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Per avere successo commerciale la televisione IP su collegamenti ADSL dovrà dimostrarsi resiliente nei confronti di una serie di problemi tecnici e non. Per indagare i modelli di business vincenti o comunque ben piazzati per esserlo nella nuova frontiera della TV, non esiste occasione migliore della coppia di convegni ¿Broadband Visions¿ e ¿Le Televisioni Digitali¿, in programma il 7 e 8 giugno, alla Casa dell¿Energia di Milano. Due eventi della BroadBand Week, la nuova iniziativa che il Forum della Net Economy, l¿associazione informale che riunisce Camera di Commercio, Provincia e Comune di Milano, organizza dal 6 all¿11 giugno 2005.
Doveva partire questa primavera, ma ormai sembra che il lancio del primo servizio di TV via ADSL slitterà alla tarda estate. Comunque è certo che gli ultimi mesi dell¿anno saranno un rincorrersi di annunci da parte dei vari gestori di offerte di pacchetti di contenuti televisivi distribuiti attraverso quella che è di gran lunga la forma più diffusa di banda larga consumer in Italia. Si attendono offerte almeno da Telecom Italia, Wind, Tiscali, Tele2, che hanno scelto la televisione come killer application per contemporaneamente fidelizzare i propri clienti e aumentare l¿ARPU, il ricavo medio per utente che è il miraggio di tutte le telecom mondiali.
Eppure, sulla strada della ADSL TV ci sono ancora diversi ostacoli, certo non insuperabili ma comunque da superare perché il nuovo servizio sia un successo commerciale (che sia tecnicamente possibile è indubbio ed è stato abbondantemente dimostrato sul campo). Prima di tutto, un dato: perché la televisione via ADSL funzioni, è necessario che la banda grezza disponibile sia almeno di 4 Mbit al secondo in download, ossia nella migliore delle ipotesi circa 450 Kbit effettivi continui. Altrimenti le prestazioni si degradano e la sequenza perde frame (il video va a scatti), l¿audio regge per un po¿ poi comincia anche quello a degradare. Gli ostacoli tecnici sulla strada della TV ADSL sono quindi quelli che mettono in pericolo la banda minima.
Il primo di questi ostacoli viene da quella cosa che con terminologia arcana viene definita topologia, ossia struttura geometrica (i matematici ci perdoneranno la semplificazione) della rete ADSL. Che è la cara vecchia rete telefonica, con i suoi bei circuiti di doppino in rame che uniscono ogni abbonato a una centrale. La rete, appunto, telefonica, è stata concepita per far funzionare i telefoni al minor costo di impianto possibile e nella sua parte finale (il local loop) non è praticamente cambiata negli ultimi trent¿anni: un tratto in doppino di rame che va dalla centrale all¿apparecchio telefonico e che porta un segnale che non subisce più modificazioni se non di tipo elettrico (in Italia raramente).
Per il suo mestiere, portare conversazioni telefoniche, funziona benissimo, anzi, soprattutto in Italia, è persino sovradimensionata. Se però si cerca di farci viaggiare dati a velocità sempre crescenti, i suoi limiti cominciano ad emergere. Il primo è dovuto alla lunghezza dei circuiti utente, i loop, che influisce alle prestazioni raggiungibili con le varie tecnologie ADSL. Oltre i 5 chilometri e mezzo questa cessa di offrire prestazioni superiori a quelle della normale connessione commutata, ma il limite utile è molto più basso.
In condizioni ottimali (vedremo poi quali) e usando apparecchiature trasmissive di ultima generazione (ADSL 2 e 2+), i 4 Mbit sono sostenibili sino a 3,8 chilometri (alcuni dicono 3). In entrambi i casi ottime notizie per i gestori italiani: la lunghezza media del local loop da noi è un chilometro e mezzo, entro i due chilometri si trova l¿80 per cento degli utenti e entro 4 praticamente il 100 per cento. Bene, però¿
Non è solo la lunghezza del doppino a influire sulla banda minima, contano moltissimo anche le caratteristiche di questo. Anche qui una prima buona notizia per noi: lo spessore del rame in Italia è secondo a livello europeo solo a quello della Germania. L¿altra variabile, l¿isolamento, è più controversa. Più si alza la frequenza del segnale ¿sparato¿ su un conduttore, più aumentano i fenomeni di interferenza reciproca (paradiafonia), che si manifestano in vari modi, genericamente indicati come ¿rumore¿.
Più il rumore sulla linea è alto, più è difficile mantenere la velocità di trasmissione (cresce il numero di errori a tutti i livelli della pila di protocolli). Per una trasmissione come quella televisiva che deve essere isocrona (ossia i pacchetti devono arrivare nell¿ordine con cui sono inviati) si ha degrado del segnale video e poi audio. Il rumore è il primo colpevole della discrepanza tra prestazioni teoriche e quella effettive, disponibili alle applicazioni, di una connessione ADSL, che infatti cresce più che proporzionalmente con la velocità. A 6 Mbit è in pratica difficile superare in modo continuo i 700 Kbit/secondo se non su tratti brevi, e infatti oggi la migliore banda minima garantita per l¿utenza business è in Italia su una connessione teorica a 6 Mbit di soli 128 Kbit/sec. in download.
