Italia
di Marco Salvadori
General Secretary ThinkTel
Ho avuto l¿onore di presiedere il panel di approfondimento su nuove tecnologie broadband e servizi multimediali, nell¿ambito della Broadband Week in corso a Milano. Debbo dire che prima di avviare i lavori ero abbastanza perplesso sull¿efficacia contenutistica di tale sessione, visto il titolo ¿omni-comprensivo¿ e l¿eterogeneità di provenienza dei relatori (Network Operator, Service Provider, Content Aggregator, Vendor di tecnologie e integratori di servizi). Invece tutto si è svolto come in un concerto, dove tutti contribuiscono efficacemente alla coralità dell¿esecuzione. Gli ¿orchestrali¿ del panel hanno saputo astrarsi dalle rispettive esperienze aziendali e fornire le chiavi di lettura essenziali di come il broadband, nelle sue varie declinazioni tecnologiche, abilita sempre più la fruizione di contenuti on demand, in ambito consumer ma anche business. Non a caso il pubblico ha risposto con un¿interattività non usuale, anche elaborando ulteriormente i temi discussi.
Rispetto ai diversi spunti emersi, c¿è stato un generale consenso sul fatto che:
si assiste alla crescente domanda di fruizione di contenuti ¿personalizzabili¿ grazie ai media di comunicazione one-to-one, quali telefonia fissa e mobile;
la disponibilità di tecnologie è ampia e, addirittura, esisterà una molteplicità di soluzioni per funzioni e applicazioni analoghe (es. ADSL vs. WiMax, satellite vs. DVB-T, 3GPP2 vs. MobileFi);
la maggiore banda larga va riempita di contenuti e l¿offerta di servizi è in rapido sviluppo, anche se il mercato di tali VAS è modesto e non emerge ancora una reale killer application;
negli operatori e nei consumatori si fa sempre più strada la consapevolezza di convergenza tra tecnologie e tra settori media-telecom-IT;
diventano sempre più complessi i temi dell¿interoperabilità tecnologica e tra servizi, nonché i temi legati all¿evoluzione della catena del valore, cioè le problematiche di alleanza e/o competizione (co-opetition);
Quindi un futuro sfidante ma positivo per la ¿new broadband¿? Non esattamente. Volendo tracciare le conclusioni del panel, mi sembra che lo scenario presenti diversi chiaroscuri. In particolare:
è vero che le tecnologie non mancano ma alcuni sforzi di rendere alcune di esse ¿onniscienti¿ di servizi e contesti applicativi (es. WiMax), crea confusione oltre a maggiori spese di R&D;
la tecnologia da sola non basta e un fattore necessario è la system integration; alcuni Vendor hanno dimostrato le proprie capacità ma in generale c¿è ancora tanto da imparare, sopratutto nell¿interoperabilità tra reti di trasporto, piattaforme di servizio, sistemi CRM e billing, terminali utente, al fine di offrire servizi user-centric sempre meno dipendenti dal contesto di fruizione;
su ciò si innesta il tema della centralità rivendicata tra rete e terminale; non si tratta di una finezza filosofica ma di un sostanziale distinguo tra operatori di rete e fornitori di contenuti; i primi vogliono mantenere il controllo del traffico e del billing per non essere emarginati a ¿trasportatori di bit¿, sempre più veloci ma in fondo solo bit;
inoltre il terminale rimane una fondamentale area di miglioramento se si vuole superare il ¿digital practice divide¿ tra chi sa interagire con PC più tastiera e chi no; la diffusione della ¿new broadband¿ dipende dalla ricchezza di contenuti ma sopratutto dalla loro accessibilità e fruibilità, quindi i devices dovranno essere sempre più simili a telecomandi con pochi tasti per la navigazione;
se è vero che l¿ideazione di servizi è molto dinamica, perché pochi vengono introdotti e ancora di meno producono reddito? Sono convinto che debba essere superato un doppio gap relativamente ai:
fornitori di contenuti, poco avvezzi ad adattare la produzione alla modalità distributiva,
fornitori di rete tradizionalmente legati a pochi servizi ¿universali¿ quindi meno abili a tracciare gusti e abitudine dei clienti e, spesso, poco incisivi nello spingere commercialmente servizi con significativa obsolescenza
;
l¿emergere di content aggregators riduce la distanza tra offerta e domanda ma essi hanno oggi un modesto potere contrattuale, stretti tra formule di revenue sharing concordate con gli operatori di rete ed elevati minimi garantiti richiesti dai fornitori di contenuti;
il rapporto tra fornitori di contenuti e fornitori di rete dovrà anche evolversi in termini di diritti, oggi una vera giungla con pochissimi punti di riferimento; ritengo che debba essere superata l¿antiquata differenziazione per canale distributivo, riducendo i minimi garantiti e privilegiando formule legate alla qualità della codifica (maggiore definizione = maggiore costo) e/o all¿efficacia commerciale di un operatore di rete (capacità di ¿upselling¿ + multicanalità = minori costi unitari);
è opportuno che i diritti evolvano anche tecnologicamente, aprendosi a soluzioni DRM (Digital Right Management) che consentono di fruire i contenuti in base alla durata del certificato di protezione o del numero di visualizzazioni o del numero di copie su supporti diversi; ciò svilupperebbe il mercato del download, un¿efficace alternativa allo streaming per i contenuti registrati
infine la regulation, tassello fondamentale e imprescindibile dell¿ICT, che si misura con tre temi sempre più complessi e bisognosi di regole chiare e lungimiranti:
gestione delle frequenze in termini di assegnazione (licenziabilità e rivendibilità) e costo d¿uso (es. maggiore omogeneizzazione dei criteri, come recentemente intrapreso da Ofcom in UK)
competizione tra settori convergenti ma con regole asimmetriche di protezione (es. gli operatori telecom sono molto più esposti di quelli radio e TV)
incentivazione degli investimenti in accesso e servizi broadband, a mio avviso prioritari rispetto allo stimolo della domanda; tale incentivazione può avvenire riconoscendo agli operatori la giusta redditività degli investimenti (come è stato fatto con successo con gli operatori cellulari), e non necessariamente tramite finanziamenti pubblici.
In sintesi lo sviluppo della ¿new broadband¿ può essere più o meno vicino in funzione della lungimiranza delle politiche regolamentari e, in parte, del dinamismo degli operatori nell¿innovare i propri sistemi di business. Mentre sono confidente in questi ultimi, la regolamentazione mi sembra poco proattiva e ancorata a schemi tradizionali. Un esempio è la recente direttiva europea sul Servizio Universale, che non ha inserito l¿accesso broadband nel paniere dei servizi da offrire in modo massivo chiedendo al mercato di sussidiare le aree diseconomiche. Curioso se si pensa che il broadband è ufficialmente un pilastro dell¿Agenda di Lisbona.
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