Italia
Privatizzazione della Rai. Uno degli argomenti che da mesi ormai stanno riempiendo le pagine dei giornali e sicuramente sarà così ancora per diversi mesi, specie da quando è diventato campo di scontro di questa campagna elettorale.
Centrodestra e centrosinistra sono però d¿accordo su una cosa: la privatizzazione s¿ha da fare.
Ma a preoccupare i più e a generare contrasti, è la scelta del modello da seguire per realizzare questa privatizzazione.
Ed è a riguardo l¿opposizione non demorde. Il leader del centrosinistra (ma proprio di tutto il centrosinistra?) Romano Prodi vorrebbe un¿azienda divisa in due, con una società dedicata al servizio pubblico e finanziata esclusivamente dal canone e una seconda finanziata con la pubblicità e impegnata nel servizio commerciale, un rigoroso controllo antitrust del mercato pubblicitario e una protezione per la stampa di fronte allo strapotere della televisione.
¿E” una riforma che può essere realizzata un tempi relativamente brevi e che dovrebbe in ogni caso essere attuata prima di qualsiasi forma di privatizzazione della Rai. Questo vuol dire com”è ovvio ¿ secondo Prodi – che il collocamento in Borsa di una quota di minoranza del capitale della Rai, di questa Rai ancora a due teste, dovrebbe essere cancellata”.
La linea Prodi è quella che preferirebbe anche l¿Antitrust, che per voce del suo presidente, Giuseppe Tesauro aveva parlato per primo di una soluzione di questo tipo.
A termine di un¿indagine conoscitiva del novembre scorso, l¿Antitrust aveva indicato la necessità di ripensare l”attuale normativa di servizio pubblico radiotelevisivo, e suggeriva di dividere la Rai in due società distinte, prima del collocamento in Borsa del 20-22%.
L”Autorità garante aveva proposto una soluzione simile a quella adottata in Gran Bretagna, quanto a gestione del risorse: canone e pubblicità televisiva dall¿altra.
Dunque una Rai divisa in due società: la prima ¿con obblighi di servizio pubblico generale finanziata esclusivamente attraverso il canone; la seconda, a carattere commerciale, che sostiene le proprie attività attraverso la raccolta pubblicitaria e che compete con gli altri soggetti sulla base dei medesimi obblighi di affollamento¿. Per la società a carattere commerciale, l”Antitrust riteneva ¿auspicabile sia il collocamento delle azioni sul mercato borsistico sia la definizione di regole di corporate governance che garantiscano un effettivo controllo dell”operato del management¿. Secondo l”Antitrust ¿tale intervento sarebbe da effettuare auspicabilmente in tempi brevi, prima del collocamento in Borsa di una quota di minoranza del capitale azionario della società Rai attualmente previsto nella primavera del 2005¿.
Ma perché si continua a parlare di modello inglese senza ulteriori specificazioni? Un modello che ha indiscutibili pregi, ma che proprio in Gran Bretagna patisce l¿eccessivo gigantismo della BBC.
La radiotelevisione pubblica britannica è da mesi ormai impegnata in un piano di riassetto che gli consenta di sanare le proprie esangui casse e di riuscire a stabilire nuovamente il primato degli ascolti. Cosa che sarà molto difficile, tenuto conto della concorrenza spietata di BSkyB, bouquet satellitare del tycoon Rupert Murdoch, che in Italia controlla la payTv Sky.
Nel recente incontro a Madrid, tra i vertici delle Tv pubbliche europee, la Rai, con gran soddisfazione della delegazione italiana, ne è uscita vincente.
Dal confronto tra le diverse emittenti pubbliche europee, è emerso che il modello televisivo pubblico di maggior successo, è quello della Rai, che si basa su un modello misto fondato sulla pubblicità e sul canone, il più basso in Europa.
Ricordiamo che la Tv pubblica italiana ha registrato negli ultimi due anni bilanci in attivo e l”audience più alta.
Di fronte a tutte queste polemiche, a volte c¿è da dirlo anche strumentali, il Ministro delle Comunicazioni Maurizio Gasparri nega che il processo di privatizzazione della Rai abbia subito rallentamenti e continua a preferire l”ipotesi di una quotazione in Borsa a quella di un private placement.
Proprio ieri, il ministro alla domanda di un cronista se ci siano segnali di freno al processo privatizzazione, ha risposto: ¿No, sono a conoscenza della complessità del problema e degli interessi ostili dei partiti che vogliono tenere le mani sull”informazione, però l”interesse prevalente delle persone serie è quello di andare avanti”.
“Resto convinto che sia una scelta positiva per il Paese proprio sotto il profilo di una minore interferenza della politica e in grado di spingere verso la qualità e scelte responsabili. La sua realizzazione finanziaria ed economica sono al centro di un iter complesso“.
Alla domanda se preferisca un private placement o l”Ipo, Gasparri ha risposto: “Io sono per la quotazione che mi sembra più saggia e trasparente“.
La legge Gasparri prevede che entro quattro mesi dal completamento della fusione tra Rai e Rai Holding, divenuta operativa il 17 novembre, vada avviato il collocamento in Borsa delle azioni della Tv pubblica, secondo le modalità stabilite dal CIPE.
Il primo dicembre il ministro dell”Economia Domenico Siniscalco si è detto favorevole a collocare in Borsa almeno il 30% della Rai entro 4-5 mesi.
Forse il punto su cui battere dovrebbe essere un altro, il ruolo delle Autorità di controllo, vi pare?
L¿Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e l¿Antitrust non hanno effettivamente vigilato a dovere sul mercato televisivo italiano e su quella della raccolta pubblicitaria.
Forse sarebbe il caso di discutere di questo o magari addirittura pensare a istituire un organo ad hoc, indipendente, che vigili sull¿indipendenza della Tv pubblica dall¿assoggettamento ai partiti, su modello francese del Conseil Supérieur de l¿Audiovisuel.
Questo sì, potrebbero essere interessante spunto di discussione.
Per ulteriori approfondimenti, consulta:
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