Italia
Proseguiamo la pubblicazione degli interventi al Seminario: “Rethinking the european ICT Agenda” tenutosi a Roma il 27 settembre 2004, organizzato da Puntoit e Key4biz.
di Linda Lanzillotta
Responsabile Dipartimento Innovazione e Sviluppo – Margherita
Lo stato di difficoltà del settore ICT è un dato di cui si ha ormai piena consapevolezza.
Dati chiarissimi e molto pesanti sono stati forniti dall¿Assinform nel suo ultimo Rapporto: dati che ci dicono che l¿innovazione non si sviluppa nelle imprese, non si diffonde nella Pubblica Amministrazione, non coinvolge i cittadini. La spesa pro-capite per ICT in Italia è la più bassa tra i Paesi sviluppati e gli investimenti nello stesso settore sono passati dal 12% del periodo 1999/2000 al 2% del 2001 e ora sono in stentatissima ripresa. Crescono le vendite di computer ma ristagnano quelle di software e il tasso di aumento dei collegamenti a internet si sta appiattendo.
Nelle imprese ci sono barriere all¿innovazione che dipendono prima di tutto dalle caratteristiche tipiche del nostro sistema produttivo. Imprese di dimensione piccola o piccolissima, con strutture e organizzazione tradizionale, a gestione familiare nelle quali vi è innanzi tutta un problema di cultura che tende a conservare il modello di impresa tradizionale e vede nell¿innovazione il rischio di modificare gli assetti di potere interni alle aziende e di mettere in discussione il controllo.
Ma anche nella Pubblica Amministrazione si è persa la spinta all¿innovazione, la percezione di un grande progetto di cambiamento di cui l¿ICT fosse una delle leve fondamentali. Del piano di eGovernment non si sa più nulla e si ignorano la destinazione complessiva e i risultati prodotti dalle uniche vere risorse destinate negli ultimi anni a questo settore, vale a dire i quasi 1.000 miliardi di vecchie lire ricavati dalla vendita delle licenze UMTS che, nel 2001, il centrosinistra lasciò in eredità al governo Berlusconi e che costituì la ricca dote del Ministro Stanca.
Ma purtroppo l¿impatto di questa consistente iniezione di risorse non c¿è stato perché in tutti questi anni è mancata una visione di sistema, una strategia che puntasse all¿innovazione tecnologica per farne il motore della modernizzazione del Paese, uno dei canali per l¿aumento della produttività del sistema e della sua capacità competitiva, oltre che la precondizione necessaria per attivare le politiche di convergenza verso gli obiettivi fissati dall¿agenda di Lisbona 2000. Sulla Società della Conoscenza, sulle politiche per il superamento del digital divide, sulle nuove tecnologia come chiave per la costruzione dei nuovi diritti di cittadinanza nel terzo millennio si sono fatte molte chiacchiere e poche azioni concrete.
Il povero Ministro Stanca (chi si ricorda più di Mister ¿I¿ ?), pur con lodevole impegno e buona volontà, ha tuttavia assunto nel Governo un ruolo laterale e marginale assai poco considerato dai suoi colleghi. E invece l¿innovazione nell¿amministrazione pubblica non può non avere una posizione centrale nell¿organizzazione del Governo e discendere direttamente dalla forza e dalla legittimazione del Primo ministro. Perché innovare non significa banalmente automatizzare introducendo computer, ma riorganizzare i processi e l¿organizzazione amministrativa grazie alle possibilità fornite dall¿ICT. Diversamente l¿innovazione tecnologica rischia, paradossalmente, di produrre solo costi e duplicazioni.
Ma per fare questo occorre determinazione e volontà politica, perché nella Pubblica Amministrazione le resistenze sono forti e pervicaci e tende a prevalere lo spirito di conservazione.
Proprio partendo da questa consapevolezza il Libro Bianco sull¿Innovazione presentato poche settimane or sono dal Dipartimento innovazione e sviluppo della Margherita propone che nel prossimo governo del centrosinistra la responsabilità dell¿innovazione sia affidata al vicepresidente del Consiglio, che avrà la responsabilità di coordinare e orientare verso l¿innovazione le iniziative e le azioni dei singoli ministri e del sistema istituzionale nelle sue diverse articolazioni.
Ma la diffidenza e la resistenza nei confronti dei processi di innovazione sono atteggiamenti propri di tutte le grandi organizzazione e, in Italia (come dimostrano i dati già citati circa il basso tasso di innovazione nelle imprese), di tutto il sistema produttivo.
