La ricomposizione del sistema televisivo francese: un’alleanza offensiva per difendere la Pay TV satellitare

di di Vanna Araldi |

Francia


TDT in Francia

Aveva accettato la penitenza come viatico per  la resurrezione. Aveva sofferto la necessità di sottoporsi ad una seria cura dimagrante per scrollarsi di dosso il grasso indebitamento accumulato nell’era Messier.

A poco più di tre anni dall’inizio di un digiuno forzato, un rinnovato Gruppo CanalPlus ritrova il suo famelico appetito e, con l’energia propria di chi manifesta una fame gagliarda, riprende il gran daffare delle sue mandibole, affinché darci dentro a quattro ganasce testimoni, senza equivoci, il suo ritorno in salute.

 

Determinato ad estirpare dalla pancia del sistema audiovisivo nazionale il batterio di una letale eccezione francese — quella che seguitava ad alimentare, sul ristretto mercato esagonale, un’estenuante guerra fra due diversi operatori satellitari — il Gruppo leader della Pay TV d’Oltralpe, dopo tanti bisbigli, molti giammai, un’autentica quanto accattivante “danza del ventre”, riesce nell’intento di portare, al tavolo delle trattative, il suo diretto avversario: TPS.

Onde evitare che il PAF (Paysage Audiovisuel Français) — lacerato da un’esangue concorrenza — prenda piuttosto le sembianze di un “tavolo anatomico” sul quale vedere stesi, in tutta la loro nudità, gli attori attivi sul satellite, Vivendi Universal — casa madre di CanalPlusTF1 e M6 — azionisti di TPS — sottoscrivono un accordo industriale che, per snellire uno scenario minacciato, permette all’ex impero di Messier di fagocitare la controparte.

 

Dietro la cortina fumogena di un fragoroso big-bang catodico si intravede la fusione strategica — difensiva quanto offensiva — dei due bouquets rivali: CanalSat (appartenente al 66% a CanalPlus e, per il restante 34%, a Lagardère) e TPS (66% di TF1 e 34% di M6).

Dimostrando di saper cogliere la misura della deriva verso la quale stava virando la decennale concorrenza fra due operatori dalle finanze asfittiche, questi decidono di consacrare la fine delle ostilità e di celebrare l’inizio di una nuova alleanza con un matrimonio che dovrebbe dare loro la giusta dimensione per affrontare “l’altra” concorrenza, quella poco evitabile ed irresistibile generata dagli sviluppi della tecnologia digitale e che pare rivelarsi tutto fuorché una semplice grata di ferro da piegare a spintoni.

 

Per non seguitare a sputare con la cerbottana contro l’alterità di successo di innovative modalità di distribuzione dei contenuti audiovisivi e contro nuovi attori, dotati di una potenza di fuoco non indifferente, gli attori storici del mercato concludono una Yalta che blinda la Pay TV: entro il recinto sacrale della televisione francese, profanato dagli operatori di tlc e dai fornitori di accesso a Internet, l’obiettivo diventa quello di scambiare un’offerta frammentata e parziale con una competitiva e non priva di appeal.

 

A sconvolgere l’equilibrio del sistema televisivo francese e a servire come serve l’influenza per sviluppare gli anticorpi è la deflagrazione di quattro fenomeni che si rovesciano, con la violenza dei fatti metereologici, addosso ai vecchi baobab della Pay TV satellitare: per non resistere abbarbicati alle certezze che furono, CanalSat e TPS decidono di perpetuare la loro esistenza piegandosi come giunchi. La loro unione è il cardine del progetto di sopravvivenza; la costituzione di un nuovo insieme controllato da Vivendi il coronamento; il sacrificio delle rispettive specificità, il prezzo.

Se le possibilità assemblate dall’innovazione tecnologica non ne vogliono proprio sapere di dissolversi come razzi artificiali, esse non possono che determinare i due concorrenti di sempre a deporre la clava e a impugnare il fioretto.

 

La moltiplicazione delle piattaforme (Tv via ADSL, TDT, DVB-H); lo sviluppo dell’offerta gratuita; la trasformazione degli operatori di telefonia in triple players; un quadro regolamentare che concede una via di fuga dai rigidi obblighi circa il sostegno alla creazione audiovisiva ed il rispetto del pluralismo, solo ai ricchi operatori di telecomunicazione sono le ragioni sufficienti che costringono la Pay TV satellitare a cercare di tracciare una tendenza di maggior dinamismo nel settore.

Dietro una fusione che dovrà piacere alle Autorità di regolazione, tanto sul territorio nazionale, quanto a Bruxelles, si odono già le litanie delle majors del cinema americano e della Lega del calcio francese, nostalgici del pio passato in cui l’emergenza di un unico referente sul mercato, non avrebbe mai imposto di frenare gli ardori.

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