Italia
di Raffaele Barberio
In questi giorni si parla molto del peso della criminalità organizzata sul mancato sviluppo del Mezzogiorno.
Le considerazioni sono cupe quasi non lasciassero precedere una via d¿uscita.
L¿economia digitale, con le sue procedure intangibili, con il suo millimetrico controllo dei dati, con la capacità di creare nuovo valore, con la vocazione alla a-localizzazione, può rappresentare una significativa alternativa all¿economia del cemento, dell¿asfalto e del trattamento sabbia, su cui poggia il controllo del territorio da parte della criminalità organizzata.
Perché ciò può accadere? Perché nel Mezzogiorno vi sono molte piccole imprese che operano con capacità e intelligenza sul mercato nazionale dell¿ICT e delle sue applicazioni, intervenendo con successo spesso anche sul versante internazionale. Perché le Università del Mezzogiorno sono dotate di dipartimenti tecnologici che vantano competenze avanzate e spesso hanno articolati rapporti con le grandi industrie del settore ICT. Perché la stessa industria privata ha insediato proprio nel Mezzogiorno centri di ricerca di tutto rispetto e competitivi a livello mondiale. Due esempi su tutti: i centri di ricerca di Siemens ed Ericsson, ambedue in Campania. Infine, perché nel Mezzogiorno si può ancora contare sulla finanza agevolata europea e nazionale a favore delle iniziative con alto contenuto innovativo.
Cosa va invece evitato? Va accuratamente evitata l¿elargizione di finanziamenti a pioggia. Va demotivata l¿attivazione di call center, che non aggiungono alcun valore al territorio. Va impedita la duplicazione di finanziamenti di progetti identici, ma destinati a differenti territori. Va, in sostanza, individuato un meccanismo di anagrafe dei progetti innovativi, specialmente quelli a favore di enti locali, che eviti la duplicazione di prestazioni e che il più delle volte si risolve nella vendita multipla dello stesso prodotto. Ciò non porta valore strategico. Consente solo un temporaneo favorevole sfruttamento commerciale. Va infine evitata l¿attività di formazione sganciata da seguiti operativi concreti. La formazione è un mezzo per qualificare le competenze, non un business a sé stante. Anzi, il rischio è che la formazione possa diventare la bestia nera che non trova ormai più neanche discenti motivati.
Ma il Mezzogiorno ha grandi chances. Ha intelligenze e competenze, ha valide università, ha territori cui si può conferire grande valore. Infine, la prospettiva del libero scambio nel Mediterraneo previsto per il 2010 fa del Mezzogiorno la piattaforma ideale, il pontile naturale per unire 3 continenti e 27 Paesi rivieraschi. Può diventare interporto naturale, il punto di scambio intermodale di ogni vettore e soluzione logistica. Anche in questo, le nuove tecnologie di rete, le applicazioni e le soluzioni innovative, una sviluppata capacità progettuale capace di mettere in rete competenze, imprese, enti locali e università, rappresentano un circolo virtuoso da sostenere. Ma con un¿accortezza. Che il sistema venga costruito con ordine, senza duplicazioni artificiose di competenze e ruoli, con una funzionale distribuzione di responsabilità, con possibilità di check point sulle procedure e sulle scadenze temporali di realizzazione, stabilendo le dovute penalizzazioni per gli inadempienti, con un regime sanzionatorio che ridia dignità ai servizi.
I nuovi governi regionali del Mezzogiorno potrebbero affrontare questa sfida. È auspicabile che lo facciano, innanzitutto per migliorare la macchina pubblica, per dare servizi più efficienti a cittadini ed imprese, per costruire un nuovo contesto socio-economico. Poi vi potrà essere la prospettiva di un ruolo da giocare sul piano della internazionalizzazione, ma se intraprenderanno questa strada dovranno farlo con decisione, perché ogni perdita di tempo penalizzerà ulteriormente il Mezzogiorno a favore di altre Nazioni Ue o di altre sub-regioni mediterranee.
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