Italia
Riportiamo di seguito l¿intervento di Paolo Zocchi al Convegno ¿Innovazione e territorio: il federalismo digitale, le Ict e lo sviluppo del sistema Paese¿, tenutosi il 7 settembre a Porto Santo Stefano, in occasione della festa Nazionale della Margherita. Nella stessa giornata è stata distribuita la III edizione del Libro Bianco – Innovare per Competere, Governare per Innovare. Il Futuro che Vogliamo – curato da Linda Lanzillotta (Responsabile Dipartimento Innovazione e Sviluppo La Margherita) e Paolo Zocchi (Coordinatore Osservatorio ICT la Margherita), disponibile in versione elettronica a piè di pagina.
di Paolo Zocchi
Coordinatore Osservatorio ICT la Margherita
Presidente UNARETE
Sono quattro anni, oramai, che l¿Osservatorio Nazionale sulle ICT della Margherita svolge un ruolo di promozione dei temi riguardanti le tecnologie innovative e la società dell¿informazione. E in questi quattro anni, segnati dal paziente e caparbio lavoro di tutti i suoi membri, molto è stato fatto. La pubblicazione dei Libri Bianchi, gli eventi, la rete con imprese, università e amministrazioni, le iniziative comuni con gli altri partiti dell¿Unione; un¿azione che ha sempre cercato di tenere vivo il rapporto con la società civile e gli operatori dei settori innovativi; un¿azione che oggi trova il suo punto di riferimento politico nel Dipartimento Innovazione e Sviluppo e che converge decisamente verso l¿urgenza dell¿operatività.
Non a caso, infatti, nel momento forse più delicato di un processo che, come forza politica, potrà portarci ad assumere maggiori responsabilità nella guida del Paese, affrontando i temi della società dell¿informazione abbiamo la necessità di confrontarci ancora una volta, e non sarà l¿ultima, con le imprese e con le amministrazioni locali. Il sistema dell¿innovazione, in altre parole, ha efficacia solo se produce momenti continui (e sottolineo il significato ¿impegnativo¿ di questo aggettivo) di confronto. In tal senso ¿ si diceva ¿ molto è stato fatto.
Tuttavia molto di più resta da fare. L¿innovazione, infatti, non può essere più un mero slogan da utilizzare per cavalcare genericamente gli auspici di modernizzazione del Paese. Né può essere solo una voce di spesa nei capitoli di bilancio dei Ministeri o dei Comuni. In altri termini l¿innovazione non ha alcuna efficacia se non si trasforma in sistema e in progetto.
Immettere semplicemente risorse nel sistema non produce mai innovazione: come spesso è accaduto, si rischia di sprecare denaro pubblico inseguendo la moda del momento, senza produrre significativo valore aggiunto e, al termine del processo, ritrovandosi al punto di partenza. Innovare, per le imprese come per gli enti locali, per le università come per i piccoli imprenditori, è possibile solo operando in un contesto che fa del sistema (sistema Paese e sistema territoriale) il suo punto focale. E sistema, all¿interno della cosiddetta società informazionale, significa molto di più che tecnologia: significa salvaguardia e tutela dell¿ambiente, significa gestione dei trasporti, significa una sanità a misura d¿uomo, significa la valorizzazione delle risorse culturali e turistiche, la logistica, la solidarietà. Non esiste dunque innovazione tecnologica che sia oggi in grado di creare valore aggiunto senza muovere al tempo stesso tutte queste leve: se però il contesto sociale e territoriale riesce a produrre crescita in ognuno di questi settori, allora la tecnologia diventa un¿enorme opportunità. In parole povere, la società dell¿informazione produce benessere se e solo sé riesce trasversalmente ad incidere su tutti i settori della vita di un territorio, di un Paese, di un contesto sociale.
In termini operativi cosa consegue da tutto ciò?
In primo luogo gli investimenti in tecnologie, sia a livello locale che a livello centrale, dovranno essere da ora in poi pensati in maniera trasversale. Dunque investire nella trasformazione dei sistemi di gestione della Sanità attraverso la reingegnerizzazione dei processi amministrativi e la telemedicina, puntare sull¿infomobilità per ridurre le criticità dei trasporti, incentivare le sperimentazioni sul telelavoro, velocizzare il sistema giudiziario, valorizzare il turismo mediante Internet, proteggere l¿ambiente con un più accurato controllo reso possibile dalle tecnologie di georeferenziazione e dal wireless, aprire il sistema scolastico alle nuove modalità di ricerca che l¿uso del Web rende possibile¿..
In una parola, focus, ovvero concentrazione delle risorse economiche e umane su specifici progetti da perseguire in modo tenace, inserendo in ognuno di essi elementi di creatività stimolando su ognuno di essi le imprese, nazionali ed estere, ad investire; perseguendo, per ognuno di essi, risultati chiari e misurabili. In due parole: deve cessare l¿era dei finanziamenti ¿ peraltro miseri – a pioggia e iniziare una stagione di grande progettualità. Per questo siamo qui oggi.
