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“Del problema canone non ne voglio più parlare, la Rai ha detto quello che andava espresso, il ministro ha detto no all’aumento e dunque si giudicherà poi dai fatti che ne deriveranno”. Così Claudio Petruccioli, presidente Rai, a proposito del no del Ministro delle Comunicazioni Mario Landolfi alla richiesta di elevare il canone radiotelevisivo.
Petruccioli ha chiuso l’argomento con una affermazione che non lascia dubbi: “E’ sempre meglio avere più soldi rispetto a meno soldi, è evidente che gli investimenti Rai risentiranno di questa decisione di Landolfi”.
Proprio ieri, in merito all’ipotesi di un ricorso al Tar, Petruccioli ha detto di preferire al percorso giudiziario una soluzione alternativa e di lasciar stare, quindi, i Tribunali, spiegando che “ci sono misure alternative all’aumento del canone che sono anche già state considerate dal Cda, come le agevolazioni fiscali”.
Il Ministro è stato molto chiaro riguardo all’aumento del canone che aveva richiesto il presidente Rai. L’importo non subirà alcun aumento per il 2006, ha spiegato Landolfi, “…perché ritengo che la Rai abbia tutte le risorse necessarie per affrontare le sfide future e presenti”. La decisione di non aumentare il canone, ha proseguito il ministro, viene dal fatto che al bilancio infrannuale del 30 giugno 2005 la Rai ha registrato “un attivo di 97 milioni di euro” ed è “un’azienda che sta bene”.
Intanto ieri il direttore generale, Alfredo Meocci, ha sottolineato che la Rai continua ad essere la Tv più seguita dagli italiani, dopo un’analisi sui dati d’ascolto d’autunno. Il Dg ha evidenziato che nemmeno la perdita dei diritti sul calcio è riuscita a scalfire la leadership della principale azienda d’informazione, cultura e intrattenimento italiana. Nel periodo di garanzia autunnale, la Rai fa sapere di aver staccato Mediaset con valori molto superiori al 5% sia nelle 24 ore che nella prima serata.
Come si legge in una nota aziendale, è questo il responso che viene dall’analisi comparata dei dati al termine del periodo di garanzia autunnale 2005, iniziato il 18 settembre e conclusosi il 3 dicembre. Si tratta di 77 giorni nel corso dei quali le aziende che investono in pubblicità misurano il successo editoriale delle singole reti e ne testano il relativo gradimento da parte dei telespettatori.
Il servizio pubblico, in un momento particolarmente delicato e difficile, facendo ricorso alle sue energie migliori, al suo orgoglio, e battendosi con fantasia contro molte previsioni negative della vigilia, è stato capace di riaffermare il suo primato e di rispondere colpo su colpo alla concorrenza sempre più agguerrita che gli viene mossa non solo da parte della Tv generalista.
Dichiarazioni che non trovano d’accordo Luca Borgomeo, presidente dell’Aiart, associazione di utenti radiotelevisivi di matrice cattolica. “I dirigenti Rai continuano a confondere la qualità con la quantità – ha detto Borgomeo – Il fatto che l’emittente pubblica abbia ottenuto il 46,69% di share nel cosiddetto periodo di garanzia autunnale vuol dire abbastanza poco. Piuttosto che citare i dati Auditel sarebbe meglio tirare fuori i dati del monitoraggio della qualità dell’offerta radiotelevisiva”.
Aggiungendo che l’Auditel dà una visione molto parziale della realtà televisiva. Non è possibile confezionare i programmi in base agli ascolti e ai voleri dei pubblicitari. “Abbiamo l’impressione che se fossero resi pubblici i dati sulla qualità avremmo molte sorprese – afferma Borgomeo – Purtroppo la Rai non sempre fa Tv di qualità: troppi costosi shows, troppi reality, scarso rispetto per i minori, su Raidue inserimento della pubblicità nei cartoni animati”.
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