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Mediaset: caso Hopa, conflitto di interesse e diritti Tv, Berlusconi incalzato dai media

Italia


Le società della famiglia Berlusconi escono da Hopa, la holding di Enrico Gnutti che riunisce gli azionisti più importanti della galassia bresciana, da mesi nell’occhio del ciclone per discusse operazioni finanziarie, sulle quali sta indagando la magistratura.

Una notizia che non lascia sorpresi, anzi, per molti era ormai questione di ore. Nel tardo pomeriggio di ieri, Fininvest e Mediaset hanno comunicato di aver portato a termine la cessione delle loro partecipazioni. Il divorzio porta nelle casse delle due società oltre 88,26 milioni di euro.

Mediaset ha spiegato in una nota che “come segnalato a partire dal 2002 nelle note di Bilancio di Gruppo”, la Holding Televisiva del Biscione “è in diritto di esercitare un’opzione di vendita della quota detenuta in Hopa. Tale diritto è inserito nei contratti d’acquisto stipulati con Fingruppo (controllante di Hopa) nel dicembre 2002″ . E dunque, con questa premessa, in prossimità della scadenza dell’opzione, fissata per la prossima settimana, Mediaset “ha deciso di avviare la procedura che porterà alla cessione a Fingruppo della propria partecipazione in Hopa del 2,73% per complessivi 45.766.000 euro”.

“La partecipazione – ricordano a Mediaset – era iscritta a bilancio per 96.454.000 euro e pertanto nell’esercizio Mediaset 2005 tale partecipazione verrà svalutata della differenza tra il valore di carico e quello di cessione, differenza pari a 50.688.000 euro. Tale svalutazione – sottolineano a Cologno Monzese – non avrà alcun effetto sul prossimo dividendo in quanto la chiusura dell’operazione Hopa non comporta alcun ulteriore esborso di cassa”.

 

Subito dopo anche Fininvest comunica la sua uscita da Hopa. La sua controllata Trefinance S.A. “ha deciso di esercitare l’opzione di vendita del 2,53% detenuto in Hopa a Fingruppo Holding, azionista di riferimento della finanziaria bresciana”.

La partecipazione complessiva del gruppo Fininvest in Hopa ammonta al 5,26% circa del capitale, includendo la quota del 2,73% in mano alla partecipata Mediaset.

 

L’operazione, come spiegano al quartier generale della Fininvest, permetterà a Trefinace di incassare 42,5 milioni di euro. Anche in questo caso – ricordano a Fininvest – l’opzione era prevista nell’accordo raggiunto nel dicembre 2002 da Fininvest attraverso Trefinance con Fingruppo. Accordo il cui obiettivo era quello di dare una allocazione strategica alla quota allora detenuta da Trefinance in Olivetti, pari allo 0,4% del capitale (e oggi pari allo 0,13% del capitale ordinario di Telecom Italia). In base alle intese, Trefinance cedeva a Holy, controllata Hopa, la partecipazione in Olivetti, per un valore unitario di 2,41 euro per azione e un corrispettivo totale di circa 89 milioni di euro. Per lo stesso corrispettivo, Trefinance acquisiva da Fingruppo una quota pari al 2,53% di Hopa. Come indicato nei bilanci di Trefinance nonché nel bilancio consolidato Fininvest, Trefinance poteva esercitare l’opzione di vendita a condizioni predeterminate ed esclusivamente in due periodi: entro il 17 gennaio 2006 oppure nel gennaio 2008. In prossimità  della prima scadenza, dunque, la società  ha deciso di esercitare questa opzione.

Secondo quanto stabilito dalle intese – sottolienano a Fininvest – Trefinance incasserà , detratti i dividendi percepiti, un importo pari a circa 42,5 milioni di euro. L’opzione è garantita da un pegno consistente in circa 17,5 milioni di azioni ordinarie Telecom Italia, pari allo 0,13% del capitale. La minusvalenza per Fininvest sarà di 46,5 milioni.

 

Si torna a parlare anche della vicenda del condono per il caso dei diritti televisivi di Mediaset. Dal salotto di Bruno Vespa il premier Silvio Berlusconi si è rivolto a Fausto Bertinotti, dicendo “Caro Bertinotti io sono stato povero e ho lavorato sempre tanto soprattutto ho l’orgoglio di non aver mai avuto un aiuto pubblico, e non ho mai licenziato nessuno. Io sono un contribuente eccezionale”. Berlusconi torna così a precisare di non aver mai approfittato di alcun beneficio fiscale particolare, bollando come “assolutamente infondate” le accuse della sinistra sulla vicenda del condono.

“Non c’è stato nessun condono tombale. Si tratta di vicende – precisa il premier – che riguardano soltanto 300 euro all’anno di cui non era assolutamente al corrente. Comunque, considerando che io pago milioni e milioni di tasse all’anno, 300 euro erano soltanto per evidenti fatti di forma”.

In particolare, il presidente del Consiglio ha assicurato di non aver usato il condono di 1.800 euro “né personalmente né è stato usato dalle mie aziende

 

A riguardo non si trova d’accordo Vincenzo Visco, della Direzione nazionale Ds, che ritiene che il presidente abbia utilizzato il condono varato dal suo governo “per impedire ogni accertamento fiscale a suo carico e ha potuto farlo grazie a una provvidenziale modifica del testo originario, che sembra fatta su misura per la situazione, introdotta pochi giorni dopo”.

Visco ha spiegato che nel testo originario del condono contenuto nella legge Finanziaria del dicembre 2002 si diceva che non potevano utilizzarlo i soggetti nei cui confronti fosse in corso un procedimento giudiziario per reati tributari. “Di conseguenza, l’iscrizione di Berlusconi nel registro degli indagati dell’inchiesta milanese lo avrebbe automaticamente escluso dalla possibilità di mettersi al riparo dagli accertamenti fiscali con la dichiarazione integrativa prevista dal condono”.

 

Da Vespa, il presidente Fausto Bertinotti parla anche di conflitto di interessi, sostenendo che debba essere “risolto alla radice”.

“Per me chi ha gigantesche proprietà non può fare politica mantenendo questa condizione”. Il leader di Rifondazione Comunista conclude così il ragionamento fatto con il presidente del Consiglio. Un’affermazione, questa, che ovviamente non è piaciuta a Berlusconi, il quale, rivolgendosi al leader di Rifondazione chiede: “Vuoi allora lasciare la riserva della politica ai fannulloni?“.

Dopo che Bertinotti ha detto di “rifiutare di essere considerato un fannullone”, Berlusconi ha voluto spiegare che “se lei porta alle conseguenze estreme questo principio vuol dire che vuole impedire a chi fa il professore di legiferare sulla scuola, a chi fa il medico sulla salute, e a chi l’avvocato fare una qualsiasi legge”. Pronta la risposta di Bertinotti che, prima di uno stacco pubblicitario, ha replicato: “Penso che ci sia una certa differenza tra chi fa il professore e chi invece possiede Mediaset o la Fiat”.

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