Una parola la merita la difficile situazione del comparto informatico. Appare ovvio che il mercato non sembra ancora aver assorbito lo scoppio della bolla speculativa della new economy, per quanto gli indicatori ci dicono oggi che, a livello globale, il settore sta rimettendosi in sesto. Purtroppo chi ne farà le spese saranno quei Paesi nei quali l¿industria informatica ha subito i colpi più duri, e tra questi l¿Italia. Ricordo che nel 1985 il nostro Paese vantava il terzo player mondiale dell¿informatica e che nel 1992 l¿Olivetti era ancora tra le prime dieci realtà globali dei sistemi informatici. Non solo: fino ad allora le nostra aziende informatiche avevano una tradizione pluriennale di investimenti in ricerca e sviluppo che aveva portato i laboratori italiani a produrre alcune tra le soluzioni più innovative dell¿hardware e del software.
Oggi tutto questo non può essere solo un bel ricordo dei tempi che furono, ma in qualche modo ci deve portare a pensare che recuperare è possibile.
Il nostro Paese ha però risorse e mezzi per poter risollevare la testa anche grazie alle nuove tecnologie dell¿informazione: abbiamo menti e strumenti per far questo, ma ciò sarà possibile se e solo se, anche a livello politico, esisterà una regia chiara dei processi di innovazione. Una regia che, come si diceva, dovrà operare con la necessaria trasversalità interdisciplinare e che, per poter operare efficacemente, sia dotata, sotto il profilo politico, della necessaria ¿forza contrattuale¿. La nostra proposta di creare una Vicepresidenza del Consiglio con specifica delega sull¿innovazione rientra proprio in questa direzione. L¿innovazione non può essere né tiepida, né settoriale: il sistema Paese necessita di una grande sferzata in questo senso, una ¿cura da cavallo¿ ¿ non solo denaro, ma soprattutto impegno e focalizzazione – che noi, come attori della politica ma soprattutto come manager, professionisti, amministratori, docenti, lavoratori ci dobbiamo impegnare a somministrare.
Molta strada ¿ dicevo – abbiamo fatto, e ancora molta ne resta da fare. In primo luogo abbiamo l¿urgenza di formulare un programma credibile e concreto dell¿Unione sui temi della società dell¿informazione. Non basterà elencare temi: lo abbiamo già fatto. Abbiamo già messo su carta, nei tre libri bianchi sull¿Innovazione che l¿Osservatorio e il Dipartimento hanno prodotto, le nostre idee in materia.
Piuttosto, sarà nostro intento mantenere desto il rapporto con le amministrazioni e le imprese. Fare squadra, questa sarà la nostra parola d¿ordine negli anni che verranno. Da questa squadra dovranno giungere sollecitazioni e proposte, critiche e richieste, idee e progetti: noi siamo fermamente convinti che solo tenendo aperti tavoli di confronto programmatico, dando la parola a chi opera quotidianamente sul campo, raccogliendo giorno per giorno idee e contributi, sia possibile non soltanto elaborare programmi, ma, in una parola, governare con efficacia.
Insomma, non si tratta di una mera azione di rassemblement attorno a parole d¿ordine del momento, bensì della vera e propria messa in atto di un metodo politico che noi pensiamo essere ineludibile nella società informazionale e che, proprio sui temi dell¿innovazione, trova la sua più valida applicazione: un metodo che fa della concertazione il suo perno ma che, soprattutto, dovrà essere il nostro punto di riferimento anche durante l¿azione di governo. Un metodo, infine, che stiamo già adottando nelle Regioni, nelle Province e nei Comuni che amministriamo: coinvolgimento delle imprese innovative, ricerca delle vocazioni dei territori nell¿ambito dei processi di innovazione, generazione di un contesto favorevole agli investimenti in tecnologie innovative, ruolo delle università e dei centri di ricerca.
Dunque, la Margherita, all¿interno dell¿Unione, si fa oggi parte essenziale di un metodo e di un percorso politico sul quale si va generando una forte condivisione di intenti. Sotto il profilo politico questo è un fatto di estrema rilevanza. Ma non basta: quello che serve è che ognuno di noi, personalmente, giuochi il ruolo che gli compete. Non basterà più, da domani, segnalare che le cose vanno male: è arrivato il tempo di mettersi in gioco, di prendere in mano le redini dell¿innovazione, di operare assieme, in squadra, superando egoismi e corporativismi, pensare in grande e soprattutto sviluppare progettualità: utilizzare dunque questa fondamentale leva di sviluppo, di crescita e di democrazia, per ridare fiato e orgoglio al Paese.
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