Mondo
Gli artisti indipendenti, quelli cioè che non hanno la fortuna di essere prodotti da una casa discografica, hanno trovato nella Rete un mezzo privilegiato e senza precedenti per far conoscere le proprie opere al pubblico.
Molti artisti permettono, attraverso i propri siti, di ascoltare e scaricare le loro produzioni. Resta tuttavia il problema di dover comunque rientrare in un circuito – quello delle piattaforme web come iTunes, VirginMega ecc. ¿ che consenta loro di guadagnare maggiore popolarità e anche un po¿ di denaro.
Ed è a questo punto che entrano in scena i cosiddetti ¿aggregatori di contenuti¿, società a metà strada tra fornitori tecnici ed etichette indipendenti che permettono agli artisti autoprodotti di essere distribuiti sulle principali piattaforme commerciali di musica on line.
Queste società, in pratica, fungono da intermediari tra gli artisti e le piattaforme di distribuzione, con l¿obiettivo di favorire la visibilità di quegli artisti che non hanno i mezzi finanziari per fare un Cd o per trovarsi nei cataloghi delle maggiori società di musica on line.
Queste piattaforme hanno in genere delle politiche d¿investimenti limitate e pochi dipendenti: l¿arrivo degli aggregatori permette loro di avere un solo interlocutore che le metta in contatto con le piccole etichette o con gli artisti autoprodotti, sul modello lanciato anni fa da siti come MP3.com o Rollingstone.com, che erano il punto di riferimento per la scoperta di nuovi talenti.
Gli aggregatori, dunque, raccolgono nel loro catalogo gli artisti alla ricerca di un contatto con le società online e si impegnano a sottoscrivere accordi di distribuzione.
Il modello di remunerazione adottato dalla gran parte degli aggregatori si basa sulle vendite generate da questi artisti, che non pagano nulla per adattare i loro brani al formato richiesto dalle differenti piattaforme di distribuzione.
Queste ultime hanno comunque l¿ultima parola sul prezzo di vendita dei brani, che in molti casi resta fisso sulla tariffa di 99 centesimi, per non svalutare gli artisti.
Gli aggregatori, però, sono più generosi delle major, che intascano quasi sempre il grosso dei guadagni.
La francese Wild Palms Music, ad esempio, ha stabilito con le piattaforme una tariffa che oscilla tra i 50 e i 60 centesimi e garantisce che il 70% della somma ottenuta vada agli artisti e il 30% resti alla società.
Per quanto riguarda il formato di codifica dei brani e i sistemi DRM, l¿artista non ha possibilità di dire la sua. Sono pochi a dire il vero, quelli che hanno qualcosa da ridire, ma molti continuano a lasciare qualche brano da scaricare o ascoltare sul proprio sito, per far conoscere la propria musica e invogliare i fan a recarsi sui siti di download a pagamento.
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