Italia
L’economia italiana mostra segnali di ripresa e gli italiani recuperano la voglia di spendere, attenti però ai prezzi e alle offerte. E’ quanto riporta il Rapporto 2005 del Censis, che aggiunge che gli Italiani sono restii a cambiare lavoro: il 45,8% svolge la stessa attività da oltre 10 anni e solo il 5,8% l’ha cambiata tra il 2002 e il 2003, contro l’8,2% del dato europeo. Aumentano i ricconi ma 7,5 milioni di Italiani sono poveri.
Il Rapporto Censis evidenzia anche che aumentano gli italiani con diete mediatiche evolute. I cosiddetti “marginali” e i “poveri di media”, sono rimasti stabili, con una minima contrazione, i primi dal 9,1% all’8,3% (in valore assoluto circa 300 mila persone in meno), e i secondi dal 37,5% al 37,4% (ossia 400 mila persone in meno). Quattro anni di evoluzione e rivoluzione nei media, con massicce ondate di diffusione di media digitali: cellulari (+19 milioni), Internet (+5 milioni), computer (+4,8 milioni), Tv satellitare (+1,9 milioni), nulla hanno potuto su questo solido strato di “marginali e poveri” nel consumo di media, che sono quindi rimasti tali. I “consumatori medi” (buoni utilizzatori di media, ma senza internet) decrescono del 2,5% e di 800 mila persone in termini assoluti, a tutto vantaggio dei due gruppi più evoluti (quelli che non hanno problemi a usare internet). Infatti gli “onnivori” crescono del 2,4% (cioè di 1 milione e 300 mila persone) e i “pionieri” incrementano il loro peso dell’1%, pari a 500 mila persone in più.
Negli ultimi quattro anni gli italiani “mono-mediali” sono diminuiti di 700 mila persone, mentre i “multi-mediali” sono cresciuti di circa un 1 milione; nel complesso la popolazione al 2005 è praticamente divisa a metà, anche se si accentua una tendenza alla multi-medialità: 45,7% di mono-mediali (22 milioni e 600 mila persone) e 54,3% di multi-mediali (27 milioni e 200 mila persone).
Il famigerato digital divide, al 2005, taglia fuori il 79,5% della popolazione, cioè 39 milioni e 600 mila persone, che tuttavia dal 2002 sono diminuiti del 3,4%, quindi di circa 1 milione e 500 mila persone; mentre al di qua vivono in piena era digitale, relazionale, mediatica, innovativa, mondializzata, al 2005, 10 milioni e 200 mila italiani, pari al 20,5% della popolazione.
Continua il successo della radio. Nella fascia d’età fra i 30 e i 44 anni ha raggiunto il 69,8%, e tra i diplomati il 66,1%, avvicinandosi notevolmente ai valori degli adolescenti, da sempre i maggiori consumatori di radio. Ma non è la programmazione a determinare nuova attenzione verso la radio.
Questo incremento è dovuto a un cambiamento in atto nelle modalità di contatto: il 45,3% degli italiani ritiene che ormai informazione e musica passino dappertutto e considera indifferente il mezzo attraverso il quale ascoltare le trasmissioni radio, perché è esplosa la diffusione di strumenti agili e leggeri di riproduzione del flusso radiofonico (lettori mp3, cellulari, internet).
La carta sopravvive nel mondo digitale. Si registra solo una leggera flessione nella lettura dei settimanali (dal 44,3% del 2002 al 44,1% del 2005) e dei mensili (dal 24% al 23,2%) e il piacere di sfogliare, anche distrattamente, la propria rivista preferita, in un momento di relax, non è paragonabile ad altre attività.
Elemento importante, adesso, prima di comprare ormai si passa da Internet. La metà degli utenti di Internet, ossia circa 10 milioni di persone prima di acquistare cercano online le informazioni sui prodotti che intendono comprare. Il 18% fa normalmente acquisti online, e tradotto in termini assoluti significa che sono 3 milioni le persone che fanno acquisti on line, un numero abbastanza significativo se confrontato con quello pressoché nullo di pochi anni fa. Nel 2001 il 42,5% degli utenti considerava invadente la pubblicità su Internet, e non era poco, ma il numero degli insofferenti è salito nel 2005 al 57,8%, mentre nello stesso periodo quelli che la ritengono una fonte insostituibile di finanziamento sono passati dal 26,5% al 16,5%, e si è ridotto al 4,1% il numero di coloro che l’apprezzano per il suo linguaggio efficace ed espressivo (era il 12,9% nel 2001).