Le condizioni dei local loop variano da zona a zona e spesso anche da quartiere e quartiere o da caseggiato a caseggiato, e questo è un primo problema, anche perché i gestori, compreso il proprietario del local loop, non conoscono a priori le condizioni di esercizio di una certa tratta se non in linea teorica. Per questo i contratti di fornitura di ADSL ad alta velocità, oltre il Mbit al secondo, contengono spesso clausole che subordinano la fornitura del servizio a un periodo di utilizzo in prova, spesso anche abbastanza lungo (tre mesi) per sottoporre a test la linea, anche se teoricamente (per lunghezza del loop locale) abilitata a reggere le alte velocità.
Poi ci sono i topi. Nel senso sia dei roditori che di tutti quegli agenti esterni (infiltrazioni d¿acqua, rumore elettromagnetico, condensa) che possono danneggiare il doppino negli ultimi metri e decine di metri, quando spesso ci si trova già sulla proprietà degli utenti.
Il patrimonio edilizio italiano è abbastanza vecchio e anche più vetusti sono gli impianti ¿tecnologici¿ al suo interno. Le connessioni telefoniche sono quasi sempre attestate nelle cantine dei palazzi o direttamente in cavedi coperti da un semplice tombino nelle abitazioni singole. Dal momento che la tecnologia telefonica analogica era sovradimensionata per quel che doveva fare, era anche molto resistente ai guasti, e anche se la linea era degradata funzionava ancora in modo accettabile (un po¿ di fruscii e scricchiolii sulla linea non hanno mai impedito a nessuno di parlare al telefono).
Solo quando il topo si era rosicchiato l¿intera copertura isolante e aveva mandato in corto il circuito, la linea diventava veramente inutilizzabile. Con l¿ADSL, questa resilienza se ne va, a discapito prima di tutto della famosa banda minima. C¿è quindi da attendersi che anche per la televisione via ADSL varrà la regola ¿prima la proviamo e poi te la diamo¿, che ha dei vantaggi pratici ma dal punto di vista della prevedibilità del business è un incubo.
Anche perché non è finita. I gestori che vorranno offrire canali televisivi via ADSL si troveranno nella situazione dei fornitori di servizi che dipendono per una componente fondamentale della loro catena di fornitura da elementi che non controllano (i colleghi che lavorano per editori che dipendono dal servizio postale per raggiungere gli abbonati sanno di cosa parliamo). E¿ vero che l¿affidabilità di venti metri di doppino in rame probabilmente è maggiore in media di quella combinata delle poste, del portinaio curioso e del vicino che ama leggere gratis, ma bisognerà tenerne conto. Alcuni gestori decideranno di accettare solo utenti che nei test avranno superato di molto la soglia minima di prestazioni (segno di buone condizioni del loop), altri prenderanno dei rischi. L¿esperienza insegna che sono i disservizi a influenzare l¿immagine di un servizio nel suo complesso. Speriamo che i rischi siano calcolati. Ben calcolati.
Per finire, la considerazione ¿filosofica¿. Con il lancio dei servizi televisivi via ADSL i gestori di telecomunicazioni si troveranno per la prima volta a far dipendere una quota importante dei propri ricavi (se tutto va bene) e comunque dei propri costi, da cose che non controllano e di cui sono solo il canale distributivo, nella maggior parte dei casi non esclusivo (è difficile pensare che un gestore telecom metta in piedi una propria struttura di produzione Tv, nemmeno le emittenti tradizionali ricorrono sempre più all¿outsourcing). Forse è meglio così, visto l¿effetto frenante che ha avuto sui mercati dei servizi a valore aggiunto l¿eccessivo controllo preteso in passato dai gestori sulla catena del valore (leggi percentuale dei ricavi a loro riservati).
Ci sarà sempre la possibilità di ottenere l¿esclusiva, pagando, ma l¿esperienza insegna che le esclusive che valgono la pena di esserlo sono poche e facilmente individuabili, con conseguenze rialzo dei prezzi (qualcuna ha sentito parlare dei diritti sui mondiali di calcio?). In Italia l¿unico dato certo è che il solo fornitore di TV IP (non su ADSL però) ricava circa il 20% del suo ARPU dalla televisione (in effetti dal video on demand più in generale), ossia circa 13 euro al mese. Che possono essere pochi o molti, secondo come si proietta la crescita del mercato della TV ADSL e della percentuale di questi soldi che andrà spesa per procurarsi contenuti televisivi attraenti. Già qualche gestore mette le mani avanti e preannuncia che alcuni contenuti del suo servizio di TV ADSL non saranno compresi nell¿offerta in bundling con la connessione. Nella televisione via satellite questa strategia ha funzionato solo per alcuni sport ¿live¿ e il porno. Vedremo se i neofiti della TV a cavallo dell¿ADSL riusciranno a innovare i modelli di business senza cadere nella trappola della giungla delle offerte e delle tariffe. (r.n.)
Per ulteriori approfondimenti, leggi:
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