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I giganti dell’hi-tech investiranno miliardi di dollari in India, creando migliaia di nuovi posti di lavoro nel Paese, notoriamente considerato una riserva di manodopera specializzata a buon mercato.
Attirati dai bassi costi del lavoro – un ingegnere indiano costa circa il 40% in meno di un collega occidentale – big del calibro di Intel, Microsoft, Cisco Systems, Inc., Samsung e AMD hanno appena annunciato investimenti che superano in totale i 5 miliardi di dollari. e che fanno dell’India la nuova Mecca degli investimenti hi-tech.
E così, la sudcoreana Samsung ha appena annunciato che investirà 15 milioni di dollari in un centro di produzione di cellulari a Gurgaon, vicino Nuova Dehli, dove già molte aziende occidentali hanno concentrato le loro operazioni.
Il centro, come ha riferito il direttore telecom di Samsung India, HC Ryu, “…aiuterà la compagnia a rispondere più velocemente alle esigenze del mercato indiano”, uno dei più promettenti in termini di crescita.
Il Paese conta circa 67 milioni di utenti mobili, che dovrebbero diventare 300 milioni nei prossimi tre anni. Naturale quindi, che i grandi nomi della telefonia mobile e dell’hi-tech siano tutti in prima linea a costruire divisioni in India: da Motorola, che ha iniziato ad assemblare telefonini in India, a Nokia che pensa di aprire una fabbrica a Tamil Nadu il prossimo anno.
Lo stabilimento Samsung sarà operativo dal primo trimestre del prossimo anno, e avrà inizialmente una capacità di 1 milione di unità, per giungere a produrre 20 milioni di telefonini entro il 2010.
Samsung non è che l’ultimo big in ordine di tempo a puntare sulle enormi potenzialità dell’India: mercoledì scorso, il fondatore di Microsoft, Bill Gates, ha annunciato investimenti per 1,7 miliardi di dollari, che dovrebbero consentire la creazione di 3 mila nuovi posti di lavoro in 4 anni. Il gigante dei software dà lavoro già a circa 4 mila professionisti indiani.
“Dipendiamo dall’India per la manodopera ed è per questo che estenderemo le nostre operazioni appena possibile. L’India dispone di una immensa risorsa di professionisti del software”, ha spiegato Gates.
Allo stesso modo, anche Intel dovrebbe a breve investire un miliardo di dollari in India, in nuovo centro di ricerca e sviluppo a Bangalore, la capitale tecnologica del Paese.
A ottobre, Cisco, numero uno mondiale per le infrastrutture di rete, ha annunciato di voler spendere un miliardo di dollari per alcune start up indiane, mentre AMD ha rivelato di voler vendere in India dei Pc al prezzo di un telefonino, con investimenti iniziali per almeno 5 milioni di dollari.
I produttori di telefonini e di apparecchiature hi-tech hanno per anni preferito la Cina per le operazioni low cost, poiché l’India era considerata carente in infrastrutture e dotata di stabilimenti industriali non adeguati agli standard internazionali.
Le esportazioni dell’India rappresentano appena lo 0,8% a livello mondiale, contro il 6,4% della Cina.
Il trend, tuttavia, è cambiato e i grandi nomi dell’industria hi-tech cercano ora di avvantaggiarsi non soltanto della manodopera a buon mercato, ma anche delle enormi potenzialità di un mercato in pieno boom.
La classe media indiana (circa 300 milioni di persone) continua a crescere e ad arricchirsi e la crescita del Paese è considerata la più forte al mondo dopo quella della Cina.
“La strategia di compagnie come Microsoft è di avere accesso a un enorme mercato, producendo e vendendo software a basso prezzo e rinforzando le loro capacità di ricerca, grazie ai talenti a buon mercato di cui l’India è ben disponibile”, ha riferito l’analista del centro ricerche ICRA, Anupama Arora.
I produttori di microprocessori, Intel e AMD, puntano ai Pc a basso costo per gli abitanti delle zone rurali.
“Accresceremo le nostre attività locali, daremo impulso all’investimento del capitale di rischio e lavoreremo a stretto contatto col governo, l’industria e il sistema scolastico per aumentare l’impatto delle tecnologie Ict nel Paese”, ha dichiarato il presidente di Intel, Craig Barrett.
Il tasso di penetrazione dei computer, in India, resta molto basso – circa 15 milioni di Pc – poiché il loro costo è ancora proibitivo per la maggioranza della popolazione. Nel corso dell’ultimo anno fiscale, tuttavia, le vendite sono cresciute del 20%, mentre nel corso dell’ultimo decennio, il settore informatico è cresciuto annualmente a una media del 40%.