E ancora, come sottolinea il Rapporto Censis, sono le famiglie a trainare il mercato dell’Ict in Italia, sono i cittadini più che le imprese a spendere per le tecnologie innovative; spendono per i telefonini, per i Dvd, per le macchine fotografiche digitali, per i computer. Non può mancare in casa il telefono cellulare, presente nel 90,3% delle famiglie italiane e neppure il televideo (88,1%) e il videoregistratore (84,6%) che, nonostante la vertiginosa diffusione del lettore Dvd (passato in soli due anni dal 21,1% al 59,9%), è ancora il device televisivo preferito dalle famiglie. A crescere maggiormente nell’ultimo anno insieme al Dvd: il lettore Cdrom (67,6%), la Tv satellitare e la payTv che, al 2005, risulta presente nel 26,9% delle case. Al contrario, il Pc ha un po’ rallentato la velocità di entrata nella quotidianità delle famiglie italiane guadagnando solo 0,6% rispetto al 2004. Anche nel mondo Internet non sono poche le novità. Continua, seppure a un ritmo meno sostenuto rispetto agli anni precedenti, la crescita quantitativa degli utenti Internet che nel 2005 sono circa 20 milioni, ossia il 42,7% della popolazione adulta. Cambiano e si differenziano i modi di essere in Rete di alcuni cittadini. I sempre connessi, chi usa cioè questo strumento sia da casa che dall’ufficio, rappresentano nel 2005 il 17% del campione, vale a dire circa la metà di chi si dichiara utente internet. Cresce di circa il 20% la quota di chi si connette in Adsl, passando in un solo anno dal 27,5% al 56,7% e triplicano gli utenti della fibra ottica (6,3%).
Il Rapporto evidenzia chiari segnali di ripresa per l’economia italiana. L’uscita dal tunnel sembra vicina “sebbene l’aumento intorno allo 0,2% del Pil previsto per questo 2005 non consenta, per ora, grandi entusiasmi“. In crescita i consumi delle famiglie saliti mediamente dell’1,3%. Questa la fotografia dello stato di salute dell’economia del Paese scattata dal Censis nel Rapporto 2005.
A spingere soprattutto il settore terziario, ma l’incremento del valore aggiunto, della produzione e dell’occupazione ha investito più in generale vari comparti del Made in Italy, “pur in un contesto difficile e di progressivo rallentamento della produzione industriale complessiva negli ultimi tre anni”. Nei primi otto mesi dell’anno – spiega il Censis – si è registrato un apprezzabile incremento del fatturato e degli ordinativi dell’industria, quasi a indicare la presenza di nuova linfa, soprattutto nei comparti portanti del sistema manifatturiero italiano. Anche sul fronte dei consumi si rompe l’ormai lunga serie di dati negativi, con una netta ripresa delle vendite del commercio al dettaglio nella parte centrale dell’anno; un incremento, anche in questo caso, che non è stato però in grado di compensare la flebile dinamica registrata nei primi otto mesi del 2005.
L’insieme dei settori per i quali si è registrata una crescita del valore aggiunto, della produzione e dell’occupazione realizza il 49% dell’intero valore aggiunto di tutti i settori produttivi (esclusa la Pubblica Amministrazione, la Difesa e la Sanità) e assorbe il 52,3% dell’occupazione totale. I settori che, invece, registrano un calo o del valore aggiunto, o della produzione o dell’occupazione realizzano il 25% del valore aggiunto nazionale e impiegano il 13,2% del totale degli occupati. Solo una parte minoritaria dei settori produttivi, dunque, è in una fase di crisi di competitività e di bassa crescita.
A dare la spinta alla crescita dunque è stato il terziario: i servizi crescono dimensionalmente, e a fronte di un incremento medio dello 0,7% le imprese con oltre 50 addetti sono aumentate del 10,3%, con dinamiche di sviluppo significative nell’ambito delle attività immobiliari (+63%), della ricerca e sviluppo (+38,2%), del commercio (+22,2%); a fronte di una contrazione degli investimenti delle imprese italiane (-3,2%), nel terziario si è registrata una crescita del 4,5%, che sale al 18,1% nelle aziende da 10 a 49 addetti e al 35,9% nel terziario all’impresa.