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Takafumi Horie è un nome che potrà non dire molto dalle nostre parti. In Giappone però il 32enne proprietario di Livedoor, uno dei più importanti portali web del Paese ha scatenato un vero e proprio ¿caso¿, di cui parlano tutti i giornali, tentando la scalata all¿establishment mediatico del Sol Levante.
Il giovane manager, infatti, sta tentando di prendere il controllo di uno dei più popolari canali televisivi giapponesi, Fuji Tv, e ha dato vita a una battaglia mediatica e finanziaria sullo sfondo della quale emerge anche un vero conflitto generazionale.
Horie ha reso noto lo scorso 8 febbraio di aver acquisito il 35% del capitale della Nippon Broadcasting System Inc. (NBS), un gruppo media (radio, Tv, giornali) il cui fiore all¿occhiello è proprio Fuji Tv.
Probabilmente al momento dell¿annuncio Horie non poteva immaginare di stare sollevando un simile polverone.
Da quel momento, infatti, non passa giorno senza che l¿affaire Livedoor non si arricchisca di nuovi elementi dal momento che Fuji Tv non vuole assolutamente passare sotto il controllo di Livedoor e la società che la controlla ¿ il gruppo Sankei – sta facendo di tutto per prendere essa stessa il comando della NBS.
Ultima tappa della vicenda, il ricorso al tribunale di Tokio dopo che NBS ha deciso di proteggersi emettendo dei buoni di sottoscrizione convertibili riservati a Fuji Tv.
Se fosse autorizzata, l¿operazione permetterebbe a Fuji Tv di diventare azionista di maggioranza di NBS, a discapito di Livedoor che controlla una quota pari a circa il 40% del capitale.
Horie, tuttavia, non appare disposto a cedere, avendo come obiettivo quello di ¿accelerare il processo di avvicinamento tra televisione e Internet¿ e di creare un ¿nuovo modello economico¿ mettendo il potere della televisione al servizio dell¿espansione della Rete.
Bisogna attuare questa unione e bisogna farlo subito sembra essere il motto del rampante manager, convinto che l¿avvicinamento tra i due media sia non solo di buon senso ma indispensabile dal momento che Internet è ¿ancora utilizzato al 5% delle sue possibilità, nonostante il Giappone sia all¿avanguardia in questo campo¿.
¿Non si può aspettare altri 10 anni, bisogna farlo ora, anche se per farlo bisogna passare da una presa di controllo ostile¿, ha rincarato Horie.
Ed è proprio quest¿ultimo concetto che inquieta l¿establishment giapponese, poco abituato a questi metodi qualificati come ¿americani¿, non certo in senso benevolo, e per di più portati avanti da un ragazzo alla testa di una ¿start up¿ che ha fatto dello smacco alle convenzioni il suo biglietto da visita.
Il punto dolente non tanto la scalata in sé, ma il fatto che condurla sia un giovane in t-shirt che sta osando sfidare aziende di grande esperienza guidate da manager che potrebbero essere suoi nonni.
Horie continua ad appellarsi alla sua buona fede, e si difende dichiarando che sovvertire le tradizioni non è la sua passione e che preferirebbe trovare un accordo amichevole.
Il fatto è anche che Horie col suo operato sta contribuendo a far venire a galla le lacune della legislazione giapponese, soprattutto in fatto di società quotate in Borsa, nel momento in cui le imprese giapponesi non attirano più come in passato gli interessi stranieri e si trovano a dover affrontare le vulnerabilità del loro mercato.
Horie, tra il serio e il faceto, si felicita almeno di stare partecipando a una nuova forma di ¿educazione delle masse¿, portando alla ribalta termini come Opa ostile, sconosciuti alla maggioranza fino a qualche settimana fa.
Alla domanda se si sente un po¿ il Rupert Murdoch giapponese, Horie risponde però senza esitazioni: ¿No, Rupert Murdoch ha creato un conglomerato mediatico. Io voglio creare un conglomerato che raggruppi media, tecnologie dell¿informazione e della comunicazione e finanza¿.
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