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Internet governance: è scontro tra Europa e Stati Uniti

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A sei settimane dalla sua apertura a Tunisi, il Summit mondiale sulla società dell’informazione (WSIS) sembra essersi arenato sulla questione della gestione di Internet, mentre la Turchia è sotto il fuoco delle polemiche a proposito dei diritti umani.

 

La seconda fase del Vertice Mondiale dell’ONU sulla Società dell’Informazione, dal 16 al 18 novembre, sarà dedicata proprio al delicato argomento dei meccanismi per il governo di Internet e delle modalità di finanziamento per colmare il divario digitale internazionale.

 

La terza riunione preparatoria si è conclusa venerdì, e ha visto la delegazione britannica, parlando a nome di tutta la Ue, schierarsi nettamente in favore di un nuovo forum multi-stakeholder che allarghi la gestione della rete a un organismo internazionale, non più, dunque nelle mani degli Stati Uniti.

Questo nuovo organismo, che rifletterebbe la natura globale di Internet, si occuperebbe dello sviluppo di strategie pubbliche, dell’allocazione dei blocchi di indirizzi IP e di tutte quelle procedure attualmente appannaggio degli Usa.

La proposta è stata avallata da molte delegazioni dei Paesi in via di sviluppo, altri, guidati dagli Usa hanno formato un fronte comune per mantenere lo status quo.

 

Altri Paesi hanno aggiunto le proprie proposte, mentre consultazioni informali continueranno fino al meeting di Tunisi.

 

Di fronte a quello che è stato considerato un vero e proprio tradimento, gli stati Uniti hanno reagito in maniera non proprio soft.

Citato dall’International Herald Tribune, David Gross, il delegato americano al WSIS, ha riferito che ¿questo cambiamento profondo di fronte da parte della Ue è scioccante e sembra corrispondere a una marcia indietro storica per quanto riguarda la gestione di Internet, da una concezione basata sulla leadership privata a un¿altra che si appoggia invece sui controlli dei governi¿.

 

Al momento, infatti, una parte importante della gestione della Rete è affidata a un organismo privato, l’ICANN, un ente non profit, organizzato in sede internazionale, che ha la responsabilità di assegnare gli indirizzi IP (Internet Protocol) e di gestire il sistema dei nomi a dominio, nonché i sistemi di root server.

 

Quando nacque l’ICANN, alla fine del 98, l’obiettivo era quello di affidare al settore privato la gestione tecnica di controllo della rete Internet; il Dipartimento del Commercio (DoC) del governo degli USA avrebbe dovuto esercitare una funzione di supervisione sulla base di un Memorandum of Understanding per un periodo di due anni, sino al raggiungimento di prefissati obbiettivi. Uno di questi, era quello di aprire il DNS al mercato.

Il che ha precise ragioni storiche: Internet nasce infatti negli Usa e deriva direttamente dalla Internet assigned numbers authority (Iana), che era ancor più direttamente emanazione del governo Usa.

 

Negli ultimi tempi, l’ICANN è però al centro di forti critiche: sono molte le società che hanno accusato l’organismo di mancanza d’imparzialità in occasione della scelta dell’amministratore per la gestione del dominio .net che, malgrado la presentazione di diverse offerte, è stata affidata per altri sei anni a Verisign, che già si occupa dei domini .com.

 

Nei mesi scorsi, inoltre, la polemica è montata ancora di più dal momento che il governo degli Stati Uniti ha annunciato che sarà ancora sua competenza ¿preservare la sicurezza e la stabilità del sistema DNS¿, cioè i 13 server root, situati negli Usa, in Europa e in Giappone, per mezzo dei quali i numeri univoci corrispondenti agli host che formano la rete vengono associati ai nomi dei siti, per evitare agli utenti di dover utilizzare questi numeri per effettuare la connessione.

 

Oggi, però, il Web è una realtà mondiale, che conta oltre 750 milioni di utenti sparsi nei cinque continenti. È dunque naturale che non può essere un solo Paese a decidere per tutti.

 

Un nodo annoso, che ICANN ha cercato di risolvere in diverse maniere, compresa la cosiddetta “Icann at large”, il tentativo democrazia diretta che consiste nel garantire agli utenti una rappresentanza in seno al consiglio d’amministrazione della Corporazione.

 

Gli Stati Uniti si sono detti favorevoli ad attuare alcune modifiche all’attuale sistema di gestione dei nomi di dominio nazionali (il .it per l’Italia, ad esempio) considerati come un¿estensione virtuale del territorio nazionale, ma l’idea che l’Onu possa farsi carico della gestione di Internet ¿non è una questione di negoziazione ma di politica nazionale¿, ha aggiunto Gross.

 

Gli Stati Uniti ¿ in sostanza – riconoscono il legittimo interesse dei governi nella gestione dei nomi di dominio top level (ccTLD). Ecco perché si impegnano a ¿lavorare con la comunità internazionale per fugare le preoccupazioni relative alla sovranità nazionale e alle policy relative alla gestione dei ccTLD, tenendo in mente i bisogni fondamentali per assicurare la stabilità e la sicurezza del DNS¿.

 

Gli Usa giustificano tuttavia la loro posizione affermando che una gestione internazionale sarebbe troppo difficoltosa, poiché troppo amministrativa.

 

l’isolamento americano rischia in ogni caso di far fallire il secondo WSIS, che dovrebbe confermare la volontà mondiale di ridurre il digital divide tra il nord e il sud del mondo, ma sicuramente tutto si ridurrà ancora una volta a una squallida questione di giochi di potere.

 

Alessandra Talarico

 

Per ulteriori approfondimenti, leggi:

 

L´Italia si prepara al WSIS: cooperazione finanziaria per colmare il digital divide. Esperti a confronto nel meeting di Torino

 

Internet governance: le proposte dell’Onu per una gestione ¿multilaterale, trasparente e democratica¿

Internet governance: gli Stati Uniti non mollano la presa sulla gestione della Rete

 

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