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La decisione del governo cinese di sperimentare uno standard 3G ¿locale¿, in opposizione a quelli europei e americani, ha scatenato forti polemiche nei mesi scorsi. Molto probabilmente, però, le autorità di Pechino faranno marcia indietro alla luce del fatto che, dopo 5 mesi di sperimentazioni, i risultati non sembrano essere quelli sperati.
Il TD-SCDMA, che avrebbe dovuto essere un rivale competitivo del WCDMA e del CDMA2000, non è ancora pronto per il lancio commerciale: il China Daily racconta infatti che sussistono una serie di problemi di non certo facile soluzione.
Tra questi, la mancanza di telefonini adatti a supportare lo standard, l¿instabilità e la scarsa affidabilità della rete core.
Un fallimento su tutti i fronti, insomma, per uno standard che avrebbe dovuto essere lanciato sul mercato nel 2006.
Al vaglio del governo, ora, due possibilità: aspettare un altro po¿, posponendo anche l¿assegnazione delle licenze prevista per inizio 2005, oppure la scelta di uno standard alternativo: nella fattispecie, quello europeo o quello statunitense, prodotto dalla Qualcomm.
Quale sarà la strategia di Pechino non è dato ancora saperlo, ma sicuramente prima di passare alla scelta di uno standard ¿straniero¿, Pechino valuterà tutte le possibili alternative.
La Cina, infatti, ha investito molto nello sviluppo di una tecnologia indipendente da quelle occidentali, annunciando anche che il governo si riservava il diritto di non imporre alcuna royalty sulla vendita. Una decisione che influirebbe in modo decisivo sulle scelte degli operatori che intendono investire sul gigantesco mercato locale, con 300 milioni di utenti previsti nel 2005.
La mossa, visti anche i ritardi nell¿implementazione dello standard, è stata subito indicata come un espediente per indurre le aziende occidentali ad abbassare le loro di royalties, che nel caso di Qualcomm vanno dal 5 al 6 per cento.
Secondo l¿agenzia Xinhuanet, la Cina potrebbe risparmiare fino a 10 miliardi di dollari grazie a minori costi di importazione e a meno spese di royalty per il 3G.
I produttori di telefonini e i fornitori di componenti si sono per la maggior parte dimostrati scettici di fronte allo standard cinese, anche se nell¿ultimo periodo si è registrato qualche cambiamento di fronte: la giapponese Nec, infatti, ha infatti messo in piedi una società focalizzata sul 3G per accaparrarsi una fetta dei 270 milioni di abbonati cinesi mentre la tedesca Siemens ha annunciato a febbraio la firma di un accordo da 100 milioni di dollari per la creazione di una joint-venture destinata allo sviluppo dello standard TD-SCDMA.
Il mese scorso la STMicroelectronics ha fatto sapere che sarebbe entrata nella TD-SCDMA Association, mentre Motorola ha annunciato a settembre di aver avviato i primi test sulle infrastrutture destinate a supportare lo standard cinese.
A proposito di licenze, infine, le autorità di Pechino avevano già pensato, nei mesi scorsi, di rilasciare un numero minore di concessioni rispetto alle 5 previste e di chiedere alle società telefoniche di far convivere più standard 3G concorrenti all”interno della stessa rete.
Una bella gatta da pelare, dunque, per il governo cinese, che punta molto sulla terza generazione e sperava di spuntarla soprattutto per dare uno scacco al Pentagono, che si è tenacemente opposto allo sviluppo di uno standard autoctono.
Secondo i dati diffusi dal ministero dell¿Industria, il mercato cinese dei telefonini ha aggiunto 30,6 milioni di utenti nei primi cinque mesi di quest”anno, arrivando a quota 300,56 milioni.
La quota di penetrazione dei telefonini in Cina ha raggiunto la soglia del 20,9% alla fine di maggio: il potenziale di crescita è dunque enorme.
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