Italia
Ferruccio de Bortoli
Vicepresidente Associazione Italiana Editori (AIE)
Presidente del Gruppo “Editoriadi varia”
I libri e gli altri media interagiscono, concorrono e – nel migliore dei casi – si rafforzano a vicenda attraverso la competizione? Si possono immaginare obiettivi comuni tra libri, giornali, televisione, radio? Che ruolo giocano la politica e le leggi? Qual è il valore aggiunto per i soggetti che godono di maggiore accessibilità alle risorse pubblicitarie?
Il mondo dell¿editoria libraria non teme la diffusione dei new media. Non vuole essere difeso; è consapevole che rimarrà il principale luogo in cui le idee si formano (e sono più rispettate), la creatività si esprime ed è meglio valorizzata e tutelata. Gli editori chiedono solo agli altri protagonisti della comunicazione e alle istituzioni che la loro funzione venga riconosciuta. Non siamo in coda, siamo al centro.
L¿evoluzione dell¿industria culturale vede affermarsi sempre di più il concetto di investimenti multimediali. Idee che nascono per essere declinate su carta, in televisione, al cinema, in rete, nella telecomunicazione mobile, nella banda larga, satellitare e via cavo. Il riutilizzo multimediale è un importante fattore di riduzione del rischio: gli investimenti contenuti e l¿esiguità delle barriere all¿entrata fanno dell¿editoria la palestra più idonea per sperimentare storie, personaggi e idee narrative che possono poi affermarsi su altri mezzi. Il libro non è solo fonte, ma anche un market test a basso costo per proposte globali.
Da Fleming alla Rowlings a Tolkien a Eco; da James Bond a Harry Potter al Signore degli Anelli, al Nome della Rosa. Tutto, o quasi tutto, nasce da un libro, non da un¿idea di marketing. Eppure nella filiera dell¿industria culturale l¿editoria libraria è come un hobbit: simpatica, preziosa ma marginale. I grandi successi della globalità pensati come libri seminano conoscenze ed emozioni senza tradire identità e radici; i grandi successi della globalità pensati come format televisivi o della Rete, come programmi per videogiochi, suscitano mode e tendenze che uniscono e annullano nello stesso tempo. La differenza, se volete, è tutta qui: tra lettori consapevoli e consumatori passivi. E su questa vi invitiamo a riflettere.
Non per noi editori, ma per noi cittadini.
Il mondo dell¿editoria non teme la diffusione della Rete, anzi ne è spesse volte protagonista. Il libro resta tra i prodotti più venduti nell¿e-commerce mondiale (Amazon.com e BarnesNoble.com, solo per fare due esempi). Non solo: il modello di business degli scambi in rete è ritagliato su quello librario grazie alla riconoscibilità del prodotto e alle modalità distributive. Per facilitare il processo di selezione al browsing di libreria, Amazon offre ormai la disponibilità in rete del primo capitolo di un libro. Con effetti positivi sulle vendite. E¿ possibile che questo sistema sia generalizzato. Il lettore ha l¿opportunità di ¿assaggiare¿ il prodotto che intende acquistare e ciò non è possibile per altre offerte merceologiche. Il vecchio e polveroso libro ha consentito sulla rete due straordinarie innovazioni nella diffusione e nel marketing.
Scrittura e linguaggio sono stati rivoluzionati da Internet. I blogger sono i nuovi scrittori. I loro diari in Rete sono fondamentali per capire meglio grandi avvenimenti: nel conflitto iracheno sono stati capillari cronisti (a volte un po¿ soggettivi) e hanno svolto quel compito informativo che, nella prima guerra del Golfo, svolse, affermandosi, la televisione via cavo, la Cnn. I blogger sono cronisti e scrittori che il mondo dell¿editoria non si lascia sfuggire, scegliendo ovviamente i migliori nella marea indistinta della piazza elettronica, certificando qualità, origine e fonti. Sono i stati i libri-inchiesta e i grandi reportage su carta a mutare il corso della politica americana. La tecnologia aumenta la voglia di scrivere e, speriamo, di leggere. Il caso dei diari e dei siti personali è significativo. Microsoft con la SenseCam, che si porta al collo e registra ogni istante della propria giornata o Nokia con il software Lifeblog, che collega pc a telefonino. Con una sorta di ¿scatola nera¿ del corpo umano non avremmo più bisogno di scrivere un diario. Invece i diari scritti, seppure sulla Rete, sono uno straordinario fenomeno culturale e di costume.
