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Gli Stati Uniti sono finiti nella lista dei Paesi americani che violano la libertà di stampa e minacciano d¿arrestare i giornalisti che si rifiutano di rivelare le proprie fonti. Si tratta di accuse pesanti che emergono dal rapporto dell¿Inter American Press Society (IAPA), presentato ieri nel corso dell¿assemblea generale di Panama. Presenti i principali editori americani e i direttori e redattori capo delle più importanti testate.
Il documento approvato sottolinea che la guerra in Iraq, il rafforzamento delle misure di sicurezza in questo Paese e le pressioni per identificare le fonti delle informazioni, hanno limitato oltre modo la libertà di stampa.
La IAPA ricorda il caso Judith Miller, giornalista di punta del New York Times e premio Pulitzer 2001, riconosciuta colpevole da un tribunale federale per non avere voluto rivelare le proprie fonti in relazione a una fuga di notizie fra CIA e Casa Bianca. Nella stessa indagine era coinvolto anche un altro giornalista, Matthew Cooper, del Time, condannato a 18 mesi di prigione e al pagamento di una multa di 1.000 dollari.
Judith Miller e Philip Shenon avevano telefonato alle associazioni islamiche sospettate di legami con organizzazioni terroriste, per sentire le loro reazioni sull¿inchiesta del FBI di cui erano l¿oggetto. La procura americana accusava i due giornalisti, invece, di aver avvertito le associazioni che una inchiesta del FBI sarebbe stata condotta contro di loro.La stessa procura aveva richiesto la condanna a 18 mesi di prigione con il beneficio della condizionale, per aver rifiutato di rivelare le loro fonti. Attualmente una decina di giornalisti sono perseguiti negli Stati Uniti per aver protetto i loro contatti.
“Il motivo per cui stiamo lottando ¿ aveva detto allora la Miller – è quello di difendere la libertà di stampa concessa dal Primo emendamento. Effetto di questa sentenza è infatti che nessuno parlerà più ai giornalisti, perché il governo potrebbe mettere in atto forme di ritorsione contro gli informatori. La stampa non sarà così più in grado di monitorare le istituzioni”.
Il ragionamento della Miller è chiaro: senza il diritto alla riservatezza delle fonti, non può esistere la libertà di stampa tutelata dal Primo emendamento.
Con una sentenza del 24 febbraio, il giudice Robert W. Sweet ha ritenuto che le registrazioni telefoniche dei due giornalisti non dovessero essere consegnate ai procuratori federali responsabili dell¿inchiesta, lanciata nel 2001. Il giudice si è basato sul primo ammendamento della Costituzione e sul diritto comune per dare causa vinta ai giornalisti.
Nonostante il caso degli Stati Uniti desti scalpore, bisogna sottolineare che le principali minacce alla libertà di stampa americana arrivano come sempre dai Paesi sudamericani.
Il rapporto presentato a Panama fa ancora riferimento al presidente cubano Fidel Castro, all¿argentino Nestor Kichner e al venezuelano Hugo Chavez.
Cuba resta uno dei Paesi a maggior rischio per i giornalisti. Il governo di Castro ¿detiene da 46 anni il monopolio delle informazioni¿ e i mezzi di comunicazioni sono tutti volti alla propaganda del regime. Fino a oggi Castro non ha minimamente considerato le richieste di scarcerazione dei giornalisti provenienti dai principali organismi internazionali. L¿IAPA, precisa che al momento nelle carceri di Cuba sono detenuti 25 giornalisti.
La IAPA accusa anche il presidente argentino ¿d¿atti nocivi nei confronti della stampa indipendente¿ e ritiene che la libertà d¿espressione ¿sia seriamente minacciata¿.
Accusato anche il governo venezuelano d¿aver adottato una legge sulla radio e la Tv ¿scellerata che statalizza nei fatti il sistema radiotelevisivo, controllandone gli orari, i programmi e i contenuti¿.
Il libro della Miller sulle armi batteriologiche di massa
Il primo emendamento della Costituzione americana
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