Italia
Approfitto con piacere della opportunità che Key4Biz mi ha concesso per svolgere alcune considerazioni che vorrei condividere con gli attenti lettori di questo portale che rappresenta per tutti noi l’agorà ideale di discussione sui temi professionali che ci stanno più a cuore.
Vorrei soprattutto provare a dire qualcosa di decisamente controcorrente rispetto al coro di quanti ogni giorno e con instancabile pervicacia esaltano le doti delle nuove tecnologie di telecomunicazione, attribuendo ad esse doti miracolose e talvolta miracolistiche.
Beninteso, è chiaro che una parte non insignificante dell’umanità ha certamente fatto un passo in avanti molto importante grazie a Internet e alle mille applicazioni della rete, tuttavia ritenere che il networking sia la panacea di ogni difficoltà e la risposta a tutte le esigenze è sicuramente illusorio.
Lo è in maniera particolare per il mondo del Cinema che rischia di finire stretto in un abbraccio mesenziano credendo invece di avere trovato il suo Salvatore.
E questo vale in particolare per il Cinema Italiano, debolissimo all’Estero e in forte competizione con il prodotto d’importazione, principalmente statunitense.
Dopo un incipit tanto esplicito vengo ad argomentare e giustificare queste tesi con alcuni dati ed esperienze di mercato pienamente verificabili.
Prima considerazione: se in Italia la Postal Market è fallita e negli Stati Uniti da sempre le vendite per corrispondenza sono un successo la colpa non può essere solo dei postini. La struttura sociale, urbanistica e relazionale del nostro Paese è certamente diversa da quella di molti altri Stati che spesso vengono presi pedissequamente a modello.
Seconda considerazione: i consumi culturali in Italia sono da 20 anni stabili quanto a percentuale di spesa delle famiglie. Nonostante siano sorte nuove forme di intrattenimento culturale siamo fermi ad una quota tra il 5 e il 6%, mentre altri comparti hanno registrato ragguardevoli cambiamenti, in discesa gli alimentari, in salita l’abbigliamento, l’elettronica, la cura personale. E’ tutto da dimostrare che la disponibilità online di film farà aumentare questa percentuale che non è cresciuta nonostante la nascita delle videocassette, del DVD, della televisione a pagamento analogica prima e digitale multicanale poi. Il risultato più facilmente ipotizzabile potrebbe consistere soltanto in una diversa ripartizione delle risorse tra i vari canali distributivi. Possono cambiare, insomma, i suonatori ma gli spartiti economici saranno assai probabilmente sempre gli stessi. E non è neanche sicuro che la deintermediazione possa realmente abbattere costi e prezzi.
Terza considerazione: la musica è la musica, il cinema è il cinema. Sono forme artistiche diverse in tutto, sia dal punto di vista culturale che sociale, sotto il profilo economico e anche imprenditoriale. Omologarli significa non conoscerli e – necessariamente – gestirli in maniera non appropriata deprimendo invece di incrementare i ritorni economici. Un film non si vede 50 volte in un anno come invece 50 volte si può ascoltare una canzone, ecco allora che anche tutti ragionamenti sui DRM meritano di essere riconsiderati in chiave audiovisiva.
Quarta considerazione: Mai fidarsi di un bacio a mezzanotte. Per le imprese di telecomunicazione il cinema rappresenta una percentuale minima (anche nei più visionari business plan). Massimo il 5% di fatturati che si compongono di costi di attivazione, di abbonamenti base e di servizi a valore aggiunto tra i quali il cinema si affianca alle barzellette, alle candid camera, ai video autoprodotti, alle news, ai gol delle partite di calcio, alle videochiamate. E’ chiaro che chi sposa un emiro con 100 concubine non può certo pretendere attenzioni, cure nei momenti difficili, e soprattutto affidabilità nel lungo periodo.
Quinta e ultima considerazione: sicuri che l’online aiuti il cinema italiano e in generale i produttori indipendenti ? E’ più logico immaginare, al contrario, che una brusca transizione verso forme di electronic delivery dei contenuti avrebbe certamente due ordini di risultati: primo penalizzare le opere minori che prive del volano costituito dalla distribuzione fisica dei supporti e dall’opera dei rappresentanti, dei venditori e dei commercianti finirebbero per essere ancor più marginali; secondo indebolire le imprese italiane che non avrebbero strumenti per competere con realtà favorite dalla forza del proprio mercato interno e da ingenti economie di scala.
Sono certo di trovare numerosi oppositori a queste tesi, attendo allora con curiosità ogni risposta volta a confutare punto per punto quanto esposto. Ringrazio Key4Biz per l’ospitalità e i lettori per l’attenzione.
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