La scrittura ipertestuale è figlia della Rete. Qualcuno profetizza che porterà alla morte dell¿autore. Noi non siamo così pessimisti. Tutt¿altro. Primo perché i vessilliferi della letteratura ipertestuale citano molti autori classici, da Kafka a Borges, da Pirandello a Cortàzar, come precursori del nuovo genere. Secondo perché, soprattutto nella saggistica, una forma di ipertestualità già esiste ed è fatta di rinvii e note a pie¿ di pagina. La Rete rafforza il potere del lettore, ma non indebolisce quello dell¿autore. Proteggendo l¿originalità creativa di quest¿ultimo, si difende la libertà del primo. Che è lettore, utente, consumatore, corrispondente ma soprattutto cittadino ed elettore.
Internet è fatta di libri, di storie tratte da libri, è scritta da autori di libri. La Rete ha favorito l¿innovazione di prodotto nell¿editoria, non solo con il grande successo delle chat con gli scrittori. Il sito Audible.com offre il download di file Mp3 con la lettura di libri e articoli. Devo andare da New York a Boston e scelgo un racconto. Tempo di lettura e tempo di viaggio coincidono. In Giappone si sperimenta il romanzo via sms, sfruttando la maggiore capacità dei terminali I-mode. Ogni giorno, un messaggio, un capitolo.
La digitalizzazione comprime grandi volumi ma stimola gli esercizi di sintesi. Il sito I love books (http://ilx.wh3rd.net) ha lanciato nei mesi scorsi, e con successo, un concorso per raccontare un libro in 25 parole, un po¿ come ha fatto Il Sole-24 Ore con i 160 caratteri degli sms. ¿Tre ragazze russe vogliono andare a Mosca. E non ci vanno¿. Sarebbe piaciuto a Cecov ma anche a Tacito che condensò la storia di Roma in 75 parole. Se andate su Authentichappiness.org dove è promessa in Rete quella felicità che appare anche nella Costituzione (su carta) americana, troverete soltanto indicazioni per una buona lettura. Del resto, come informa sempre Amazon.com, sono 787 nel suo catalogo le pubblicazioni con la parola felicità nel titolo.
Il mondo del libro è fonte inesauribile per tutti i new media. Fornisce trame alla fiction cinematografica e televisiva; è protagonista di trasmissioni di successo (nelle quali non si parla solo di libri e autori ma di ciò che è scritto): un caso su tutti il talk show di Oprah Winfrey negli Stati Uniti. E¿ il cuore antico, e moderno nello stesso tempo, dei nuovi sistemi di comunicazione. E lo sarà ancora di più nei prossimi anni, se è vero che siamo a un bivio tra due grandi modelli tecnologici: quello verticale, tipico per esempio dell¿industria via cavo (ci si abbona a un operatore e si accede a un certo tipo di contenuto) e quello Internet, in banda larga, aperto a più tecnologie, una sorta di supermercato dei contenuti. Se questo è il futuro della convergenza, ogni attore farà quello per cui è specializzato e i produttori dei contenuti, e tra questi gli editori, avranno la possibilità di rivolgersi direttamente all¿utente, al lettore.
E¿ l¿ideologia del telecomando che piace tanto a grandi della televisione. Libertà assoluta.
Dunque, conteranno i contenuti, la loro originalità, il loro legame con territorio, valori, ideali e sentimenti. E, tra le tante opportunità della legge Gasparri sul sistema della comunicazione, vi è il promettente sviluppo dell¿offerta di canali digitali ai quali il mondo del libro e l¿universo degli autori possono dare un contributo essenziale e insostituibile. Operatori di tlc, multinazionali della multimedialità e reti televisive, gli editori, anche se piccoli e fastidiosi, sono utili: il più grande patrimonio di idee e progetti che l¿Italia possieda. Non schiacciateli. Facciamoci concorrenza, noi non la vogliamo limitare, ma collaboriamo. Le sinergie sono preziose per tutti.
Come? Per prima cosa salvaguardando il diritto d¿autore.
