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Livedoor: un suicido getta nuove ombre sullo scandalo che ha paralizzato la Borsa di Tokio

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Lo scandalo Livedoor, che ha messo in subbuglio il mercato finanziario giapponese, secondo al mondo per importanza, ha provocato anche una vittima:  si è infatti tolto la vita Hideaki Noguchi, 38 anni, vicepresidente della banca d’affari in rete “HS“, sospettata di coinvolgimento nello scandalo finanziario della società guidata dal giovane magnate Takafumi Horie.

 

L’uomo d’affari, ha reso noto la polizia di Okinawa, è stato trovato in fin di vita nella sua camera d’albergo con le vene dei polsi tagliate. Il decesso è stato accertato poco dopo il ricovero in ospedale.

 

La sua società di consulenza aveva partecipato attivamente alle scalate avviate lo scorso anno da Livedoor, uno dei maggiori provider Internet giapponesi, ora sotto inchiesta per aggiotaggio e false comunicazioni societarie.

 

Lo scandalo finanziario, oltre a provocare per la prima volta nella storia la chiusura anticipata delle contrattazioni sulla Borsa di Tokyo ha avuto ripercussioni anche sui mercati occidentali, facendo tornare alla memoria le vicende Worldcom e Enron.

 

Livedoor – da sempre tacciata di utilizzare metodi finanziari ‘all’americana’ – è di fatto accusata di aver falsificato i bilanci del 2004 della propria filiale pubblicitaria, per tentare di manipolare l’andamento azionario.

Ne è conseguita un’ondata di vendite che ha rischiato di congestionare il sistema informatico, che può sopportare fino a 4 milioni e mezzo di transazioni.

 

L’ambizioso manager Horie – molto vicino al premier giapponese Koizumi – ha già fatto sapere di aver avviato un’indagine interna per chiarire l’accaduto, ma il suicidio del suo collaboratore non getta certo una buona luce sulla vicenda.

 

Il caso Livedoor tiene banco ormai da molti mesi: il giovane Horie, allergico alle convenzioni, era considerato fino a pochi giorni fa una sorta di eroe della new economy giapponese per aver osato sfidare l’establishment finanziario non tanto sul piano economico, quanto su quello delle ‘tradizioni’.

 

Definito “arrogante, avido e non-giapponese” dalla stampa conservatrice per le sue aggressive pratiche di business e i suoi attacchi “ai vecchi padroni”, Horie ha condotto la sua battaglia in nome di un progetto molto ambizioso: accelerare l’avvicinamento tra la televisione e Internet e creare un “nuovo modello economico che unisca media, web e finanza” mettendo il potere della Tv al servizio dell’espansione della Rete.

 

Mai indossata una cravatta e con un linguaggio decisamente fuori dagli schemi del “politically correct”, dal 2000 ad oggi, Takafumi Horie ha acquistato 20 società e lo scorso anno ha tentato l’assalto con un’offerta ostile su una filiale del primo gruppo televisivo del Paese, Fuji Television Network.

L’ultima impresa, anch’essa finita male, è stato il tentativo di entrare in politica, con l’appoggio del premier. Ma alle elezioni del 13 settembre Horie è stato sconfitto.

Secondo la legge giapponese, la manipolazione del corso di Borsa è un reato passibile di 5 anni di prigione e di 50 milioni di yen (360 mila euro) di multa.

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