Europa
Il consiglio di sorveglianza di T-Online, filiale internet del colosso tedesco Deutsche Telekom, ha stabilito che la casa madre ha fortemente sottovalutato il valore della società, fissando la sua offerta di acquisto sulle azioni della divisione al prezzo unitario di 8,99 euro.
Deutsche Telekom, seguendo quanto già portato a termine da France Telecom con Wanadoo, ha avviato il processo di reintegro della filiale all¿inizio di ottobre, sperando di concludere l¿operazione entro i primi mesi del 2005 per poi procedere al delisting della società.
Il colosso delle tlc tedesche che già possiede il 74% di T-Online aveva fissato il prezzo di 8,99 euro due settimane fa, facendo finta di ignorare il malcontento dei piccoli azionisti per accelerare al massimo l¿operazione e poter contare al più presto sulle sinergie derivanti dall¿operazione.
Il malcontento è però rimbalzato anche ai piani alti della società Internet e prima la direzione, ora il consiglio di sorveglianza hanno bocciato l¿offerta avanzata da DT.
¿Il prezzo d¿acquisto proposto ¿ faceva sapere il 3 dicembre la direzione ¿ è nettamente inferiore al valore d¿impresa stabilito operando una valorizzazione dei risultati futuri o sulla base di altri metodi di valorizzazione internazionalmente riconosciuti¿.
¿In questa situazione non siamo in condizione di raccomandare agli azionisti di accettare l¿offerta¿.
Si complicano, dunque, i piani di Deutsche Telekom che, seguendo un po¿ la tendenza comune a tutti i mercati europei, vorrebbe ritornare al più presto in pieno possesso della divisione Internet, considerata il traino della prossima evoluzione del mercato delle comunicazioni elettroniche.
Unire le proprie forze per imporre la propria potenze sembra essere infatti il motto dei maggiori operatori telecom europei che, usciti da una crisi epocale si sono preparati in questi ultimi mesi ad affrontare la nuova sfida rappresentata dalla banda larga e dalle offerte congiunte di servizi voce, video e dati (le cosiddette ¿triple play¿).
Sbarazzatesi del fardello dei debiti, le società tornano a concentrarsi, insomma, sul loro obiettivo primario: generare profitto, subito.
I grandi gruppi non puntano più sulle spettacolari acquisizioni degli anni passati per assicurare il loro avvenire e non cercano più di accumulare il maggior numero possibile di abbonati solo sul mercato domestico. Rifiutano di strapagare per le nuove acquisizioni e investono secondo i propri ritmi, avendo fiutato la possibilità di ritornare al profitto in tempi ragionevoli.
C¿è chi guarda al di la della propria scuderia: BT ha appena acquisito Infonet ¿ un operatore specializzato nei servizi alle imprese ¿ per circa 440 milioni di euro; la svizzera Swisscom e la danese TDC puntano invece all¿acquisto di Cesky Telecom, che il governo ceco ha deciso di privatizzare. Un¿operazione stimata tra 1,75 e 2 miliardi di euro.
C¿è invece chi, come Deutsche Telekom, preferisce di spendere i propri soldi nell¿acquisto delle quote mancanti delle proprie filiali.
Una quindicina di mesi fa, la spagnola Telefonica aveva tentato di riprendere il possesso della filiale Terra Lycos, ma ha dovuto rinunciare perché la sua offerta non ha incontrato il parere positivo degli azionisti, virando verso il sud America, dove ha acquisito per 4,8 miliardi le attività dell¿americana Bellsouth in Cile, Perù, Venezuela, Colombia, Ecuador, Uruguay, Guatemala, Nicaruaga e Panamá.
Decisi più che mai a ricostituire la loro solidità finanziaria, i gruppi telecom non si accontentano più di rassicurare i loro azionisti, ma puntano anzitutto ai consumatori, cercando di sedurli con offerte vantaggiose e tecnologie concrete.
Forse hanno imparato la lezione degli anni passati quando, impegnati a non affogare sotto la montagna di debiti accumulati, gli operatori hanno pubblicizzato tecnologie che ancora non esistevano neanche.
E così, anche dopo la lezione dell¿Umts, nessuno si lancia in passi azzardati e tutti attendono di avere a disposizione tecnologie pienamente funzionanti prima di lanciare i propri prodotti sul mercato.
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