La multimedialità è il banco di prova per saggiare la reale volontà dei governi di difendere originalità e continuità delle opere di ingegno prodotte dalle proprie aziende e dai propri cittadini. Tollerare copie, piraterie, sottostimare diritti di prestito, vuol dire svilire la creatività, comprimere la libertà d¿espressione (articoli 21 della Costituzione) e sottrarre acqua a un terreno fertile, avviandolo a diventare il deserto delle espressioni o l¿orto innaffiato e coltivato da altri. Persino i guerriglieri della controcultura che si nascondono sotto il nome collettivo di Luther Blissett, oggi Wu Ming, riconoscono l¿esigenza di una forma di tutela del copyright, seppur non a scopo di lucro: forse perché il successo li ha trasformati, tra web, riviste, dischi e libri, in un piccolo ma fortunato gruppo multimediale.
Il più celebre e attuale ¿tormentone¿ su Internet, quello del sito www.Jjbjab.com, che ridicolizza la campagna elettorale di Bush e Kerry sulle note di This land is your land di Woody Guthrie, ha dato corso a una feroce controversia sul diritto d¿autore conclusasi apparentemente con la vittoria di chi non voleva pagarlo, cioè i fratelli Gregg e Evan Spiridellis, ideatori della parodia. Guthrie era generoso con i propri testi: li cedeva gratis. ¿Chi copia è un mio amico¿. Ma, alla fine, il 20 per cento dei profitti del sito sono finiti alla fondazione del famoso cantautore.
Gli editori non hanno apprezzato il decreto legge Urbani sulla pirateria cinematografica nella forma originale perché si sono chiesti per quale motivo dovessero esistere diritti d¿autore di serie A (film) e di serie B (libri, musica e altre creazioni dell¿ingegno).
In sede di conversione del decreto si è in qualche modo posto rimedio a questa distorsione, ma ora si vuole ridurre la tutela lasciando piena libertà di riproduzione al cosiddetto ¿popolo della Rete¿.
Gli editori pongono, ingenuamente, anche un¿altra domanda: se era urgente una legge sulle televisioni non lo è altrettanto una legge sul libro?
La disciplina dell¿e-content sarà per l¿Italia e l¿Europa un passaggio di civiltà decisivo. Esserne autori e protagonisti vuol dire avere l¿orgoglio di difendere la lingua e la letteratura italiana, che costituiscono il cuore della cultura occidentale. Noi non parliamo come i francesi di una ¿eccezione culturale¿ italiana, ma forse dovremmo cominciare a farlo. L¿ottanta per cento dei contenuti sul web è americano, e ne siamo felici, ma vorremmo non ridurci al ruolo di semplici traduttori e di passivi consumatori. Il ministro dell¿Innovazione Lucio Stanca ha sollevato recentemente (La Stampa 15 agosto 2004) il tema del digital rights management, dell¿insufficienza della legislazione nazionale alla luce della proposta di direttiva europea sul rispetto dei diritti di proprietà intellettuale, che contiene norme ritenute soddisfacenti dai titolari di diritti d¿autore.
L¿editoria italiana chiede al governo, nonché agli altri protagonisti del mondo della comunicazione e della cultura, di collaborare insieme su questo punto.
Non si tratta solo di salvaguardare i diritti d¿autore, ma di difendere la cultura italiana e investire sulla futura libertà di espressione e creazione. Spesso si compie un errore: sacrificare il diritto d¿autore pensando che debba prevalere la libertà di accesso, forma elevata di democrazia diretta. E¿ come rendere consultabile, fotocopiabile e manipolabile senza regole il Codice atlantico all¿Ambrosiana di Milano. Sì, forse qualcuno conoscerà di più Leonardo, dubito che i suoi nipoti possano fare altrettanto. O come permettere il campeggio a Pompei o il bed and breakfast agli Uffizi. Spero che Urbani non si faccia venire questa idea per ovviare alla mancanza di fondi riservati ai musei nazionali.
