La déb’cle apparente del banking online in Italia

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Italia



di Paolo Barbesino

CommStrategy


Si sono molto cantate le magnifiche sorti e progressive dell¿Internet banking in Italia. Eppure a distanza di cinque anni dal boom dei mercati finanziari che ha convertito attraverso Internet una parte dei ¿Bot people¿ in investitori ¿fai da te¿, i risultati raggiunti dal sistema bancario sono molto al di sotto delle aspettative, con la sola eccezione di pochi pure player e di un attore che bancario non &#232.

Su Internet, il banking &#232 una delle categorie con la penetrazione pi&#249 bassa, seguito solo dalle assicurazioni la cui tipologia di offerta non favorisce un utilizzo intensivo e ripetuto dei siti, e dall¿informazione finanziaria il cui consumo &#232 appannaggio di un ristretto gruppo di qualificati lettori e non guida in nessun modo la crescita della cultura finanziaria dei risparmiatori sulle cui attese era stata sviluppata buona parte dei progetti di finanza online. Persino di quelli che mai hanno visto la luce o dei molti che, indecorosamente, hanno dovuto capitolare sotto la pressione di canali pi&#249 tradizionali.

Nel thinkful wishing di coloro che hanno guidato lo sviluppo di Internet come canale alla clientela e nelle previsioni delle societ&#224 di consulenza che li hanno consigliati, l¿Internet banking avrebbe dovuto raggiungere oggi una pervasivit&#224 diffusa. Non &#232 tuttavia cos&#236: dal punto di vista delle metriche Internet, cos&#236 come emergono dallo studio DigitalFinance realizzato da Nielsen//NetRatings e CommStrategy, a fronte di 18,7 milioni di individui che hanno utilizzato il mezzo nel secondo trimestre di quest¿anno, 5,1 milioni hanno avuto accesso a un sito di almeno una banca, ma solo 2,6 milioni hanno effettivamente usato i servizi riservati alla clientela. Ci&#242 corrisponde a una penetrazione del 14% sulla popolazione Internet.

Dal punto di vista delle metriche bancarie, derivate dall¿interazione di questi dati con quelli recentemente pubblicati nell¿Osservatorio E-Committee dell¿ABI, a fronte di 36,9 milioni di clienti delle banche italiane di fine 2003, 4,3 milioni sono in possesso dei requisiti formali per accedere al servizio, ma solo 2,2 milioni lo hanno utilizzato almeno una volta; di questi solo 1 milione circa ha effettuato almeno una operazione online nell¿anno.

Ci&#242 corrisponde a una penetrazione dell¿utilizzo della banca online da parte della clientela pari al 2,8% a fronte di una penetrazione di Internet sulla popolazione adulta pari al 43%. In altri termini se circa 15,8 milioni di clienti delle banche italiane usano Internet, solo il 6,5% di questi utilizza i servizi online della propria banca.

Quando poi si analizza quale utilizzo viene fatto del servizio e lo si confronta con le linee guida che hanno presieduto allo sviluppo del canale non si pu&#242 far altro che constatare un ulteriore mancato raggiungimento degli obiettivi. Sempre secondo i dati DigitalFinance, il rapporto tra utilizzo informativo e utilizzo dispositivo &#232 mediamente di 2 a 1, anche se la clientela di molte insegne &#232 ancora pi&#249 sbilanciata in favore della semplice consultazione delle informazioni relative al proprio rapporto.

Da un punto di vista comportamentale, l¿utente online sembra pervaso da una irrefrenabile ansia informativa ma poco propenso a utilizzare il canale al posto della filiale. Su queste basi, rimane difficile pensare che Internet contribuisca alla riduzione del cost/income delle banche che potrebbe aiutare a colmare il gap verso i comparable europei.

Per le banche italiane, Internet rappresenta semmai ancora un costo, e nella maggior parte dei casi una opportunit&#224 mancata di relazione con la clientela anche dal punto di vista commerciale.

Le ragioni di questa debacle – quantomeno apparente – sono molteplici e non possono essere unicamente ricondotte alla ridotta conoscenza delle dinamiche di Internet come nuova arena competitiva che ha contraddistinto una parte della prima generazione di manager bancari cui &#232 stato originariamente affidato lo sviluppo del canale, che oggi in molti casi &#232 stata sostituita da nuove leve con una cultura di marketing meno verticale.

Certamente, molto &#232 stato fatto per arricchire l¿offerta e aumentare l¿usabilit&#224 ma come osservava recentemente un esperto del largo consumo ¿se si vuole vendere biscotti ai bambini, &#232 inutile mettere persino i migliori nello scaffale pi&#249 alto di un supermercato¿.

Stupisce invece che, in tempi in cui l¿onerosit&#224 dei servizi bancari, insieme al crollo della fiducia da parte del risparmiatore, &#232 uno dei temi maggiormente amplificati dai media, l¿offerta delle banche online raccolga una attenzione ancora molto al di sotto del potenziale di mercato.

Oggi in Italia, sempre secondo DigitalFinance, le banche dirette detengono complessivamente una quota di mercato pari al 19% misurata sul numero di clienti attivi. Questo a fronte di un differenziale di prezzo che premia queste ultime in modo significativo: il DigitalFinance Price Index indica che online un conto corrente costa circa il 43% di uno tradizionale, anche se la semi-gratuit&#224 del servizio &#232 ormai retaggio del passato.

Qui occorrerebbe indagare le ragioni per cui gli italiani, sempre attenti alla convenienza, pur utilizzando Internet per informarsi o acquistare anche all¿estero beni e servizi a prezzi competitivi, rimangano ancorati per pi&#249 dell¿80% alla propria banca tradizionale.

Certo la fiducia gioca un ruolo importante, ma forse un mistery shopping nelle filiali delle banche potrebbe rivelare non poche sorprese.

DigitalFinance: il report trimestrale sui servizi di banking e pagamento online

&#169 2004 Key4biz.it

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