Crescono in Europa i fruitori dell’IT. Ma negli Usa continuano i licenziamenti nel settore High-Tech

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I Paesi del Nord Europa sono i maggiori fruitori delle tecnologie dell’informazione. Questo, quanto emerge dalla classifica realizzata dall’International Telecommunication Union (ITU). I Paesi africani rimangono i più sfavoriti. l’Italia si colloca al 23esimo posto con la Francia, la Nuova Zelanda e la Slovenia.

l’ITU ha creato un nuovo indice, il DAI (Digital Access Index), che misura la frattura digitale nel mondo, il cosiddetto digital divide.

L’agenzia per le telecomunicazioni dell’Onu, ha analizzato la situazione esistente in 178 Paesi, passando al vaglio lo sviluppo e la qualità delle infrastrutture telecom, l’uso di Internet e il costo degli accessi, il tutto rapportato al livello di istruzione degli utenti.

Secondo l’ITU, due sono i parametri essenziali che consentono di accelerare l’adozione delle nuove tecnologie dell’informazione : il costo dell’accesso Internet in rapporto all’entrata media della popolazione e il livello di istruzione.

Michael Minges, membro della sezione Mercato, Economia e Finanza dell’ITU, ritiene che ¿Le limitate infrastrutture sono state, fino a oggi, considerate come un freno alla riduzione del digital divide¿.

Aggiunge Minges che ¿¿la ricerca dimostra, appunto, che l’accessibilità dei costi e l’istruzione sono fattori di grande importanza¿ in questo contesto.

Il reso conto dell’analisi dell’ITU, pubblicato la scorsa settimana, non contiene niente di veramente sorprendente. Il dossier evidenzia che Svezia e Danimarca guidano il settore, seguite da Islanda, Sud Corea e Norvegia, mentre Islanda e Svezia vantano il maggior numero di connessioni a Internet del mondo.

I primi dieci Paesi sono tutti europei o asiatici, eccezion fatta per il Canada, che si colloca in decima posizione.

I Paesi nordici si distinguono perché la Svezia arriva in testa con un indice dello 0,85, davanti la Danimarca (0,83), l’Islanda (0,82), la Corea (0,82). Successivamente la Norvegia, i Paesi Bassi, Hong Kong, la Finlandia, e Taïwan, tutti a 0,79.

Gli Stati Uniti (0,78) si classificano “solamente” in 11esima posizione. l’Italia è 23esima, ex aequo con la Francia, la Nuova Zelanda e la Slovenia (0,72).

Secondo l’analisi dell’ITU, tutti questi Paesi hanno un elevato livello d’accesso alle nuove tecnologie.

Senza alcuna sorpresa, la maggior parte dei Paesi africani (Zimbabwe, Kenya, Camerun, Senegal, Costa d’Avorio¿) si trovano all’altra estremità della classifica, nella categoria ¿livello d’accesso mediocre¿.

Tra questi due estremi, l’agenzia Onu ha distinto alcuni Paesi che hanno investito in queste tecnologie come mezzo di sviluppo: Gli Emirati Arabi, con il progetto ¿Internet City¿ a Dubaï, è la prima Nazione araba ad apparire nella classifica (32esima posizione, 0,64).

Importante anche il dinamismo del ¿Multimedia Super Corridor¿ in Malaisia (44esima, 0.57) e della ¿Cyber City¿ alle Mauritius (60esima, 0.50).

Questa classifica sarà integrata all’edizione 2003 dal rapporto sullo sviluppo delle telecomunicazioni nel mondo, che l’ITU pubblicherà a margine del Summit mondiale della Società dell’informazione, a Ginevra, il 10 e il 12 dicembre.

Cifre sconcertanti arrivano però dagli Stati Uniti, che fanno riflettere gli osservatori del mercato High Tech.

Secondo il rapporto “Cyberstates 2003” dell’AEA – American Electronics Association – pubblicato in questi giorni, più dell’11% degli impiegati High Tech sono stati licenziati negli ultimi due anni negli Stati Uniti.

La percentuale rappresenta circa 770.000 posti, di cui circa 540.000 sono stati tagliati nel 2002, e un po¿ più della metà (234.000) nel 2003.

In totale, in due anni, il settore High-Tech è passato da 6,5 milioni di dipendenti a 5,76 milioni.

Gli osservatori temono che la ragione sia da individuare nella chiusura di alcuni contratti con l’India, la Cina, la Russia e altri Paesi a mano d’opera qualificata e a buon mercato.

Il ricorso all’offshore non è però la sola ragione della compressione salariale: le operazioni di fusione, in particolare, e la semplice riduzione dei costi nella ricerca di una maggiore profittabilità, spiegano questo forte indebolimento.

Gli Stati più toccati sono la California, dove sono stati licenziati 123.000 impiegati nel 2002, seguita dal Texas, New York, dalla Floride e dal Massachusetts.

Al contrario, il Wyoming e il Montana hanno aumentato gli impiegati nell’high-tech tra il 2001 e il 2002.

Per il solo settore di software, 146.000 persone sono stati mandati a casa tra il 2001 e il 2002, e malgrado il rialzo delle spese IT, non c’è niente che dimostri che gli investimenti andranno automaticamente a colmare le perdite.

Per l’Information Technology Association of America, una percentuale del 7-9% degli impiegati americani potrebbero essere trasferiti all’estero nei prossimi 10-15 anni.

Raffaella Natale

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