Dai diritti ai contenuti. Possiamo e dobbiamo collaborare di più. Il governo con una legge sul libro, di cui si è parlato in questi giorni. E lo sguardo attento a quello che accade in altri Paesi. In particolare all¿esperienza francese del Centre National du Livre, che ha un budget di 20 milioni di euro, è retto da una commissione di 15 esperti, si avvale dell¿opera di 300 specialisti, e organizza grandi manifestazioni (dal Salon du Livre a Lire en Fete). Da noi potrebbe estendere la propria azione a tutto il made in Italy culturale e proporsi di fare all¿estero quello che, purtroppo, gli istituti di cultura spesso non fanno, superando l¿eccezione (negativa) italiana di avere le responsabilità in materia editoriale sparse fra troppo ministeri e la Presidenza del Consiglio. O guardare all¿esperienza inglese del World Book Day, nella quale è stata studiata la formula del bonus di una sterlina per l¿acquisto di un libro fra quelli selezionati per la manifestazione. E ancora: la Bbc ha proposto una lista di cento classici tra i quali gli utenti hanno selezionato, in tornate successivi, i dieci migliori. Il tutto con interviste, dibattiti, raffronti critici.
Gli esempi sono numerosi. E non costosi. Possiamo pensare, anche con l¿aiuto di sponsor privati, che si arrivi ad aiutare una famiglia appena formata a costituire una biblioteca di classici di base? O far sì che nell¿abitazione di un nucleo di immigrati stabili, futuri cittadini, entri una raccolta di libri italiani che ne favorisca l¿integrazione?
Solo alcune idee, come quelle che proponiamo agli altri protagonisti del mondo della comunicazione e della cultura per una miglior promozione del libro. Un tavolo comune per aiutare la lettura, per suscitare gli interessi più vari e salvaguardare conoscenze, pluralismo, spirito critico, senso di appartenenza. Un¿opera di educazione civica, non un¿operazione di mercato. Televisioni, radio, gestori di reti guardino con maggiore attenzione al mondo del libro: scopriranno una miriade di idee. Succede già, e reciprocamente, ma si può fare molto di più. Non chiediamo solo trasmissioni sui libri, benvenute, ma anche di trovare fra autori, soggetti, storie, personaggi, inchieste il materiale per fiction, dibattiti, confronti, approfondimenti. Perché negli organi di informazione, là dove è possibile, non si prevede un più sistematico riferimento alle fonti? Faccio un¿inchiesta, in tv, alla radio, sui giornali. Bene. Alla fine consiglio tre libri per saperne di più. I link di una conoscenza più approfondita e meno artificiale. Le ricariche dei telefonini potrebbero essere legate a un concorso su un testo. Un libro al mese, una novità o un classico, adottato da un operatore telefonico e divulgato tra i giovani. ¿Leggetelo, rispondete alle domande e vincete¿. Una ricarica o qualcos¿altro.
La lettura del Conte di Montecristo, di Alexandre Dumas padre, ha regalato quest¿estate emozioni agli ascoltatori di RadioRai. L¿universo delle radio, pubbliche e private, potrebbe impegnarsi a diffondere di più la lettura con le formule moderne che i suoi autori dimostrano di inventare ogni giorno. E così il mondo della pubblicità, del quale siamo tributari anche in termini di innovazione di linguaggio e creazione di tendenze, potrebbe dare un contributo importante. E¿ vita, moda e tendenza positiva anche la lettura: non è un tempo morto. Negli spot non si legge mai, sembra quasi un comportamento asociale. Il discorso può essere esteso anche alle scenografie della quasi totalità dei programmi televisivi. E¿ pubblicità progresso anche leggere di più.
I successi del salone del Libro di Torino, della fiera della piccola e media editoria Più libri, più liberi, del Festivaletteratura di Mantova, della filosofia a Modena, della Scienza a Genova, della Milanesiana a Milano, le letture alla Basilica di Massenzio a Roma, tanto per fare solo qualche esempio, segnalano la presenza di un pubblico vivace ed esigente, di una domanda culturale e giovanile che sarebbe un peccato disperdere o deludere. C¿è anche un Piccolo Fratello, che in casa legge, magari poco, ma legge ancora. Fatelo diventare Grande, ma in un altro senso. Chi legge da piccolo, leggerà di più anche da grande e sarà uno spettatore migliore, un ascoltatore più attento, un utente più evoluto, un consumatore meno distratto. Insomma, un cittadino.
L¿articolo riproduce l¿intervento di Ferruccio De Bortoli agli Stati Generali dell¿Editoria, Roma 14-15 settembre 2004
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