vitro.
La ricerca, condotta per 4 anni da 12 gruppi di ricerca in 7 Paesi europei, non prova che i telefonini sono rischiosi per la salute, ma conclude che c’è bisogno di maggiori ricerche per valutare se gli effetti “genotossici” identificati possono essere riscontrati anche fuori laboratorio.
Non si può concludere, dunque, che ci sia un legame di causa e effetto tra esposizione alle onde del telefonino e ripercussioni sul patrimonio genetico, ma gli autori dello studio osservano che “il progetto ha dato risultati inediti”, e che gli effetti tossici e negativi che sono stati identificati “richiedono ulteriori studi” che vanno estesi “a modelli animali appropriati e a volontari umani”.
Un attaccamento smodato al cellulare potrebbe, tuttavia, riservare brutte sorprese ai maschietti, dal momento che secondo una ricerca effettuata dall’Università ungherese di Szeged, il telefonino potrebbe ridurre del 30% la produzione di sperma, deteriorando al contempo sia la concentrazione che la mobilità degli spermatozoi.
L’equipe dell’Università ungherese ha analizzato il liquido seminale di 221 uomini nel corso di 13 mesi e ha intervistato i soggetti interessati sul loro uso del telefonino, trovando una correlazione tra l’uso “molto attivo” del cellulare e la riduzione della concentrazione e della qualità dello sperma.
I soggetti più a rischio sono gli uomini che portano il cellulare nell’apposita custodia attaccata alla cintura o nelle tasche dei pantaloni, anche se i ricercatori spiegano che questi segnali possono essere causati da un’ampia gamma di fattori, senza per questo escludere “qualcosa legata alle radiazioni emesse dagli apparecchi”.