Italia
Nuovi guai giudiziari per Indymedia: il network di ¿controinformazione¿ stavolta è accusato di ¿vilipendio alla religione cattolica¿ per aver pubblicato, nella sua versione italiana, un fotomontaggio di Papa Benedetto XVI in uniforme nazista, con la svastica sul braccio e sullo sfondo un drappo del Terzo Reich e una serie di frasi ingiuriose tra le quali anche ¿Papa nazista¿.
Per questo, la Procura di Roma ha richiesto il sequestro preventivo e l’oscuramento del sito, una voce fuori dal coro che si definisce come ¿network di media gestiti collettivamente per una narrazione radicale, obiettiva e appassionata della verità¿.
Non è comunque la prima volta che il network internazionale finisce nel mirino degli investigatori prima per aver pubblicato, in Francia, foto di alcuni agenti di Ginevra impegnati nel G8, poi in Italia, per vilipendio della repubblica, delle istituzioni costituzionali e delle Forze Armate dopo la pubblicazione sul portale di commenti fortemente offensivi sui carabinieri colpiti dall’attentato di Nassiria.
Per questo l’FBI dispose, a seguito di un ordine federale, la chiusura di oltre venti siti Indymedia nel mondo, tra i quali quello italiano e inglese.
Il capo della procura Giovanni Ferrara e il pm Salvatore Vitello, intanto, hanno chiesto al ministro della Giustizia l’autorizzazione a procedere anche in relazione al reato di offesa all’onore e al prestigio del sommo pontefice.
Anche i media britannici non hanno mancato di sottolineare, all’indomani dell’elezione di Papa Benedetto XVI, la sua adesione alla Gioventù Hitleriana nel 1941, all’età di 14 anni.
In sua difesa è già sceso il fratello del Pontefice, Georg Ratzinger, che in un’intervista al quotidiano israeliano Yediot Ahrono ha dichiarato che ¿Nostro padre considerava il nazismo un movimento satanico¿, mentre in merito alla sua iscrizione alla Hitlerjugend dice: ¿fummo costretti ad iscriverci¿.
Il sito di Indymedia fa capo alla società brasiliana Imc e non è quindi chiaro se l’ingiunzione potrà essere messa in atto, mentre già si profila un¿accesa polemica sull’opportunità o meno di intraprendere simili iniziative nei confronti di un¿organizzazione che ha sì fatto dei suoi punti di vista a volte estremi un cavallo di battaglia, ma che si fa comunque portavoce di campagne sociali e umanitarie di tutto rispetto.
Come dire: non stanchiamoci mai di stigmatizzare simili atteggiamenti borderline, che rischiano di offendere la gran parte dell’opinione pubblica e che forse non puntano ad altro se non alla provocazione gratuita, ma a ognuno la sua opinione condivisibile o meno.
E ancora: a chi il compito di giudicare quali iniziative siano o meno passibili di censura?
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