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I telefonini provocano allucinazioni e stress da astinenza al pari delle sostanze stupefacenti? Potrebbe sembrare un’esagerazione ma, come spesso accade, la realtà supera la fantasia.
La conferma arriva dalla Corea del Sud, dove molti ragazzi potrebbero essere addirittura definiti ‘dipendenti’, ossessionati a tal punto dal cellulare da sentirlo squillare anche quando tutto tace.
In base a un’indagine svolta su 1.100 utenti mobili di età compresa tra i 14 e i 19 dalla Far East University per conto del ministero delle Comunicazioni, il 40% dei ragazzi invia oltre 1.000 messaggi al mese e una simile percentuale ha ammesso di inviare e ricevere messaggi o giochi durante le lezioni.
Secondo la ricerca, inoltre, un quinto dei ragazzi rifiuta di separarsi dal telefonino anche mentre fa il bagno.
Il comportamento ‘dipendente’ include sentimenti di insicurezza e irritazione quando non si può usare il telefonino e l’impulso a tenere accesso l’apparecchio anche quando non si potrebbe, come al cinema o a scuola.
Simili atteggiamenti sono più comuni nelle donne che negli uomini.
A causare perplessità sono anche i videogame, utilizzati dal 40% dei coreani. Secondo quanto riferito a un giornale locale da un ragazzo di 22 anni, è abitudine comune giocare al telefonino per 3, anche 4 ore al giorno, a prescindere se ci si trova a scuola o in ufficio o in pausa pranzo. C’è anche chi ha un cellulare per ricevere chiamate e un altro solo per giocare.
Un terzo degli intervistati ha riferito di aver avuto allucinazioni uditive, ossia di aver sentito squillare il cellulare pur sapendo di aver inserito la vibrazione.
Per i teenager di tutto il mondo, possedere un telefonino è un requisito essenziale per avere una vita sociale accettabile.
I giovani sud coreani sono però tra i più patiti per i telefonini: circa l’80% dei 48 milioni di abitanti ne possiede uno, per un fatturato che si avvicina ai 18 miliardi di dollari l’anno.
Ogni mese si aggiungono circa 150 mila nuovi utenti mobili e il mercato dei più giovani è vicino alla saturazione. Per questo, gli operatori cercano di allettare i clienti con giochi e messaggi a prezzi scontati e altri servizi, cercando, insomma, di aumentare le entrate incoraggiando a usare di più il telefonino.
La questione della dipendenza dalle nuove tecnologia è emersa già da parecchio tempo, ma finora era circoscritta a Internet, non ai telefonini.
Già due anni fa, Serge Tisseront, noto studioso della relazione tra i giovani e i media, ha esteso la propria ricerca anche al Web, e a come le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione siano in grado di modificare il carattere dei giovani e il loro modo di relazionarsi.
La cosa più preoccupante, secondo il suo parere, è l’incoraggiamento che i giovani trovano da Internet a celare la propria identità per entrare in rapporto con i propri coetanei.
Fino a oggi, aggiunge l’esperto, “i ragazzi conoscevano gli altri a viso scoperto”. Oggi lo fanno attraverso le chat, i forum, i giochi online. Questo gli permette di celare il proprio status sociale, le reali intenzioni, ma anche l’età, il sesso, il colore della pelle, e quant’altro ancora.
Questo spiega, in gran parte, l’entusiasmo straordinario dei giovani per il Web.
Ma, avverte Tisseront, queste tecnologie modificano la maniera di percepire gli altri e se stessi.
Valutazioni che valgono anche per i telefonini che, più che essere un sostegno per affrontare le difficoltà insite nel confronto con gli altri, sono diventati per i più giovani uno strumento per gestire abitualmente le relazioni, tanto che la comunicazione telefonica è diventata un sostituto della comunicazione reale.
I rischi dell’abuso di queste funzioni sono maggiori nei ragazzi, in quanto l’età evolutiva è il momento dell’apprendimento delle modalità di contatto sociale reale e delle capacità di controllo degli impulsi e delle emozioni.
Esiste quindi, spiega la dott.ssa Monica Monaco, il rischio che “la facilità a prendere le distanze, quanto quella ad avvicinarsi, acceleri eccessivamente alcuni processi di distacco emotivo che prima avevano tempi più “umani” rispetto a quelli tecnologici offerti dal telefono mobile, nel corso dei quali gli irrinunciabili scambi faccia-a-faccia potevano portare a riflessioni importanti, oggi talvolta impossibili”.
Il cellulare assume quindi la valenza di “antidepressivo o ansiolitico multimediale” poiché rappresenta un mezzo per gestire la solitudine e l’isolamento nei confronti del quale diviene ben presto facile diventare dipendenti.
“Da ciò nasce conseguentemente un estremo investimento affettivo del telefonino che può trasformarlo in una specie di oggetto-feticcio ed il suo possesso può essere ribaltato verso la dimensione dell'”essere posseduti”, in cui spegnere il cellulare diventa quasi come diventare trasparenti e incapaci di entrare in altro modo in relazione”, aggiunge la Monaco.
La comunicazione attraverso il telefonino, insomma, finisce spesso per diventare mezzo di relazione con gli altri ma la sua costante possibilità di contatto finisce per inibire la capacità di gestire “…il rinvio della soddisfazione dei bisogni che si concretizza nell’attesa e la conseguente creatività in quest’attesa si sviluppa”.
Il pensiero, così, lascia sempre più spazio all’azione, rendendoci incapaci di sopportare la lontananza e il distacco, perdendo di vista la loro ‘funzione’ di spazi che è possibile colmare coltivando quelle importanti dimensioni psicologiche rappresentate dalla fantasia e dalle immagini interiori.