Mondo
Dopo i blog, sorta di diari personali sul Web, e il podcasting, messaggi audio da scaricare sui lettori digitali, il nuovo trend della comunicazione via Internet su è il vlog, un nuovo mezzo di comunicazione che mescola l’immagine e il suono.
Il termine nasce appunto dalla contrazione di video e blog e indica una forma di comunicazione fatta di piccole sequenze filmate, spesso ottenute con mezzi amatoriali e tecnologie a buon mercato, che ritraggono scene di vita quotidiana nei sobborghi indiani come nella splendente Manhattan.
L’ambizione di vlog, blog, podcasting e quant’altro è di permettere a chi lo vuole, di liberarsi dell’informazione un po’ tutta uguale trasmessa dai grandi media, offrendo commenti personali sull’attualità, la vita, la quotidianità. Non per niente, i blogger prima e ora i vlogger si autodefiniscono ‘giornalisti-cittadini’.
“La gente vuole cose autentiche, è stanca delle cose sempre più sofisticate, vuole roba concreta, vita quotidiana”, ha spiegato Amanda Congdon, autrice e presentatrice di Rocketboom, uno dei vlog più in voga a New York.
Rocketboom è il perfetto esempio di questa nuova moda, trattando argomenti molto sui generis, a volte con insolenza, ma sempre con molta ironia.
Nato nel 2004, il sito ha registrato fino a 100 mila download al giorno.
Il fiorire dei vlog è permesso innanzitutto dalla recente ‘democratizzazione’ delle videocamere, dalla moltiplicazione dei software e dalla rapidità delle connessioni Web.
“A volte la gente dice che il vlog è noioso perché non è come un tradizionale programma Tv, ma questo non è neanche il loro scopo. L’obbiettivo è infatti quello di catturare dei momenti passeggeri della vita quotidiana”, ha spiegato Steve Garfield, autore del vlog The Carol and Steve show.
Una moda, dunque, ancora agli albori, ma che già lascia intravedere quello che potrebbe essere l’avvenire del paesaggio audiovisivo, con una scelta virtualmente illimitata di programmi e punti di vista.
I grandi gruppi di comunicazione questo l’anno già intuito e hanno cominciato a trasmettere, in parallelo ai loro programmi classici, dei messaggi audio e video da scaricare.
A dopare la cultura del vlogging, così come è stato per il podcasting, il nuovo iPod video, l’ultimo gioiellino di casa Apple, che rende molto più semplice il download di video sui piccoli schermi dei lettori digitali.
Il vero momento di gloria dei vlog, spiega Lee Rainie – dell’istituto di ricerca Pew – si è avuto con la copertura mediatica dello tsunami e dell’uragano Katrina, quando i grandi gruppi televisivi hanno cominciato a trasmettere le immagini che circolavano sul Web, riprese da videoamatori presenti sul posto.
Ovviamente, la presenza e la forza dei vlogger non si limita alle catastrofi naturali, ma fa leva anche sulla forza d’immaginazione degli autori, come quello che ha filmato il traffico del canale di Panama per una settimana e poi l’ha trasmessa velocizzata su Internet.
La riuscita di un vlog non implica pesanti disponibilità finanziarie. Un’attrezzatura basic è sufficiente perché il prodotto sia visionato nel mondo intero.
“I costi sono molto bassi, Rocketboom ha bisogno di introiti pubblicitari, ma non ha bisogno di molto per essere profittevole”, ha spiegato Jeff Jarvis, un osservatore media per il sito BuzzMachine.com.
Lo scetticismo è al momento l’atteggiamento che più di ogni altro circonda questi nuovi media: sono in molti, infatti, a pensare che tutto resterà nella sfera del divertimento e che blog, vlog e via dicendo non avranno mai peso, mezzi e capacità d’analisi tali da competere con i media classici.
E’ a questo punto che i patiti del genere replicano che è proprio questa la loro forza.
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