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La lotta alla pirateria continua, anzi accelera: l¿industria discografica mondiale ha annunciato infatti un nuovo giro di vite contro la condivisone di file musicali in Rete.
Nella fattispecie, l¿IFPI (International Federation of the Phonographic Industry), ha annunciato 459 azioni legali contro chi diffonde illegalmente musica dalla Rete, ignorando le leggi sulla protezione del diritto d¿autore.
Si tratta della prima offensiva paneuropea contro il file sharing, diretta in particolare agli ¿uploader¿, ossia quelle persone che diffondono in rete un massiccio numero di canzoni o qualsiasi altro tipo di file coperto da copyright.
La rappresaglia contro gli utenti del P2P è partita massiccia soprattutto sui due maggiori mercati europei, Francia e Gran Bretagna, si è estesa anche in Danimarca, Germania, Italia e Austria e toccherà altri Paesi nei prossimi mesi.
L¿offensiva legale è stata lanciata, spiega il presidente dell¿IFPI, non certo con leggerezza, per difendere chi si serve dei servizi legali (sono oltre 100 attualmente in Europa) e per fare ¿toccare con mano¿ le conseguenze della condivisione illegale di musica attraverso Internet.
Jay Barman ci tiene, infatti, a sottolinerae come la ¿linea dura¿ sia stata adottata dopo un anno speso a sensibilizzare i ragazzi sui danni che il file sharing provoca all¿industria musicale.
Sono state provate tutte le strade alternative, dice Barman, dalla richiesta di aiuto agli ISP (che si voleva denunciassero i singoli utenti beccati con le mani nel catalogo) alla persuasione personalizzata, con milioni di messaggi indirizzati direttamente ai trasgressori per convincerli dei rischi legati al downloading illegale.
Ma niente. Niente è servito a dissuadere gli incalliti uploader e così, spiega Barman, ¿E¿ arrivato il momento di applicare la legge. Non c¿è più nessuna giustificazione per il file sharing. Chi ama la musica dovrebbe comprarla in Rete, non scambiarla illegalmente. Chi continua a farlo si renderà colpevole di violazione del copyright e potrebbe quindi pagarne le conseguenze legali¿.
In Italia, la Guardia di Finanza, incurante dell¿invito del ministro dei Beni Culturali GiulianoUrbani a ¿voler chiudere un occhio¿ verso questi ¿ragazzi¿, ha denunciato penalmente per violazione delle leggi sul copyright 7 persone, che si aggiungono alle 30 denunciate a marzo.
Chi verrà riconosciuto colpevole rischia una multa da 5.000 a 25.000 euro oltre all¿eventuale risarcimento dei danni.
Ogni caso, comunque, verrà giudicato in base alle norme vigenti nei rispettivi Paesi.
Arrivano quindi a 650 in sei Paesi le persone denunciate in Europa per aver diffuso o aver contribuito alla diffusione in Rete di materiale protetto da copyright.
Si tratta, in particolare, degli utenti di servizi di donloading non autorizzati come Kazaa, EDonkey/eMule, Gnutella, WinMx, OpenNap e DirectConnect.
Secondo i dati diffusi dall¿IFPI ¿ che raccoglie centinaia di case discografiche tra cui Warner Music, Sony Music, Universal Music e EMI – il famigerato Kazaa ha perso, grazie all¿offensiva delle major, il 20% degli utenti da gennaio 2004.
Da quando i network P2P sono diventati un fenomeno di massa, le case discografiche attribuiscono loro tutta la colpa del crollo delle vendite di CD e DVD e hanno avviato una serie di procedimenti legali chi li usa (nel mondo sono oltre 6 mila gli utenti denunciati).
Questa tesi colpevolista è stata confutata dall¿ADAMI, la società francese che gestisce l¿entrate degli artisti, secondo cui lo sviluppo dei servizi di file-sharing non sarebbe affatto una minaccia, ma ¿una sfida alla creatività¿, per il mercato discografico.
In uno studio sulle nuove reti di scambio peer-to-peer pubblicato a giugno, l¿ADAMI sottolinea in particolare che ¿il mercato della musica non è il mercato discografico¿. In quanto, secondo questa ricerca, quello discografico sarebbe ormai caratterizzato da ¿una quota crescente di entrate indirette¿ (copia privata, film¿).
Per la società francese dei diritti degli artisti, ¿l¿effetto P2p sul consumo è globalmente positivo¿, poiché determinerebbe ¿un aumento del consumo musicale¿ (acquisto di dischi, di biglietti per i concerti, lettori¿).
Inoltre, rileva lo studio, ¿l¿economia P2p ha generato più entrate fiscali dei servizi legali¿.
Questa posizione è difesa con le unghie e con i denti da due professori americani, Felix Oberholzer della Harvard Business School e Koleman Strumpf dell¿Università della Carolina del Nord, Chapel Hill.
I due studiosi hanno realizzato una ricerca sull¿impatto del downloading online sulle vendite di dischi.
Nonostante l¿ampiezza che ha assunto il fenomeno del peer-to-peer (che nel 2003 ha sedotto 60 milioni di utenti, solo per fare riferimento all¿America), gli autori dello studio contestano fermamente l¿idea secondo la quale il downloading si sostituirebbe all¿acquisto di un album.
Anzi, considerano il sistema di file-sharing come un mezzo di promozione dei brani, ai quali l¿utente Internet non avrebbe altrimenti avuto accesso attraverso le tradizionali reti di vendita.
Seconda idea discordante rispetto alle major discografiche: il downloading degli estratti di un album avrebbe sì un impatto sulle vendite di Cd¿ ma verso l¿alto.
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