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Internet è diventato uno strumento di fondamentale importanza per l¿economia mondiale, ma la sua gestione resta ancora appannaggio di una sola nazione.
Il governo degli Stati Uniti ha infatti annunciato che sarà ancora sua competenza ¿preservare la sicurezza e la stabilità del sistema DNS¿, cioè i 13 server root, situati negli Usa, in Europa e in Giappone, per mezzo dei quali i numeri univoci corrispondenti agli host che formano la rete vengono associati ai nomi dei siti, per evitare agli utenti di dover utilizzare questi numeri per effettuare la connessione.
Lo ha reso noto la NTIA (National Telecommunications and Information Administration), che ha spiegato anche che gli ¿…Stati Uniti si impegnano a non intraprendere azioni che possano avere un impatto negativo sull¿efficienza delle operazioni del DNS e manterranno per un tempo indefinito il loro storico ruolo nell¿autorizzazione di cambiamenti o modifiche ai file di root¿.
Almeno questo, verrebbe da dire.
Quando nacque l¿ICANN, alla fine del 98, l¿obiettivo era quello di affidare al settore privato la gestione tecnica di controllo della rete Internet; il Dipartimento del Commercio (DoC) del governo degli USA avrebbe dovuto esercitare una funzione di supervisione sulla base di un Memorandum of Understanding per un periodo di due anni, sino al raggiungimento di prefissati obbiettivi. Uno di questi, era quello di aprire il DNS al mercato.
Il che ha precise ragioni storiche: Internet nasce infatti negli Usa e deriva direttamente dalla Internet assigned numbers authority (Iana), che era ancor più direttamente emanazione del governo Usa.
Oggi, tuttavia, il Web è una realtà mondiale, che conta oltre 750 milioni di utenti sparsi nei cinque continenti. È dunque naturale che non può essere un solo Paese a decidere per tutti.
Un nodo annoso, che ICANN ha cercato di risolvere in diverse maniere, compresa la cosiddetta “Icann at large”, il tentativo democrazia diretta che consiste nel garantire agli utenti una rappresentanza in seno al consiglio d”amministrazione della Corporazione.
Anche a causa della difficoltà pratica di portare alle urne 750 milioni di persone garantendo la necessaria trasparenza ha ridotto la rappresentanza degli utenti a una presenza poco più che simbolica.
Il MoU è stato esteso due volte per il periodo di un anno e, sembra ormai ovvio, che gli Usa non vogliano mollare la presa sulla gestione della rete.
Si legge infatti nella nota della NTIA che ¿l¿ICANN è il manager tecnico appropriato per il DNS¿ e che gli Usa continueranno a supportare il suo lavoro e le relative operazioni tecniche, riconoscendo ¿i progressi fin qui ottenuti¿.
Gli Stati Uniti ¿ fa sapere ancora la NTIA – riconoscono il legittimo interesse dei governi nella gestione dei nomi di dominio top level (ccTLD). Ecco perché si impegnano a ¿lavorare con la comunità internazionale per fugare le preoccupazioni relative alla sovranità nazionale e alle policy relative alla gestione dei ccTLD, tenendo in mente i bisogni fondamentali per assicurare la stabilità e la sicurezza del DNS¿.
Il dibattito sull¿Internet governance, data l¿ampiezza delle questioni da valutare, rimarrà aperto in diverse sedi, spiega la NTIA.
¿Gli Stati Uniti riconoscono che l¿attuale sistema di gestione di Internet funziona correttamente, ma incoraggiano un continuo dialogo con tutte le comunità mondiali, in diversi fora, per facilitare le discussioni e far avanzare l¿interesse comune del miglioramento della robustezza e del dinamismo di Internet¿.
Gli Stati Uniti, conclude la nota, ¿continueranno a supportare un approccio market-based e la leadership del settore privato¿ nello sviluppo della Rete.
Si allontana ulteriormente, dunque, la famosa data di emancipazione dell¿ICANN, il cui obiettivo primario avrebbe dovuto essere quello di operare come ente aperto, trasparente e basato sul consenso, ampiamente rappresentativo delle varie comunità di Internet globale.
Tra le conseguenze di questa impopolare presa di posizione degli Usa, potrebbe anche succedere che alcuni Paesi decidano di ritirare il loro sostegno all¿ICANN e di creare server DNS indipendenti.
Si creerebbe allora una vera e propria frattura del Web e due persone, digitando lo stesso indirizzo da Paesi diversi, potrebbero trovarsi su una versione completamente diversa dello stesso sito.
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