Data retention: i ministri della Giustizia Ue raggiungono un accordo. Conservazione da 6 a 24 mesi

di Alessandra Talarico |

Europa


Conservazione dati

Saranno conservati per un periodo da  6 a 24 mesi i dati del traffico telefonico e delle comunicazioni via Internet.

I ministri della Giustizia Ue hanno infatti trovato un accordo definitivo sulla controversa questione del data retention, che dà alle autorità nazionali competenti la facoltà di avere accesso al traffico e ai dati telefonici e Internet di presunti criminali.

 

Legata solo a reati considerati ‘gravi’, la direttiva non riguarda i contenuti delle comunicazioni e prevede il diritto al risarcimento in caso di abusi per un trattamento illecito dei dati.

 

La decisione segue il compromesso preliminare raggiunto a dicembre, quando solo Irlanda e Slovacchia si erano opposte alla direttiva, concepita all’indomani degli attentati terroristici di Madrid e richiesta con forza dalla Gran Bretagna dopo quelli di Londra.

 

La direttiva ha l’obiettivo di armonizzare le disposizioni degli Stati membri relative agli obblighi, per i fornitori di servizi di comunicazione elettroniche e per i gestori di una rete pubblica di comunicazione, in materia di conservazione di determinati dati “da essi generati o trattati”, allo scopo di garantirne la disponibilità a fini di ricerca, accertamento e perseguimento di reati gravi, “quali definiti da ciascuno Stato membro nella propria legislazione nazionale”.

 

L’accesso ai dati sarà consentito solo alle autorità competenti determinate dagli stessi Stati membri, i quali dovranno garantire che i dati conservati “siano trasmessi solo in casi specifici e conformemente alle legislazioni nazionali” e che essi siano soggetti ad adeguate misure tecniche e organizzative intese a garantire che l’accesso sia effettuato soltanto da persone autorizzate. Il mancato rispetto di queste garanzie è punibile da sanzioni penali o amministrative che siano “efficaci, proporzionate e dissuasive”.

 

I dati che è possibile conservare non riguardano in alcun modo il contenuto delle comunicazioni. Infatti, gli Stati membri sono autorizzati a conservare esclusivamente quelli necessari per rintracciare ed identificare la fonte e la destinazione di una comunicazione, per determinare la data, l’ora, la durata e il tipo di comunicazione, per determinare le attrezzature di comunicazione degli utenti e l’ubicazione delle apparecchiature di comunicazione mobile. Ciò si applica alle comunicazioni effettuate con telefoni fissi e mobili ma anche a quelle via Internet (accesso, posta elettronica e telefonate), compresi i tentativi di comunicazione non riusciti.

 

Proprio quest’ultimo punto ha rappresentato un nodo difficile da sciogliere soprattutto per il caso Deutsche Telekom. L’operatore storico tedesco infatti, non fattura le chiamate senza risposta e quindi la Germania ha ottenuto di evitare lo stoccaggio anche di quei dati.

 

Ricordiamo che fu proprio da una telefonata senza risposta, che non riuscì ad attivare uno degli ordigni degli attentati terroristici di Madrid, che gli inquirenti riuscirono ad identificare alcuni dei responsabili delle stragi.

 

Il processo da seguire e le condizioni per potere accedere ai dati dovranno essere definiti da ogni Stato membro nella legislazione nazionale. Questo processo, inoltre, dovrà conformarsi alle esigenze di proporzionalità e “con riserva delle disposizioni in materia del diritto dell’Unione o del diritto pubblico internazionale, in particolare la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, secondo l’interpretazione della Corte europea dei diritti dell’uomo”.

 

Gli Stati membri dovranno attuare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva al più tardi entro 18 mesi dalla sua adozione, contro i 15 proposti dalla Commissione.

 

Quei paesi, come l’Italia, che già prevedono la conservazione dei dati per periodi più lunghi, possono ovviamente conservare il proprio sistema. I paesi come la Germania che invece non conservavano i dati dovranno attrezzarsi.

 

Per il vicepresidente della Commissione Ue, Franco Frattini, l’accordo rappresenta “una vittoria per la democrazia e per i cittadini europei”, nonché uno strumento organico per la lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata.

 

“E’ molto importante ed è un passo avanti ottenuto con una direttiva, che ha quindi l’appoggio non solo di Consiglio e Commissione ma anche del Parlamento europeo, che gli conferisce un valore aggiunto politico. In Italia – ha spiegato Frattini – esiste già una normativa che, per quanto riguarda i dati telefonici, è non soltanto compatibile ma in alcuni aspetti più avanzata perchè consente di custodire i dati per un periodo di tempo superiore. Per Internet anche l’Italia si deve attrezzare, ma il periodo di 18 mesi mi sembra più che sufficiente”.

 

L’accordo, che ha soppresso la proposta della Commissione che imponeva agli Stati membri di rimborsare ai fornitori di servizi di comunicazione i costi supplementari sostenuti per adempiere agli obblighi ad essi incombenti in  forza alla direttiva, ha comunque riscosso l’approvazione dei gestori telefonici.

 

“L’intesa – ha dichiarato Pietro Guindani, ad di Vodafone Italia e presidente di Asstelarmonizza tra i diversi Paesi le modalità e i tempi di conservazione e rappresenta un passo in avanti nella direzione della chiarezza e della trasparenza”.

 

L’auspicio – ha aggiunto Guindani – “è che questa direttiva possa divenire concreto riferimento nella definizione dei processi nazionali riguardanti le prestazioni richieste agli operatori di telecomunicazioni, in particolare in Italia dove si stanno definendo il repertorio delle prestazioni e il relativo canone”.

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