Occorre allora una cura shock che faccia fare un salto al Paese: solo una politica aggressiva nella direzione dell¿innovazione può invertire la tendenza verso una inarrestabile perdita di competitività e ridare spinta all¿economia. Certo non potrà conseguire questo risultato un intervento di riduzione fiscale spalmato su quattro anni i cui effetti in termini di aumento di potere d¿acquisto e di rilancio dei consumi sarà immediatamente rimangiato dall¿aumento del prezzo della benzina, dall¿aumento delle tariffe e delle tasse locali.
Occorre invece puntare sugli investimenti in innovazione, negoziando una lettura del patto di stabilità che assecondi le politiche finalizzate all¿attuazione degli obiettivi di Lisbona.
Ma è anche necessario un rispetto rigoroso delle regole di Maastricht perché, altrimenti, l¿allentamento delle regole potrebbe trasformarsi per l¿Italia in un varo e proprio boomerang.
Se infatti la deroga ai parametri del Patto fosse consentita solo ai Paesi che dimostrano di procedere a ritmi accelerati verso la riduzione dell¿indebitamento; se l¿Italia, Paese già più indebitato degli altri, non rispettasse questo vincolo si vedrebbe costretta a fare politiche restrittive sugli investimenti per la Società della Conoscenza, politiche che invece verrebbero a quel punto accelerate da parte degli altri partners europei; allora, in questo caso, si determinerebbe la sciagurata ipotesi per cui la distanza fra noi e gli altri Paesi si aggraverebbe invece di ridursi.
Dunque investire prima di tutto in infrastrutture per la copertura totale del territorio con la banda larga, per consentire l¿inclusione di tutti i cittadini in una rete che diffonda informazione, conoscenza, servizi, per prevenire e superare il digital divide interno.
Spingere le amministrazioni ad ampliare l¿offerta dei servizi distribuiti in rete e costruire tutti quegli snodi di assistenza e di supporto che mettano in condizione la popolazione meno abituata all¿uso delle ICT di usufruire comunque delle modalità telematica di accesso ai servizi (anziani, prevalentemente ma non solo).
Identificare l¿uso delle ICT da parte delle amministrazioni centrali e locali come parametro di efficienza e di economicità.
Incentivare le imprese a innovare l¿organizzazione e i processi aziendali, anche creando strumenti che assistano e sostengano le imprese nelle fasi di riconversione tecnologica delle imprese sia con interventi diretti dello Stato sia attraverso un¿opera di stimolo, coordinamento, concertazione dell¿iniziativa delle Regioni .
Per fare tutto questo occorrono risorse: e queste dipenderanno dal grado di priorità che il Governo attribuisce al tema dell¿innovazione tecnologica che a nostro avviso è certo assai più urgente del Ponte sullo Stretto di Messina. E dipenderà anche dalla capacità di mettere in campo strategie che sappiano ottimizzare l¿uso delle risorse.
Il primo banco di prova ovviamente è la legge finanziaria che tuttavia, per il momento, non promette nulla di buono: si taglia tutto (infrastrutture, fondo per l¿innovazione nelle imprese, spesa degli enti locali senza distinzione di finalizzazione), salvo che gli incentivi all¿acquisto dei decoder per la televisione digitale.
Che questa sia una priorità per lo sviluppo economico del Paese è tutto da dimostrare.
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Per ulteriori approfondimenti, leggi:
Carrelli (Eurescom): ´Ricerca e Sviluppo´ e Cooperazione, due fattori essenziali per lo sviluppo dell¿ICT
Cesare Avenia: Conoscenza, qualità della vita, sicurezza, per dare valore alle ICT e rilanciare una leadership europea
Daniel Kraus: ICT come motore della competitività e dello sviluppo sociale europeo
Bruno Lamborghini: Rilanciare l¿Europa dell¿ICT, il suo sistema industriale, il suo mercato
Sandro Frova: Chi ha detto che la regolazione è incompatibile con investimenti ed innovazione?
Roberto Schisano: ICT e Piccole e Medie imprese: una dorsale di nuovo sviluppo per il Sistema-Paese
Luigi De Vecchis: Rilanciare l¿agenda di Lisbona e ripensare il ruolo europeo delle ICT
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Documenti Ue: Fonti sullo sviluppo dell”Ict europeo
Rethinking the European ICT Agenda: il Rapporto della Presidenza olandese della UE( di PriceWaterhouseCooper)
Microsoft White Paper: Supporting the Lisbon 2010 goals – Autumn 2004