Europa
Non ci può essere uno sviluppo della Net Economy senza la diffusione della Net Society e questa non può esistere se non si garantisce a tutti i cittadini il diritto di accedere alle tecnologie della società dell¿informazione, non si rispetta la privacy e la libera circolazione dei software.
Questa la convinzione che ha ispirato l¿organizzazione del convegno ¿Cittadinanza e sviluppo nella società della conoscenza, governare il cambiamento nell¿era della rete¿ promosso dal Gruppo Ds-l¿Ulivo della Camera e dalla Direzione Ds che si svolgerà a Roma lunedì 17 gennaio dalle ore 11.00 alle 19.00 presso la Residenza di Ripetta a Roma.
La giornata di discussione sarà aperta da una introduzione di Beatrice Magnolfi della presidenza del Gruppo Ds e sarà suddivisa in tre sessioni.
Alla prima, “Rete dei diritti: inclusione, privacy, proprietà intellettuale”, parteciperanno Luciano Violante, Paola Manacorda, Stefano Rodotà, Pietro Folena, Anna Carola Freschi, Mariella Gramaglia, Paolo Nuti e Giuseppe Rao.
Seguirà una discussione su “Rete dei saperi e delle competenze” che vedrà intervenire tra gli altri Andrea Ranieri, Gianfranco Burchiellaro, Derrick De Kerckhove, Oriano Giovanelli, Flavia Marzano e Walter Tocci.
Si parlerà infine di “Rete dei territori e dei sistemi produttivi“, con Pierluigi Bersani, Flavio Fammoni, Luigi Nicolais, Pierfilippo Roggero, Riccardo Viale, Andrea Martella, Umberto Sulpasso Piero Varaldo, Vincenzo Vita
Concluderà l¿incontro Piero Fassino.
Il convegno è stato proposto con la certezza che lo sviluppo dell¿ICT sia una fondamentale leva strategica per l¿innovazione del Paese e che quindi vadano assunti i principi e i diritti della cittadinanza digitale come paradigma di una moderna competitività.
Nell¿ambito dell¿incontro i Democratici di sinistra presenteranno una proposta di legge per un impegno straordinario volto a rilanciare il governo della trasformazione tecnologica entro il 2005 come chiede l¿Unione europea.
Perchè ciò avvenga, è essenziale puntare di più sull¿e-Governement, per passare dalla fase della sperimentazione all¿utilizzo delle nuove tecnologie come prassi diffusa nel governo della cosa pubblica, oltre a un programma organico di sostegno alle piccole imprese, per aiutarle ad inglobare innovazione e intelligenza digitale.
Tutti i progetti nazionali di e-Governement registrano infatti un forte ritardo: solo il 6% dei Comuni ha completato la realizzazione del processo di firma digitale, che può avere un impatto decisivo sulla efficienza interna e sulla sburocratizzazione in rapporto alle imprese; ancora più esigua (1,9%) la percentuale dei Comuni che sono in grado di erogare ai cittadini la Carta Nazionale dei Servizi (CNS).
Negli ultimi anni, inoltre, si sono aggravati tutti i fattori di criticità: si è allargato il divario digitale, gli Enti locali sono sempre più poveri e più soli nel promuovere l¿e-Governement, i pochi grandi operatori vanno verso la dismissione, l¿analfabetismo digitale delle piccole imprese è diventato un fattore di declino del sistema paese.
Per rimediare a questo stato di cose, si prevede la creazione di un ¿Fondo per la cittadinanza digitale¿, di 200 milioni di euro per ciascuno dei prossimi tre anni.
Il Fondo è finalizzato a un forte rilancio dell¿e-Governement, e in particolare mirati alla Banda larga, allo sviluppo di piattaforme multicanale di accesso ai servizi della P.A., alla riorganizzazione dei processi organizzativi interni, alla carta di credito
Lo scenario, difatti, non è consolante neanche nel settore della Pubblica Amministrazione, dove sussiste una netta accentuazione del divario territoriale.
Fra i Comuni al di sotto dei 10.000 abitanti, solo il 36,9% ha realizzato un Portale Web per le informazioni e i servizi ai cittadini e alle imprese, ma quel che preoccupa maggiormente è che ne risulta privo anche il 42% dei Comuni da 20.000 a 100.000 abitanti.
La situazione di ritardo, tuttavia, non è esclusiva solo dell¿Italia.
Nel vertice di Lisbona del 2000, l¿Europa aveva prefissato obiettivi e strategie per contribuire alla diffusione capillare delle tecnologie dell¿informazione e della comunicazione e tutti gli Stati membri avevano acconsentito ad attuare opportune strategie per rendere le nuove tecnologie disponibili al maggior numero possibile di cittadini.
A cinque anni di distanza, però, tutti i Paesi europei registrano ritardi nell¿esecuzione delle strategie di Lisbona, causati principalmente dall¿eccessivo carico di impegni (120 obiettivi) spesso poco coordinati e a volte in conflitto tra loro.
Lo stato della situazione in Europa è stato chiaramente illustrato nel ¿Rapporto sulla Strategia di Lisbona¿ condotto per conto della Commissione europea dal Primo Ministro olandese Wim Kok.
Come si evince dal Rapporto, il divario tecnologico tra l¿Europa e gli Stati Uniti non è ancora stato colmato: nel Vecchio continente, il settore ICT rappresenta il 6% del PIL contro il 7,3% negli Usa e in questi ultimi anni gli investimenti europei in beni ICT sono invariabilmente rimasti inferiori di circa l¿ 1,6% del PIL a quelli degli USA.
In un contesto già di per sé molto difficile, la situazione dell¿Italia non è delle migliori: dal 2001 al 2003 il nostro paese ha perso tre posizioni, passando dal 25° al 28° posto, superata dall¿Estonia e dalla Nuova Zelanda.
Se facciamo il raffronto con i maggiori paesi europei, l¿Italia ha un¿incidenza sul valore totale del mercato europeo ICT del 9,1%, contro il 21,2% della Germania, il 14,5% della Francia, il 17,2% del Regno Unito; anche nell¿incidenza della spesa ICT in rapporto al PIL, l¿Italia risulta in ritardo sugli altri paesi di almeno un punto percentuale.
Più bassa della media europea anche la penetrazione di Internet: in rapporto alla popolazione, la media dell¿Europa occidentale nel 2003 si è assestata al 48,9%, mentre la media italiana è di poco superiore al 32%.
Proposta di legge dei Democratici di Sinistra
Sintesi del rapporto Kok
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