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I telefonini rappresentano il più grande successo nella storia dell¿elettronica di consumo.
Il loro impatto sociale non ha paragoni nell¿era moderna: essi sono innanzitutto uno status symbol: nell¿immaginario comune esprimono quello che siamo, ci affrancano dalle ingerenze degli altri: a perderli ¿ lo dicono in tanti ¿ si soffre come se si perdesse un amico.
La cosa più importante, però, è che i telefonini migliorano effettivamente la qualità della vita: aumentano il numero possibile di contatti sociali soprattutto nelle comunità isolate e migliorano il modo di lavorare.
Eppure sono ancora molte le persone che non possono permettersi di acquistarne uno, mentre si fa sempre più pressante trovare una soluzione eco-compatibile per lo smaltimento di questi gadget, che nei paesi industrializzati vengono sostituiti a ritmi impressionanti.
Ecco perché il Forum for the Future, analizzando il problema, è giunto a una soluzione abbastanza semplice ma molto importante dal punto di vista sociale: il ri-utilizzo dei telefonini in disuso nelle nazioni più povere, dove avere accesso alle nuove tecnologie è ancora difficoltoso dal punto di vista economico.
I telefonini di seconda mano rappresentano, dunque, una chance per ridurre il digital divide nei paesi in via di sviluppo e un¿opportunità per molte persone di mantenere i contatti con i membri della famiglia che per necessità si trovano lontani.
Il Forum prende in esame il caso della Romania, dove circa un abbonato su tre ai servizi mobili utilizza un telefonino usato, che altrimenti sarebbe andato a ingrossare le fila degli apparecchi in attesa di smaltimento.
Il Rapporto ¿Return to Vendor, come i telefonini di seconda mano migliorano l¿accesso ai servizi telefonici¿, rivela che nella sola Gran Bretagna vengono dimessi ogni anno circa 15 milioni di telefonini e solo il 25% viene rimandato indietro ai produttori per la fase di riciclaggio o ri-utilizzo.
La crescente massa di telefonini non riciclati, stima l¿autore del rapporto James Goodman, ha raggiunto ormai quota 90 milioni di unità nel solo Regno Unito, equivalenti a 9 mila tonnellate di materiali tossici, che se lasciati all¿incuria penetrano nel terreno con terribili effetti inquinanti.
¿E¿ ormai prassi comune disporre di 2 o 3 telefonini e usarne solo uno¿, dice Goodman.
In paesi come la Romania, invece, un telefonino nuovo costa in media 87 dollari, pari a tre quarti di uno stipendio medio mensile. Per non parlare, ad esempio, del Kenia, dove oltre l¿80% della popolazione vive con 2 dollari al mese: eppure, in questo paese africano circolano oltre un milione di telefonini.
In Egitto, dove circa la metà della popolazione vive con meno di dollari al mese, la penetrazione della telefonia mobile ha superato il 6%.
In questi Paesi, dunque, quello che per noi è spazzatura diventa l¿unico mezzo di contatto col resto del mondo, mentre rimane evidente il problema dei costi di accesso ai servizi, che minacciano di allargare ancora di più il divario tra ricchi e poveri.
In Sud Africa, riconoscendo il rischio, il governo ha richiesto agli operatori mobili di sviluppare strategie per favorire l¿accesso ai meno abbienti: da qui è nato il progetto ¿Commserve¿, in cui piccole aziende mettono a disposizione i telefonini alla popolazione a costi ridotti rispetto al normale.
In ogni Paese, sviluppato e in via di sviluppo ¿ dice il Rapporto ¿ esiste un fiorente mercato per i telefonini di seconda mano che spazia da veri e propri rivenditori autorizzati al mercato nero.
Tutto ciò, che a noi potrà sembrare distante anni luce abituati come siamo a considerare ormai il cellulare come un¿estensione del nostro stesso corpo, consente a molte persone di avere accesso a un servizio che a noi è ormai familiare come l¿acqua calda.
Un mercato globale dei telefonini di seconda mano, insomma, è quello che ci vuole per consentire a molte persone di entrare in contatto con le nuove tecnologie e anche per evitare il disastro ecologico derivante da un non corretto smaltimento dei cellulari in disuso.
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