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La Cina dichiara guerra all’Icann? Al via i domini in mandarino

Cina


La Cina potrebbe presto affrancarsi dall’Icann e dal sistema DNS, dopo aver creato una propria versione di tre domini top level (TLD) basata sui caratteri cinesi.

Il ministero dell’Informazione cinese infatti ha lanciato tre nuovi TLD – .cn, .com e .net – dando vita a speculazioni sulla possibilità che la Cina potrebbe completamente staccarsi dall’Icann e destabilizzare l’unità globale del DNS, cioè i 13 server root, situati negli Usa, in Europa e in Giappone, per mezzo dei quali i numeri univoci corrispondenti agli host che formano la rete vengono associati ai nomi dei siti, per evitare agli utenti di dover utilizzare questi numeri per effettuare la connessione.

 

Per il People’s Daily Online, giornale vicino al governo di Pechino, grazie alla creazione dei nuovi tld gli utenti cinesi “non dovranno più utilizzare i server gestiti dall’Icann”, l’organismo creato nel 1998 con l’incarico della gestione internazionale dei nomi di dominio e delle questioni tecniche legate al Web, sotto il controllo del ministero del Commercio americano.

L’Icann è stato al centro di forti polemiche lo scorso anno poiché molti Paesi mal sopportano il controllo su di esso esercitato dal governo Americano, che però l’ha spuntata riuscendo a mantenere lo status quo.

 

L’organizzazione, da canto suo, non ha commentato la notizia, limitandosi a dichiarare: “Intendiamo verificare  la situazione. C’è molta confusione sul perché la Cina abbia creato domini top level o di secondo livello, e le informazioni a nostra disposizione sono ambigue”.

 

Gli addetti ai lavori, però, si sono detti preoccupati per il fatto che l’operazione imbastita dalla Cina potrebbe sfociare in un frazionamento arbitrario di Internet, causato dalla gestione indipendente dei domini in questione.

 

“Questa divisione preoccupa sia l’Icann che le organizzazioni che curano la registrazione dei nomi di dominio, poiché potrebbe generare una confusione di ruoli”, ha spiegato Geir Rasmussen di Global Name Registry.

 

“Gli utenti potrebbero perdere fiducia nel sistema se si creassero versioni multiple dello stesso dominio. Sarebbe come assegnare a due persone lo stesso numero telefonico”, ha aggiunto Rasmussen.

 

“Il conflitto sull’Internet Governance non ha avuto implicazioni sull’unità del sistema, ma non possiamo meravigliarci se la rete comincia a frammentarsi perché alcune aree del mondo non si sentono incluse nell’amministrazione della rete”, ha aggiunto Rasmussen, sottolineando come fino a ora

 

Cosa si celi effettivamente dietro la mossa di Pechino è ancora difficile da comprendere, ma le sue possibili implicazioni sono sotto gli occhi di tutti anche alla luce dello stretto controllo esercitato dalle Autorità cinesi sulla Rete e i navigatori.

 

Il mercato Internet cinese è in pieno boom e offre prospettive di crescita immense: il governo, è cosa nota, utilizza sofisticatissimi sistemi di filtro e monitoraggio per impedire agli internauti di accedere a informazioni potenzialmente ‘sovversive’ e per identificare immediatamente chi tenta di farlo.

È naturale dunque pensare che il governo voglia assumere, dopo il pieno controllo, anche la gestione tecnica di Internet, bypassando di fatto la supervisione degli Stati Uniti.

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