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La libertà di stampa su Internet è messa a dura prova in Canada, dove un importante quotidiano americano rischia d¿essere condannato per diffamazione.
Nel mirino della giustizia, un articolo pubblicato in Rete che avrebbe attentato alla reputazione di un cittadino canadese.
Questa battaglia giudiziaria, senza precedenti, mette uno contro l¿altro il Washington Post e Cheickh Bangoura, ex funzionario dell¿ONU.
Si tratta di una grande prova per misurare il potere delle leggi contro la diffamazione, minacciate dal crescente potere di Internet. Ma sarà anche occasione per discutere di libertà di stampa.
Il Post ha chiesto alla Corte d¿appello dell¿Ontario di annullare la decisione che autorizza Bangoura a intentare un¿azione per due articoli in cui l¿ex funzionario veniva accusato di reati a sfondo sessuale e di natura finanziaria.
Il Post e i suoi sostenitori, tra cui l¿emittente televisiva CNN e i quotidiani London Times e Yomiuri Shimbun, sostengono che se questa autorizzazione non verrà ritirata, tutte le società editoriali potrebbero essere perseguite legalmente da tutti per degli articoli pubblicati sui loro siti.
¿Riteniamo che questo caso abbia delle conseguenze importanti, al di là dei confini canadesi, per la libertà di stampa e la libertà d¿espressione su Internet¿, ha indicato Reporters sans frontières.
¿Una simile decisione, se confermata in appello, potrebbe dissuadere numerosi giornalisti a pubblicare i propri articoli su Internet¿, ha aggiunto l¿organizzazione in un lettera indirizzata al governo canadese.
Internet rappresenta l¿equivalente moderno delle ¿grandi biblioteche di Babilonia¿, che non si può in alcun modo censurare, ha affermato la scorsa settimana in tribunale Brian Rogers, uno degli avvocati della difesa.
Ma il giudice Robert Armstrong, uno dei tre magistrati che hanno accolto la richiesta, ha obiettato che il Web può anche distruggere la reputazione di una persona.
Per Bruce McWilliam, avvocato di Toronto, specializzato nelle comunicazioni, questa battaglia non è che il preludio di altre di questo tipo, per via della portata di Internet, ¿che permette un accesso immediato al mondo intero¿.
Secondo il giudice Romain Pitts, che aveva reso l¿iniziale giudizio a favore di Bangoura, i media devono tener conto dell¿impatto del loro lavoro.
¿Il Washington Post è un importante giornale della capitale del Paese più potente del mondo, che sembra sempre più piccolo a causa di Internet¿. Pitts ritiene che un simile risvolto si sarebbe potuto prevedere.
Questo processo potrebbe obbligare i media a reclutare avvocati in quasi tutti i Paesi del mondo o impedire che gli utenti di alcuni Paesi, dove le leggi contro la diffamazione sono più severe, abbiano accesso alle informazioni di alcuni siti.
Il caso è complicato ulteriormente dal fatto che Bangoura, quando nel 1997 l¿articolo fu pubblicato, non viveva in Canada, dove è arrivato solo nel 2000.
¿Ritengo ingiusto chiedere a chi pubblica un articolo di tenere a mente le leggi contro la diffamazione di tutte le giurisdizioni dove il soggetto potrebbe trasferirsi in futuro¿, sottolinea Bruce McWilliam.
Si attende adesso la decisione della Corte d¿appello dell¿Ontario. Se si pronuncerà a favore di Bangoura, l¿ex funzionario Onu chiederà un risarcimento di 9 milioni di dollari canadesi (7,4 milioni di dollari) al Washington Post, per i danni subiti.
Per ulteriori approfondimenti, leggi:
Gli Stati Uniti nella lista dei Paesi che violano la libertà di stampa. Rapporto IAPA
Un blogger alla Casa Bianca. Gli Usa riconoscono il ruolo dei blog come mezzo di informazione
Più di un terzo della popolazione mondiale è privata della libertà di stampa. Studio RSF
Libertà di stampa nel mondo: Italia 53a per l¿irrisolto conflitto di interessi. Indagine Rsf
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