Irlanda
L’Irlanda porterà la direttiva Ue sulla conservazione dei dati tlc davanti alla Corte di Giustizia europea.
Appena adottata dal Parlamento europeo con 387 voti a favore e 204 contrari, la controversa direttiva sulla data retention, dà alle autorità nazionali competenti la facoltà di avere accesso al traffico e ai dati telefonici e Internet di presunti criminali.
Legata solo a reati considerati ‘gravi’, la direttiva non riguarda i contenuti delle comunicazioni e prevede il diritto al risarcimento in caso di abusi per un trattamento illecito dei dati.
Subito dopo il voto, un portavoce del ministero della giustizia irlandese ha riferito che il ministro Michael McDowell ritiene che la direttiva non rientri nel cosiddetto ‘primo pilastro‘ della Ue che, di fatto, non regola le questioni legate alla politica estera, alla sicurezza comune e alla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, le quali rientrano nel ‘terzo pilastro’, che richiede il consenso unanime degli Stati membri e nell’ambito del quale il Parlamento può solo esprimere un’opinione.
Per questo motivo, l’Irlanda manterrà il suo veto e ricorrerà in appello alla Corte di giustizia europea.
“Il consiglio – i ministri degli Stati membri – hanno agito come se si trattasse di una decisione regolamentata nel primo pilastro, concludendo un accordo informale di modo che i due maggiori gruppi in parlamento non presentassero emendamenti alla decisione del consiglio”, ha dichiarato l’europerlamentare dei Verdi Carl Schlyter, aggiungendo che i cittadini “hanno il diritto di sapere chi si occupa della legislazione”.
Le posizioni di Irlanda e Slovacchia hanno ricevuto un inaspettato supporto all’interno del Parlamento – in genere più propenso a chiedere una maggiore, non una minore, influenza nel processo decisionale della Ue – con i Verdi im prima linea a sostenere che la decisione sarebbe un ‘falso’ primo pilastro in ogni caso.
“Il consiglio – i ministri degli Stati membri – hanno agito come se si trattasse di una decisione regolamentata nel primo pilastro, concludendo un accordo informale di modo che i due maggiori gruppi in parlamento non presentassero emendamenti alla decisione del consiglio”, ha dichiarato l’europerlamentare dei Verdi Carl Schlyter, aggiungendo che i cittadini “hanno il diritto di sapere chi si occupa della legislazione”.
“Votando come abbiamo fatto oggi – ha invece dichiarato il liberal-democratico tedesco Alexander Alvaro – abbiamo creato un precedente in base al quale il Consiglio dice ‘saltate!’ e il Parlamento risponde: ‘quanto in alto’?”, sollevando anche il dubbio che la direttiva possa non essere in linea con la costituzione tedesca.
Altri parlamentari sostengono invece che la direttiva possa essere in contrasto con la Convenzione europea sui Diritti Umani, che definisce la protezione della privacy e afferma che i dati non dovrebbero essere conservati “più del tempo necessario”.
L’unico modo per uscire dall’empasse sarebbe dunque di portare la questione davanti alla Corte dei diritti umani a Strasburgo.
Il portavoce del Consiglio d’Europa, composto dai 46 Ministri degli esteri o dai loro rappresentanti permanenti a Strasburgo, ha però ricordato che solo le eventuali vittime di questa direttiva potranno portare il caso in Consiglio e non un gruppo politico o un’organizzazione che si batte contro la decisione politica.
Secondo la direttiva, sono soggette a conservazione soltanto le informazioni necessarie per rintracciare ed identificare la fonte e la destinazione di una comunicazione, per determinarne la data, l’ora e la durata, per determinare il tipo di comunicazione, le apparecchiature e l’ubicazione delle attrezzature di comunicazione degli utenti.
Ciò si applica alle comunicazioni effettuate con telefoni fissi e mobili ma anche a quelle via Internet (accesso, posta elettronica e telefonate), compresi i tentativi di comunicazione non riusciti.
La direttiva ha suscitato le critiche dei Verdi e i Liberali, che hanno giudicato troppo restrittiva della libertà individuale la proposta di direttiva emersa dal compromesso, e hanno quindi votato contro l’intero pacchetto. Sotto accusa, tra le altre cose, proprio la decisione di includere le telefonate perse tra quelle che sarà possibile acquisire e tenere sotto controllo.
“Il Parlamento europeo si è svenduto – ha commentato Alexander Alvaro, che aveva presentato una serie di emendamenti respinti nel voto – così abbiamo dato gli strumenti alle procure per fare ciò che vogliono”.
Mentre per Umberto Guidoni, europarlamentare Pdci, “…la direttiva approvata non solo è intrusiva per le libertà civili delle persone, ma difficilmente riuscirà nel perseguire la lotta al crimine in modo efficace. Inoltre, la definizione estremamente vaga di ‘autorità’ nazionali competenti atte alla conservazione dei dati, non esclude l’uso degli stessi da parte dei servizi segreti”.
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